UN GIOIELLO DA SALVARE
FORSE MELANCONICO OGGI, ameno e “dilectevole” si diceva che fosse il castello di Cusago sul finire del Quattrocento, alle porte di Milano, appena oltre Baggio. Così vicino alla città che ci si può andare in bicicletta, così lontano nella memoria da richiedere un ripasso informativo. Per secoli furono noti i boschi di Cusago per la caccia alle beccacce: li cantò allora in rime Gian Alberto Bossi, il poeta di Busto Arsizio assunto alla corte di Ludovico il Moro. Ora ne permane la memoria. Ancora oggi la distanza dal naviglio è breve, un paio di chilometri da Trezzano. L’edificio è in semiabbandono e alla ricerca d’un destino. Sicché appare come una sagoma nel paesaggio. Ma quanto evoca questa sagoma, con una torre sopra il portale d’ingresso che sembra in piccolo il modello che fu poi ripreso dal Filarete per quella del castello di Milano e che Luca Beltrami poco più di cent’anni fa prese come esempio per reinventarla dopo la distruzione cinquecentesca. La torre introduce a un colonnato ad archi che sa già di Rinascimento e suggerisce una mano abile e colta come progettista d’epoca. Sullo stesso cortile, il piano superiore prevedeva un loggiato ancora apparente anche se tappato da finestre recenti. E un’altra loggia esterna consentiva lo sguardo poetico sulle campagne circostanti. Salviamolo.
Costruito da Bernabò Visconti a scopo residenziale e non difensivo, Filippo Maria Visconti lo dotò di un canale, il “Naviglietto”, che da Gaggiano collegava Cusago al naviglio Grande e permetteva di viaggiare tra Cusago e Milano esclusivamente per vie d’acqua.
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da Milano: 14 chilometri