LE MAIOLICHE AL MUSEO
CHE DIRE DELLA STORIA D’UNA CITTÀ che fu integralmente rasa al suolo dai milanesi in quella curiosa data super palindroma che fu il 1111, ricostruita con tenacia e incendiata sempre dagli odiati milanesi mezzo secolo dopo nelle tremende rivalità della prima politica comunale, per essere poi ricostruita definitivamente sotto la protezione e per volontà del Barbarossa, storico nemico delle autonomie di Milano? Se non che finalmente si è redenta, diventando capoluogo della sua omonima provincia, la quale fino a ieri costituiva il limite meridionale della provincia di Milano. E si è ricostruita con garbo a sei chilometri di distanza già nella notte dei tempi, riusando i sassi di prima e le tracce della romanità sua gloriosa, posandosi pigramente sul bordo dell’Adda, laddove il fiume assume una dimensione solenne. E s’è dotata d’una piazza centrale di bell’aspetto, pronta coi portici alle nebbie invernali e al solleone padano estivo. Ma va ricercata anche nel suo sedime antico, quello che precedeva la distruzione, laddove tuttora si erge gloriosa la basilica Apostolorum, elegante edificio gotico ricostruito sulla base della chiesa consacrata da San Bassiano nel capodanno del 378. Al fiume comunque deve la buona qualità delle argille, che fecero di Lodi antica una delle migliori fabbriche di maioliche lombarde, quelle che il suo museo tuttora conserva.
Lodi Vecchio sorgeva già dal 600 a.C., e la tradizione riporta il nome di Alaud: voce celto-gallica per “allodola”, voce dell’armonia e uccello sacro ai Galli, da cui ebbe poi origine il suo nome latino “Laus”, quindi Lodi.
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da Milano: 40 chilometri