LA LEZIONE DI GIOTTO
LENTATE SUL SEVESO NON SAREBBE DI PER SÉ una meta turistica di particolare rilievo. Immersa in quello sviluppo urbanistico incontrollato fra Meda e Saronno, a trenta chilometri da Milano, riserva però una piccola meraviglia, che è l’oratorio di Santo Stefano. Fu voluto nel 1369 dal nobile Stefano Porro, diplomatico della corte viscontea fatto conte da Carlo IV, l’imperatore che con santa Caterina da Siena s’impegnò a far tornare il papato a Roma. L’edificio è di sommo interesse perché poggia su un manufatto preesistente in pietra e corrisponde in pieno alla ripresa delle costruzioni in mattone dopo la peste nera di metà secolo. E come tutti gli edifici di quell’epoca di riscatto scopre l’utilità della finitura interna a calce e quindi dell’affresco totale. La penisola si fa ben più unita del previsto allora. Ecco perché il primo pittore a intervenire per il decoro sopra l’altare è tale Anovelo da Imbonate, seguace della grande lezione di Giotto, che da Giotto riprende temi e stile in una potente Crocefissione con tanto di cavalieri. Lui stesso fa scuola e i suoi seguaci che completano l’opera con il ciclo dedicato a santo Stefano mescolano poi la lezione centro-italiana con i gusti del Gotico internazionale dei codici miniati, tanto apprezzati dalla corte degli ultimi Visconti. Una raccolta d’immagini, di architetture, di navi e di viaggi da non perdere.
Stefano Porro si portava dietro una “cattiva coscienza” di famiglia: più di cento anni prima, due suoi antenati, partecipi dell’eresia catara che l’inquisitore Pietro da Verona – quello venerato come santo e sepolto in Sant’Eustorgio a Milano – era venuto a combattere, erano stati tra i suoi carnefici.
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da Milano: 30 chilometri