LA PIETRA LAVORATA
ALL’UNCINETTO
È A UN PASSO DA MILANO, eppure sembra così lontana, la Certosa di Pavia. Un capolavoro trecentesco dove la pietra è lavorata all’uncinetto con tutte le estetiche incrociate nei cent’anni successivi alla sua fondazione. La volle quel potente megalomane del Gian Galeazzo Visconti, quando accarezzava il sogno di diventare re d’Italia, e l’edificio risente ancora di quella straordinaria follia, la medesima che fece sorgere per volontà del medesimo committente le navate grandi del Duomo di Milano. Talvolta la grandeur è lombarda. L’architettura interna della certosa è sublime, domina alla perfezione tutti gli stilemi del Gotico internazionale e convive con i portali che Briosco vi piazza all’inizio del Cinquecento, riassumendo già tutte le ritmiche architettoniche che il Rinascimento ha sparso per l’Italia. Decori, sculture, materiali, colori che s’illuminano nella crudezza del sole estivo o vivono misteriosi nelle lunghe nebbie d’inverno. I Visconti se la spassavano fra una caccia e l’altra, all’interno della certosa i cadetti della nobiltà aspettavano la conclusione del loro destino da reclusi nella tensione dell’estetica perfetta. Oggi tutto è libero, e il monumento racconta sei secoli di ansie e di bellezza.
La sola presenza dei certosini nei pressi di Parma è attestata in San Gerolamo o nell’abbazia cistercense di Valserena, già soppresse prima del 1838: si ritiene che Stendhal si fosse piuttosto ispirato per il ritiro del suo Fabrizio Del Dongo alla certosa lombarda, che lo aveva molto appassionato durante il lungo soggiorno milanese.
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da Milano: 35 chilometri