UN MUSEO SI GIUDICA DALLE SUE
BACHECHE
QUEL QUADRILATERO ECCELLENTE che costituisce il centro antico della città di Como merita sempre una passeggiata tra palazzi, fruttivendoli ed evocazioni di grande architettura. Vi è però un motivo in più, talmente attraente da permettermi di suggerirvi una giornata intera d’impegno e di piacere: trattasi del Museo Archeologico Paolo Giovio. È una di quelle istituzioni nate alla fine del XIX secolo, quando i musei civici si davano il compito d’essere attori fondativi dell’identità di una comunità. Il museo è Como. Ed è riuscito a rimanere ottocentesco con alcune delle bacheche d’epoca più squisite delle nostre raccolte pubbliche, bacheche commoventi che altrove una modernizzazione irresponsabile ha mandato al macero. Dietro vetrinette – quelle, sapete, che rendono la visione leggermente distorta – si rivelano collezioni paleolitiche dove la poesia non sta ovviamente nella selce, ma nel come la selce – la sua etichetta, la sua vetrina assieme – ci racconta il gusto per la cultura del passato che animava uomini in redingotta e cappello a cilindro che purtroppo oggi abbiamo dimenticato. Bellissima la collezione egizia e le vetrinette ovviamente in tono. Però non è morto il museo, e neppure addormentato: le aree espositive recenti sui Celti e sulla romanità declinano il miglior gusto della museologia d’oggi. E poi Garibaldi non può mancare, ché Como fu gran cuore del Risorgimento. Museo che fa ricerca con ricercatori a stipendio dal Comune. Complimenti!
Paolo Giovio (Como, 1483 circa - Firenze, 1552), conosciuto soprattutto come storico, fu anche vescovo, medico, biografo e museologo; teneva le sue raccolte d’arte in una villa sul lago a Borgovico, che sorgeva dove oggi si trova Villa Gallia: il Museo Archeologico Paolo Giovio di Como è ospitato nel palazzo che fu la residenza cittadina dei conti Giovio.
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da Milano: 50 chilometri