SAN PIETRO E I MISTERI DI UN GIOIELLO DEL
’400
LA TROVERETE di fronte al plumbeo edificio di Piacentini che è il Tribunale di Milano, quella struttura neoclassica appartenente al linguaggio internazionale di un’unica retorica che lega Milano, Parigi e Washington. La troverete appunto lì, indigena e autonoma, totalmente milanese, la chiesa di San Pietro in Gessate. Piccolo gioiello del XV secolo, discende dallo stesso concetto dell’architettura che fa nascere la facciata di Sant’Ambrogio e il profilo di Sant’Eustorgio: a Milano gli edifici pesano, son di mattoni, si adagiano sul suolo, un po’ come se fossero panettoni; sono l’opposto lombardo alle esaltazioni gotiche del resto d’Europa. Ma è da lì che proviene il loro morbido mistero. E così si fa sempre caldo e accogliente il loro interno, laddove è conservato, perché purtroppo i bombardamenti della Seconda guerra mondiale furono molto calibrati e agli inglesi sembrava che colpendo la memoria dei milanesi avrebbero colpito la coscienza degli italiani. La ricostruzione servì a salvare molto, anzitutto l’atmosfera ma pure alcuni affreschi mirabili come quelli che lo Zenale e il Butinone dedicarono qui, nella cappella Grifi, alla vita e ai miracoli di Sant’Ambrogio. La narrazione stimola la curiosità, la scimmia appare accanto all’eretico colpito dallo staffile del santo, e sulla volta batton le ali come farfalle benevole gli angeli. Il tutto serviva a contenere e ricordare il sepolcro del donatore, uno di quei capolavori della scultura lombarda dove il gusto del primo Rinascimento spinge già verso il realismo che trionferà un secolo dopo.
Dal 1772 nel convento adiacente alla chiesa vennero accolti i Martinitt, i piccoli orfani milanesi che prendevano nome dal primo ricovero che li ospitò dal 1532 presso l’oratorio di San Martino in via Manzoni. Le bambine, alloggiate presso Santa Maria della Stella in corso Magenta, erano dette Stelline.