LA PIAZZA E IL CASTELLO
LA PASSEGGIATA A VIGEVANO è una di quelle in cui una breve distanza percorsa può portare a un altissimo grado di soddisfazione. Si esce dal Duomo e si guarda la quinta gioiosa della piazza, notando con attenzione la disproporzione di alcuni archi, che lasciano intendere che il luogo non è il risultato di un unico progetto urbanistico ma l’evoluzione di un lento abbellimento cittadino, dove ogni generazione ha lasciato il suo contributo e la sua traccia. La decorazione delle facciate, quella che sa così di Quattrocento, è invero un intervento di riordino del primo Novecento, quando ancora avevamo il coraggio di dialogare con il passato. In fondo alla piazza, preso un caffè, salite per gli scalini che portano nella corte del castello visconteo; il luogo è affascinante, anche se lì il dialogo col passato si fa timido e sterile: il restauro non ha più avuto il coraggio di intervenire sulle facciate, e un recupero utile di ciò che una volta era caserma è tuttora da inventare. Non scoraggiatevi, e passate sotto in quell’androne formidabile dove correvano le truppe a cavallo dei Visconti, dopo le guerre o dopo le cacce. Prestate orecchio alla vostra fantasia, e sentirete il rumore trepidante degli zoccoli. Perché anche la fantasia merita un restauro. Comunque in castello uno sguardo al museo della scarpa, altra specialità del luogo, mette di buon umore!
Nella primavera del 1491 Beatrice d’Este soggiornava a Vigevano, e voleva un dolce speciale per Ludovico il Moro: il territorio fornì ai cuochi il riso ammorbidito nel latte, il lusso della corte disponeva di acqua di rose, pinoli, mandorle e cedri canditi dai confettieri genovesi, il gusto rinascimentale lo volle racchiudere in una frolla con uova. Era nato il dolceriso.
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da Milano: 38 chilometri