I MONACI E L’ACQUA CHE NON
GELA
PASQUETTA – così da molti vien chiamato il Lunedì dell’Angelo – è classica giornata che i romani dedicano alla gita fuori porta. Perché non farlo anche a Milano, per esempio a un tiro di schioppo dal centro, laddove rimane uno dei capolavori dell’architettura medievale, l’abbazia di Chiaravalle? Si torna così nel cuore del XII secolo: autunno 1134, i cistercensi appena inventati si stanno già disseminando attraverso l’Europa, e un gruppetto piccolo che vien dalla Borgogna, per l’esattezza dall’abbazia di Morimond, fonda il parallelo di Morimondo. Pochi mesi dopo, nel gelo dell’inverno del 1135, arriva anche il grande riformato, il monaco potentissimo nelle diatribe fra papato e monarchie, fra papato e comuni, fra papa e antipapa: Bernardo di Clairvaux. Chiude la questione antipapale contro Anacleto II, e già che c’è fonda anche lui un monastero parallelo, e Clairvaux diventa Chiaravalle. Del monastero di allora rimane poco o nulla, ma i chiostri successivi e il grande edificio della chiesa sono una delle due lezioni che allora cambiano i destini di Milano dal Romanico al Gotico. L’altra invenzione del luogo è quella del terrazzamento agricolo, con il quale i monaci trasformeranno le paludi in terre fertilissime dove l’acqua delle risorgive, quella che non gela mai, consentirà un taglio d’erba anticipato di due mesi, a marzo. La crescita di un 30 per cento in più di foraggio rispetto alla media precedente permetterà di andare in guerra con due mesi di anticipo, e sarà una delle cause delle glorie militari viscontee.
La torre nolare è detta “ciribiciaccola” da uno scioglilingua dialettale: “Sora del campanin de Ciaravall gh’è una ciribiciaccola con cinqcentcinquantacinq ciribiciaccolitt…”: i “ciribiciaccolini” sono forse i frati dell’abbazia o i piccoli della cicogna (per i loro versi “ciri ciri” e lo sbattere dei becchi), che soleva nidificare qui ed è nell’emblema dell’abbazia.