12.
C’era afa quando Jurìj Andrèevich partì. Di nuovo come tre giorni prima, si preparava un temporale. Nei pressi della stazione, dove il suolo era tutto cosparso di bucce sputate di semi di girasole, le capanne d’argilla e le oche biancheggiavano spaventate sotto lo sguardo immobile del nero cielo temporalesco. L’edificio della stazione sorgeva ai limiti di un vasto prato che si apriva a destra e a sinistra. L’erba intorno era stata tutta calpestata da una folla innumerevole di popolo che per settimane attendeva i treni provenienti da entrambe le direzioni.
Vecchi in grigi pastrani passavano di gruppo in gruppo sotto il sole cocente per raccogliere voci e notizie. Ragazzi sui quattordici anni stavano sdraiati in silenzio, poggiati su un gomito, con in mano un ramoscello sfrondato, come se pascolassero il bestiame. I loro fratellini e sorelline con le blusette rialzate sui culetti rosei, sgattaiolavano fra la gente. Allungando le gambe ben strette, le loro madri sedevano per terra con i lattanti avvolti in cenci sotto le palandrane marrone allacciate di traverso.
«Quando è cominciata la sparatoria si son messi tutti a scappare come un gregge. Non gli piaceva molto!» diceva in tono ostile il capostazione Povarichin, scavalcando insieme al dottore le file di corpi che giacevano alla rinfusa davanti alla porta e sul pavimento della stazione.
«E così d’un colpo il prato s’è svuotato! S’è rivista la terra che c’è sotto. Finalmente! Erano quattro mesi che non si vedeva, sotto quest’accampamento; ce l’eravamo dimenticata, a momenti. E’ caduto qui. Strano, ne ho visti di orrori in questa guerra, dovrei esserci abituato. Be’, mi ha fatto lo stesso una pena!… Ma l’assurdità, soprattutto. Perché poi? Che aveva fatto di male? Ma che sono uomini quelli? Dicono che fosse il beniamino della famiglia, e ora a destra, sì, così, favorite qui, nel mio ufficio. Su questo treno no, non pensateci nemmeno, vi schiaccerebbero. Vi sistemerò sul prossimo, uno locale. Lo formiamo noi stessi, cominceremo fra poco. Ma fino a quel momento non aprite bocca, non dite niente a nessuno! Basta che dite qualcosa e lo fanno a pezzi prima che sia formato. A Suchinici, stanotte, vi toccherà cambiare.»