LE TRACCE (BAROCCHE) DEL
CORTEGIANO
AVEVA VENTUN ANNI quando morì, la poetessa Ippolita Torelli, figlia del conte di Guastalla e di una Bentivoglio di Bologna, moglie di Baldassarre Castiglione. Correva l’anno 1520. Lui, il vedovo umanista, si fece prete, scrisse il noto Cortegiano, finì nunzio apostolico di Clemente VII e morì di febbre, a Toledo in Spagna, all’età di cinquant’anni. Ecco perché di lui riposa la memoria ma non il corpo, nel cenotafio che fu per lui disegnato da Giulio Romano mentre il sommo architetto progettava Palazzo Te a Mantova. Guardatelo con attenzione, e già vi potrete intuire il primo segno di passaggio dal Rinascimento alla Maniera e al Barocco. E questo ci porta nella chiesa di Santa Maria delle Grazie fuori Mantova, nota per la sua potente raccolta di ex voto. Poi tornati in città, di fronte a Palazzo Ducale, sulla piazza, esiste ancora la casa dove egli abitava. Oggi ha cambiato destinazione. Ma la pietra che adorna il portone d’ingresso è rimasta intatta, con un decoro intagliato quattrocentesco che testimonia i brividi sottili del Rinascimento nascente. Solo in Italia esiste il museo diffuso, che vi consente di passar la mano e accarezzare gli stessi rilievi che furono toccati dal garbo dei più garbati gentiluomini del Cinquecento, e passare dal Rinascimento esordiente alla sua mutazione ultima.
L’attenzione tutta italiana del far “bella figura” nasce all’inizio del Cinquecento: se Machiavelli si era dedicato alle “virtù” politico-militari del Principe, i primi trattati utili al viver civile sono Il Cortegiano del Castiglione e Il Galateo di monsignor Della Casa. Caterina de’ Medici li muterà in bon ton alla corte di Francia.
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da Milano: 190 chilometri