SUL PERCORSO D’ARTE DEI RICCHI
UMILIATI
FRA GLI EDIFICI testimoni della complessità medievale posti nell’area meridionale della città, laddove una volta iniziava la ricchissima distesa agricola, non si può dimenticare Viboldone. Luogo di fioritura del complicato sistema religioso degli umiliati, che mescolava laici e frati in una struttura produttiva che divenne tra le più ricche dell’Italia settentrionale. Il loro edificio centrale era quella che oggi chiamiamo Brera, a Milano, da dove provennero quei ribelli che ebbero la malaugurata idea di sparare il colpo d’archibugio a san Carlo Borromeo, il quale aveva iniziato una crociata contro i teatri e contro i panni che questi operosi umiliati – con simpatico profitto – ai teatri procuravano. Gli umiliati di campagna si davano all’agricoltura con profitto non minore, che veniva investito nella bellezza dei decori dell’abbazia e nella qualità dei chiostri adiacenti. Tra gli affreschi ve n’è uno che merita particolare attenzione: è di Giusto de’ Menabuoi e segue la lezione del suo stesso maestro teorico che è il Giotto degli Scrovegni a Padova. Giusto giustamente semplifica la narrazione del Giudizio universale, però troverete sempre un bel diavolaccio in basso a destra, intento a consumare nell’eternità i suoi dannati, troverete sulla sinistra (absit ogni iniuria politica) i redenti, e in mezzo un bel Cristo in mandorla, iconografia rara da trovare in Lombardia.
Nella palazzina a sinistra della chiesa è dipinta una “sala della musica” che testimonia degli strumenti musicali in uso a Milano tra fine Quattrocento e inizio Cinquecento. La prima finestra illustra invece strumenti di scrittoio, allusione all’ars musica e allo strumento per eccellenza: la voce umana.