BRESCIA, SANTA GIULIA E LE
MARMELLATE
BRESCIA, PATRIA DEL TONDINO… L’infinito disordine di un’urbanistica fluida che la attornia come certe ragnatele attorno a un frutto prezioso rende il centro di Brescia poco noto ai molti. Quando si pensa alla Leonessa vien in mente piazza della Loggia o poco più. Tutt’altro, se affrontate tranquillamente a piedi la città antica avrete la fortuna di scoprire uno dei più densi accumuli semantici della storia dell’uomo in Lombardia. Grande fu la gloria romana, centrale fu la città nelle ambizioni longobarde, a tal punto che vi prese l’imperio l’ultimo re Desiderio e che lì stette a soffrire la moglie di Carlo Magno, Ermengarda. L’aura del dramma si respira ancora nel monastero di San Salvatore, successivamente inglobato da Santa Giulia. Gloriosa fu la città dei fabbri, che spinsero i pittori del Rinascimento a narrare con abilità armi e armature. Le troverete nella Pinacoteca Tosio Martinengo, dove troverete anche quei bresciani travestiti da poveri con le pupille nere nere nel curioso populismo di Giacomo Ceruti. Brescia la longobarda era allora sotto al tacco di Venezia e Venezia vi aveva mandato subito l’abile Tiziano del polittico Averoldi, conservato nella Collegiata dei Santi Nazaro e Celso. Riposatevi poi nel chiostro del seminario: nel suo mezzo in primavera fiorisce il ciliegio. D’estate il suo parroco raccoglie i frutti e ne fa marmellate.
Brescia ha il titolo glorioso di “Leonessa d’Italia” per le dieci giornate di rivolta popolare e resistenza capitanata da Tito Speri contro l’oppressione austriaca, dal 23 marzo al 1° aprile 1849: le cannonate della repressione danneggiarono il Duomo, il Palazzo della Loggia, il Teatro Grande.
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da Milano: 100 chilometri