E GESÙ FA IL VIGNAIOLO
SEMBRAN DUE CASETTE affiancate e identiche, come se disegnate da un bambino alla scuola elementare: ognuna con la sua porticina sormontata da due finestre sopra le quali sbircia l’occhio di un rosoncino. Fu voluta, quella di sinistra, da Francesco Sforza appena assurto al potere ducale nel 1451, dopo la disastrosa Repubblica Ambrosiana: era il caso che il nuovo autocrate si ingraziasse la città, e in modo particolare gli agostiniani osservanti, che lì produssero una delle più affascinanti biblioteche del Nord Italia, con codici mirabili che il Bonaparte rubò e la Francia mai restituì. La sala di scrittura esiste tuttora nella sua stesura architettonica, restituita vent’anni fa. Sul lato destro della chiesa del duca, la duchessa sua moglie Bianca Maria Visconti, che garantiva una sorta di successione con il casato ducale precedente, fece costruire la chiesa parallela, e sancì il tutto ponendo in facciata il biscione visconteo. Era l’anno 1460; passato e presente si ricongiungevano. All’interno meritano uno sguardo rispettoso i decori a sole raggiante degli agostiniani, ma in modo particolare un affresco del Bergognone dove il Cristo con croce torchia l’uva per estrarne il vino che l’Eucarestia trasforma in sangue.
Il tema del Torchio mistico ebbe grande risonanza nelle Fiandre. L’iconografia si ispira a un passo di Isaia (Is. 63,3) che sant’Agostino collegò al Grappolo meraviglioso del Libro dei Numeri, spiegando che Cristo era il grappolo della terra promessa posto sotto il torchio del sacrificio eucaristico.