8.
Viaggiavano già da tre giorni, ma non si erano allontanati molto da Mosca. Il paesaggio era invernale: i binari, le campagne, le foreste, i tetti dei villaggi, tutto coperto di neve.
La famiglia Zivago aveva avuto la fortuna di capitare nell’angolo sinistro dei pancaccio superiore proprio sotto il soffitto, accanto all’appannato finestrino oblungo: e vi si erano sistemati tutti insieme.
Era la prima volta che Antonina Aleksàndrovna viaggiava in un carro merci. A Mosca, quando erano saliti, Jurij Andrèevich aveva sollevato le donne al livello dei vagone, sul cui bordo correva un pesante sportello mobile. Poi, durante il viaggio, le donne impararono a salire da sole.
Ad Antonina Aleksàndrovna il vagone era sembrato una stalla con le ruote. Quelle piccole gabbie, secondo lei, sarebbero andate in pezzi al primo urto, al primo scossone. Ma era già il terzo giorno che venivano sbatacchiati avanti e indietro e gettati di lato a ogni cambio di velocità e a ogni curva; già il terzo giorno che sotto il pavimento rintronavano di continuo, come bacchette di un tamburino meccanico, gli assali delle ruote, e ciò nonostante il viaggio proseguiva felicemente senza che i timori di Antonina Aleksàndrovna avessero conferma.
Alle stazioni con le banchine troppo corte, il lungo convoglio composto di ventitré vagoni (i Zivago si trovavano nel quattordicesimo) si accostava soltanto con una parte: con la testa, con la coda, o col centro.
I vagoni di testa erano quelli militari; in mezzo viaggiavano i passeggeri e, in coda, i mobilitati al lavoro obbligatorio.
Questi ultimi erano circa cinquecento, gente di tutte le età, delle più svariate categorie e professioni.
Gli otto vagoni che occupavano, offrivano uno spettacolo pittoresco. A fianco di ricchi ben vestiti, agenti di borsa o avvocati pietroburghesi, si potevano scorgere, accomunati alla classe sfruttatrice, vetturini di piazza, lucidatori di pavimenti, bagnini, straccivendoli tartari, pazzi fuggiti dai manicomi abbandonati, piccoli mercanti e monaci.
I primi sedevano, senza giacca, su ceppi segati attorno a stufette incandescenti, parlando senza posa e sghignazzando rumorosamente. Era gente che aveva relazioni e non si preoccupava. A casa parenti autorevoli si davano da fare per loro e, in caso estremo, alla fine del viaggio avrebbero potuto riscattarsi pagando.
I secondi, in stivali e caffettani sbottonati, o scalzi e in lunghe camicie sciolte, tenute fuori dai pantaloni, con la barba o senza, stavano in piedi davanti alle porte aperte dei vagoni soffocanti, tenendosi agli stipiti e alle traverse delle aperture, e, senza parlare tra loro, guardavano tristi i villaggi lungo la ferrovia e la gente. Privi di conoscenze utili, non potevano contare su nessuno.
Non tutti i mobilitati stavano nei vagoni loro riservati: una parte era stata sparpagliata per il convoglio, in mezzo ai passeggeri. Ce n’erano anche nel quattordicesimo vagone.