RACCONTO DI TRE SECOLI
POCHI LUOGHI sono un condensato storico di tre secoli lontani che possono esser letti come un libro aperto se appena ci si presta la giusta attenzione. La basilica di Sant’Eustorgio ne è un esempio eccellente. Può sembrare oggi leggermente confusa nella sua facciata, perché il restauro ottocentesco, che l’ha voluta ripulire d’ogni orpello successivo, l’ha piazzata in una dimensione storica non immediatamente percepibile. È invero basilica fin dal IV secolo, e fu un edificio di straordinaria importanza in quel Medioevo potente testimoniato ancor dalle forti colonne interne, segni di un’architettura militare e militante che fu demolita dal Barbarossa quando saccheggiò Milano, nel 1162, e si portò via da questo sacro luogo le reliquie dei Re Magi per farle conservare nella Cattedrale di Colonia. Passò poi l’edificio di culto in gestione ai domenicani nel primo Duecento, e vi si conserva ancora la reliquia del cranio spaccato di san Pietro martire, il domenicano ucciso dagli eretici catari. La struttura complessiva divenne il centro domenicano milanese, e a loro si deve senz’altro la relazione con Firenze, con l’altra sede domenicana di Santa Maria Novella, e il rapporto naturale con la formidabile banca dei Medici, della quale l’inviato Pigello Portinari rappresentava gli interessi a Milano. Ecco perché accanto alla chiesa ricostruita sorge la cappella Portinari, dove vengono citate le nuove linee architettoniche che Brunelleschi ha appena concluso per la cappella medicea di San Lorenzo a Firenze, così come le pitture del Foppa sembran già imparentate ai cromatismi di Leonardo. L’Arca di San Pietro martire di Giovanni di Balduccio è un altro capolavoro tosco-lombardo, con un parente stretto nell’arca del santo in San Domenico a Bologna. Globalismo d’una volta.
Milano chiese più volte la restituzione delle spoglie dei Magi trafugate dal Barbarossa. Vi si prodigarono inutilmente Ludovico il Moro, Alessandro VI, Filippo di Spagna e Federico Borromeo. Solo nel 1903 il cardinal Ferrari ottenne la restituzione di qualche ossicino, in uno scrigno posto sopra il sepolcro che fu dei venerandi re.