LA STORIA DELL’ARTE CHE FA GIRARE LA
TESTA
VI VORREI PROPORRE la più concentrata deambulazione che vi sia mai capitata, una volta che vi siate fermati di fronte alla facciata con le sei colonne neoclassiche e timpano del Teatro Sociale di Como. Non muovetevi e guardate a destra: vedrete la conclusione di un lavoro durato a lungo quanto quello del Duomo di Milano, l’edificazione del Duomo di Como, iniziato negli stessi anni circa di quello milanese, di gusto quindi gotico, e concluso sul finire del Settecento in base al progetto di Filippo Juvarra, il più geniale degli architetti di allora, che ne inventò la cupola. Poi girate la testa di 45 gradi e passate dall’ultimo Rococò al Neoclassicismo perfetto e ordinato che Giuseppe Cusi portò a compimento due secoli fa, nel 1813, quando la città si organizza “socialmente” negli anni dell’epopea napoleonica. Poi girate ancora la testa di 45 gradi, a sinistra, e scoprirete il prototipo del Razionalismo del XX secolo, la Casa del Fascio, progettata da Giuseppe Terragni: talmente mirabile nella scansione dei suoi equilibri da esser servito da modello ai migliori razionalisti lirici successivi, Richard Meier compreso. Dall’ultimo Barocco al pensiero decantato della modernità.
Fino al 59 a.C., quando Cesare costruì una nuova colonia, Como non era ubicata nella sede attuale, ma più a sud, sui colli, dove oggi c’è la frazione di Prestino: il nome deriva da pristinum, mulino, e ancora oggi in lombardia il panettiere è il prestinèe.
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da Milano: 50 chilometri