I TESORI CON IL DONO DELLA
RARITÀ
L’AMBROSIANA È LA PIÙ MILANESE delle istituzioni della città, lo dice la parola stessa. Fu fondata nel 1607 per volontà del cardinal Federico Borromeo, a disposizione dei dottori e degli studiosi. Se non è la prima biblioteca pubblica d’Italia, in quanto già preceduta da quella di Cesena e da quella dei Girolamini di Napoli recentemente saccheggiata, è la prima che proponeva già allora lo scaffale aperto per la consultazione. Una preziosa raccolta oggi di testi antichi acquisiti fin dall’inizio con provenienze varie, compresi testi arabi e codici miniati tra i più incredibili della Terra: dal Virgilio che era appartenuto a Petrarca, ai manoscritti di Boccaccio, fino al Codice Atlantico di Leonardo da Vinci. La prova che l’importanza non viene dal numero di opere ma dalla loro incredibile rarità. Il cardinale, essendo fino in fondo all’anima collezionista, volle mettere a disposizione degli studiosi non solo i testi scritti ma pure i dipinti atti alla loro formazione, che andavano dalle sue passioni contemporanee, come le delizie di Brueghel, ai Tiziano reperiti sul mercato, e al potentissimo progetto di Raffaello per la Scuola di Atene della Stanza della Segnatura in Vaticano. Acquistò anche il dipinto di un esordiente, allora sconosciuto e oggi intramontabile, la Canestra di frutta di Caravaggio. Da non perdere gli oggetti mirabili da collezione, compresa la ciocca di capelli di Lucrezia Borgia in una montatura eccellente del XX secolo iniziale.
Nella Pinacoteca vi è l’ultimo dipinto di Leonardo rimasto a Milano, il Ritratto di musico che mostra un cartiglio con partitura musicale e la scritta “Cant… Ang…”, grazie a cui si è riconosciuto forse nel personaggio Franchino Gaffurio: fu maestro di cappella del Duomo di Milano dal 1484 e compositore di un “Cantum Angelicum”, l’Angelicum ad divinum opus.