QUANDO ROMANO SFIDAVA LA
SERENISSIMA
È A POCO PIÙ DI CINQUANTA CHILOMETRI in linea d’aria dalla Madonnina, verso l’Est misterioso. Reca ancora sulle facciate il leone glorioso della Serenissima Repubblica di Venezia. È Romano di Lombardia, nella bassa bergamasca. E il toponimo non viene da Roma l’arrogante ma dall’antico celtico e starebbe a significare la solita presenza del solito fiumiciattolo. È insediamento antico, lascia intatto il sapore dei portici, il gusto della piazza, dei bar e dei caffè. Vi troverete un castello visconteo che quella Venezia lì la sfidava, una straordinaria residenza ottocentesca neoclassica di un noto tenore, Giovanni Battista Rubini, oggi diventata scuola, ma soprattutto la doppia chiesa di Santa Maria Assunta e Giacomo Maggiore sulla piazza del municipio, quello ancora costruito con le pietre trecentesche, la chiesa capace di riassumere nel Barocco locale il meglio dell’epoca, e lì, all’interno a sinistra, l’Ultima cena del Moroni, la quale già di per sé sola vale il viaggio. In quel dipinto appare vivido e convinto il percorso di mutazione lombardo verso un realismo che fa fede della concretezza del quotidiano, a tal punto che lì in alto uno degli apostoli col baffo è identico all’uomo che troverete dietro il bancone del bar. Stesso baffo, stesso sorriso, stessa storia, quella di una permanenza culturale intatta.
Il bel Palazzo della Ragione, risalente al XIII secolo, sormonta un porticato dove è collocato il banco del pesce, di probabile origine romana, utilizzato quale pescheria nel Medioevo; poco oltre si trova l’edificio dei sedici “portici della Misericordia”: a ognuno nel XV secolo corrispondeva un negozio.
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da Milano: 53 chilometri