APPENDICE
Scene omesse dalla redazione definitiva

1908*

 

 

 

 

Quando vennero pubblicate le scene che Wilde aveva soppresso nella edizione definitiva in tre atti, uno dei maggiori critici drammatici d’Inghilterra, James Agate, scrisse che queste scene erano «più divertenti di quanto sappia produrre qualsiasi commediografo oggi vivente».

Gli episodi qui tradotti e presentati sono tre: quello del giardiniere Moulton (che era posto all’inizio del secondo atto), quello del signor Gribsby (che si inseriva a metà del secondo atto, dopo la battuta di Cecilia «Il mio compito di pacificazione è finito»), quello della dichiarazione d’amore del dottor Chasuble (alla fine della commedia). Mentre per il resoconto delle edizioni wildiane si rimanda a quanto scrive Masolino d’Amico, si segnala che sulle scene inglesi le edizioni della versione integrale in 4 atti sono sempre più frequenti sia con il ripristino della divisione tra III e IV atto (che si svolgono entrambi nel soggiorno della Manor House) e l’inserimento dei tre brani qui presentati, sia con l’utilizzazione della cosiddetta versione originale, ricostruita dal figlio di Wilde, Vyvyan Holland, nel 1957 dal confronto del manoscritto originale con la versione tedesca (Ernst Sein!, Lipsia 1903).

 

LUCIO CHIAVARELLI

 

 

I. L’episodio del giardiniere Moulton

 

ATTO SECONDO

 

Scena: il giardino di Manor House, Wolton. Una scalinata di pietra grigia porta alla casa. Il giardino è in vecchio stile, colmo di rose. È luglio. Sotto un grande tasso sedie di vimini e un tavolo ricoperto di libri.

Miss Prism è seduta al tavolo. Cecilia sta innaffiando i fiori sullo sfondo.

 

MISS PRISM (chiamando): Cecilia, Cecilia! Non pensi che occupazioni materiali come innaffiare i fiori spettino a Moulton piuttosto che a te? Specialmente quando ti attendono dei piaceri intellettuali. La tua grammatica tedesca è sul tavolo. Ti prego, aprila a pagina quindici. Ripeteremo la lezione di ieri.

CECILIA: Oh! Vorrei tanto che la lezione di tedesco la desse a Moulton invece che a me. Moulton!

MOULTON (spuntando fuori da dietro una siepe, con un largo sogghigno dipinto sul volto): Come ha detto Miss Cecilia?

CECILIA: Ti andrebbe di imparare il tedesco, Moulton? Il tedesco è la lingua parlata dai tedeschi.

MOULTON (scuotendo la testa): Quella gente con la voce rauca non mi va a genio. (Inchinandosi verso Miss Prism): Senza offesa, signora.

MISS PRISM: Cecilia, non se ne parla neppure. Per favore apri subito il tuo Schiller.

CECILIA (avvicinandosi molto lentamente): Ma il tedesco non mi piace. È una lingua che non dona per niente. So bene che dopo la lezione di tedesco sembro del tutto insignificante.

MISS PRISM: Lo sai, ragazza mia, quanto ci tiene il tuo tutore che tu migliori in tutto. Ieri ha insistito particolarmente sul tuo tedesco mentre partiva per la città. A dire il vero insiste sempre sul tedesco quando va in città.

CECILIA: Il caro zio è così serio! Così serio che talvolta penso si senta poco bene.

MISS PRISM (impettita): Il tuo tutore gode di ottima salute e la gravità del suo contegno è degna di particolare lode in un uomo relativamente giovane come lui. Non conosco nessuno con un più alto senso del dovere e della responsabilità.

CECILIA: Sarà per quello che sembra spesso un po’ annoiato quando noi tre stiamo assieme.

MISS PRISM: Cecilia! Mi sorprendi. Il signor Worthing ha molte preoccupazioni. La pigra gaiezza e la leggerezza sarebbero fuori luogo nella sua conversazione. Ricordati la sua costante preoccupazione per quel disgraziato giovanotto di suo fratello.

CECILIA: Vorrei tanto che lo zio Gianni lo facesse venire qui, qualche volta, quel disgraziato giovane di suo fratello. Potremmo avere una buona influenza su di lui, Miss Prism. Voi di certo. Voi sapete il Tedesco, e la Geologia, e roba del genere ha una grande influenza sugli uomini.

(Cecilia inizia a scrivere sul suo diario).

MISS PRISM (scuotendo la testa): Temo che neppure io potrei suscitare alcun effetto su un carattere che, per ammissione dello stesso fratello, è debole e vacillante in modo irrecuperabile. A dire il vero poi non so se mi piacerebbe recuperarlo. Non vedo di buon occhio questa moderna mania di trasformare d’un tratto in buona la gente cattiva. Gli uomini raccolgano il seme che hanno gettato nei campi.

CECILIA: Ma gli uomini non raccolgono il seme1, Miss Prism... E quand’anche lo facessero non vedo perché dovrebbero essere puniti. Nel mondo c’è fin troppa tendenza alla punizione. Il tedesco è di certo una punizione, e di tedeschi ce n’è fin troppi. Voi stessa ieri mi avete detto che la Germania è sovrappopolata.

MISS PRISM: Non è una buona ragione per scrivere sul diario invece di tradurre Guglielmo Tell. Mettilo via, Cecilia. Non capisco proprio perché tu debba tenere un diario.

 

 

II. L’episodio Gribsby

 

MERRIMAN (ad Agenore): Chiedo scusa, signore. C’è un signore anziano che ha domandato di vedervi. È sceso da una carrozza proveniente dalla stazione. (Porge un biglietto da visita su unvassoio).

AGENORE: Vuole vedere proprio me?

MERRIMAN: Sì, signore.

AGENORE (leggendo): «Parker e Gribsby. Avvocati». Mai sentiti nominare. Chi saranno?

WORTHING (prendendo il biglietto): «Parker e Gribsby». Non ho idea di chi possano essere. Immagino che siano venuti per qualcosa che riguarda il tuo amico Bumbury. Forse ha intenzione di far testamento e nominarti esecutore. (A Merriman): Fa entrare subito i signori Parker e Gribsby.

MERRIMAN: Nell’ingresso c’è un signore solo.

WORTHING: Allora fa entrare il signor Parker oppure Gribsby.

MERRIMAN: Sì, signore (Esce).

WORTHING: Spero di poter esser certo di quanto mi hai dichiarato la settimana scorsa, quando ho saldato tutti i tuoi conti in sospeso, caro... Ernesto... e che non siano rimasti arretrati di alcun tipo.

AGENORE: Io non ho più debiti, caro Gianni. Grazie alla tua generosità non devo più un centesimo a nessuno, se non per certe cravatte, mi pare.

WORTHING: Sono lieto di sentirlo.

MERRIMAN: Il signor Gribsby.

(Entra Gribsby).

GRIBSBY (a Chasuble): Il signor Ernesto Worthing?

MISS PRISM: È questo il signor Ernesto Worthing.

GRIBSBY (ad Agenore): Il signor Ernesto Worthing?

AGENORE: Sì, sono io.

GRIBSBY: Residente ad Albany, B/4?

AGENORE: Sì, abito lì.

GRIBSBY: Sono spiacente, signor Worthing, ma ho un mandato d’arresto nei suoi confronti per venti giorni di carcere su richiesta della Società Savoy Alberghi, sua creditrice per un importo di 762 sterline, 14 scellini e 2 pence.

AGENORE: Che pretesa assurda! Non pranzo mai al Savoy a mie spese. Vado sempre da Willi’s. È molto più caro. Al Savoy non debbo un soldo.

GRIBSBY: Risulta che l’ingiunzione le è stata consegnata personalmente ad Albany il 27 maggio. Lei è stato quindi condannato in contumacia il 5 giugno. Da allora le abbiamo scritto almeno tredici volte senza ottenere risposta. Nell’interesse dei nostri clienti abbiamo dovuto chiedere un mandato d’arresto. Ma certo, lei, signor Worthing, sarà in grado di saldare il conto senza ulteriori complicazioni. Alla somma bisogna aggiungere 7 scellini e 6 pence per la carrozza noleggiata per lei, se dovessimo rimuoverlo, anche se sono sicuro che questo abbia poche probabilità di accadere.

AGENORE: Rimuovermi? Che volete dire? Non penso nemmeno lontanamente a muovermi di qui. Ho intenzione di rimanerci una settimana, ospite di mio fratello. (Indica Worthing).

GRIBSBY (a Worthing): Piacere di fare la sua conoscenza.

AGENORE: Se pensate che possa tornare in città quando sono appena arrivato, vi sbagliate di grosso.

GRIBSBY: Io sono solo un avvocato. Personalmente non faccio uso di violenza. L’ufficiale giudiziario, che ha il compito d’arrestare il debitore, sta aspettando fuori in carrozza. È persona esperta di queste faccende, diciamo pure che nell’esercizio delle sue funzioni ha avuto agio di portare in prigione quasi tutti i figli cadetti delle famiglie aristocratiche, e anche svariati primogeniti, oltre naturalmente a parecchi membri della Camera dei Lord. Hanno apprezzato tutti la sua educazione e il suo stile. E infatti, a vederlo, sembra piuttosto un allibratore che un ufficiale giudiziario. Per questo è molto richiesto. Ma certamente lei preferisce saldare il conticino.

AGENORE: Saldarlo? E come volete che faccia? Non penserete che mi porti dietro dei soldi. Come siete ingenuo! Nessun gentiluomo ha mai del denaro.

GRIBSBY: Infatti di solito sono i parenti a pagare.

WORTHING: Abbiate la cortesia di farmi vedere codesto conto, avvocato Gribsby. (Sfoglia un incartamento enorme). 762 sterline, 14 scellini e 2 pence da ottobre... devo proprio dire che non mi sono mai trovato di fronte a tanta irresponsabile stravaganza! (Porge le carte a Chasuble).

MISS PRISM: 762 sterline per ingozzarsi! Che materialismo grossolano! In uno che mangia tanto e tanto spesso non possono esserci qualità positive!

CHASUBLE: È certo una riprovevole dimostrazione delle vergognose ostentazioni della nostra epoca! Quanto siamo lontani dalla vita semplice, dai nobili pensieri di cui parlava il nostro sommo Wordsworth!

WORTHING: Secondo voi, reverendo, avrei in qualche modo il dovere di pagare per mio fratello questo conto mostruoso?

CHASUBLE: Mi spiace dover dire che credo di no. Sarebbe un incoraggiamento alla sua dissolutezza.

MISS PRISM: Raccolga quel che ha seminato. Penso sarà salutare questa carcerazione che viene prospettata. Peccato sia solo per venti giorni.

WORTHING: La penso proprio come voi.

AGENORE: Non scherzare, amico! Sai bene che il conto in realtà riguarda te.

WORTHING: Me?

AGENORE: Sì, lo sai bene.

CHASUBLE: Signor Worthing, se questo è uno scherzo, è fuori luogo.

MISS PRISM: Volgare e offensivo. Come m’aspettavo da lui.

CECILIA: È un atto d’ingratitudine che non m’aspettavo.

WORTHING: Lasciatelo dire. Fa sempre così. Vorresti dirmi adesso che non sei Ernesto Worthing, domiciliato ad Albany B/4. Giacché ci sei, nega pure d’essere mio fratello! Eh?

AGENORE: Non lo farò mai, caro fratello. Sarebbe assurdo. Certo che siamo fratelli. E perciò dovresti pagarmi il conticino. A che serve aver un fratello se non ti paga i conti?

WORTHING: Personalmente, se lo chiedi a me, non riesco a vedere a cosa serva aver un fratello. E non ho nessuna intenzione di pagarti quel conto. Il dottor Chasuble, degno nostro parroco, e Miss Prism, nel cui ammirevole e solido giudizio ripongo grande affidamento, sono tutti e due dell’opinione che il carcere ti farebbe bene, e molto. E io sono d’accordo con loro.

GRIBSBY (estraendo l’orologio): Mi dispiace turbare questa simpatica riunione di famiglia, ma il tempo stringe. Dobbiamo essere al carcere di Holloway entro le quattro, altrimenti non è facile ottenervi ingresso. I regolamenti sono molto rigidi.

AGENORE: Al carcere di Holloway?

GRIBSBY: Le detenzioni di questo tipo sono riservate a Holloway.

AGENORE: Eh, no! Non ho intenzione di farmi mettere in una prigione di periferia2 per aver pranzato nella migliore zona del West End. Sarebbe ridicolissimo.

GRIBSBY: Il conto fa riferimento a cene, non a pranzi.

AGENORE: Non ha importanza. Dico soltanto che non ho intenzione di farmi imprigionare in periferia.

GRIBSBY: D’accordo, il quartiere non è elegante, ma il carcere adesso è di moda e ben arieggiato; nell’ora d’aria ci sono molte possibilità di far ginnastica. E in caso di certificazione medica, facile da ottenersi, le ore d’aria possono esser aumentate.

AGENORE: Ginnastica! Buon Dio! Non esistono gentiluomini che facciano ginnastica. Voi non vi rendete conto di com’è fatto un gentiluomo.

GRIBSBY: In verità ne ho conosciuti tanti, signore, che ho paura di no. Ci sono molte varietà e anche curiosissime. Senza dubbio è il risultato dell’educazione. Se non le dispiace, adesso vuol seguirmi con le buone?

AGENORE (supplichevole): Gianni!

MISS PRISM: Non cedete, signor Worthing, vi prego.

CHASUBLE: In occasioni come questa ogni debolezza è fuori posto, come voler ingannare se stessi.

WORTHING: Non cederò. Non conosco debolezza né autoinganni!

CECILIA: Zio Gianni! Io credo che tu abbia un po’ di danaro mio, non è vero? Lasciami pagare questo conto. Non voglio che tuo fratello finisca in prigione.

WORTHING: Non puoi pagarlo tu, Cecilia. Non ha senso.

CECILIA: Allora lo pagherai tu, non è vero? Penso che saresti dispiaciuto al pensiero che tuo fratello è in gattabuia. Certo, mi ha deluso parecchio.

WORTHING: Promettimi che non gli rivolgerai più la parola.

CECILIA: No certamente! A meno che non sia lui a parlarmi per primo. Non rispondere sarebbe segno di grave maleducazione.

WORTHING: Allora gli impedirò io di parlarti. Non potrà più rivolgere la parola a nessun abitante della casa. Quest’uomo va isolato! Signor Gribsby...

GRIBSBY: Dica, signore...

WORTHING: Pagherò il conto di mio fratello. È anche l’ultimo conto che gli pago. A quanto ammonta?

GRIBSBY: 762 sterline, 14 scellini e 2 pence. Posso chiederle il suo nome per esteso, signore?

WORTHING: Sono Giovanni Worthing, giudice conciliatore, e risiedo qui, Manor House, Woolton. Vi basta?

GRIBSBY: Oh, certo, signore, certo. Era una semplice formalità. (A Miss Prism): Un gran bel posto. Ah, la carrozza sarebbe extra, 5 scellini e 9... è stata presa a nolo per comodità del cliente.

WORTHING: Va bene.

MISS PRISM: Mi sembra insensata tanta prodigalità. Pagargli pure la carrozza!

CHASUBLE (con un gesto della mano): C’è una saggezza del cuore e una della testa, cara Miss Prism.

WORTHING: Ecco un assegno... pagabile a Gribsby e Parker, suppongo.

GRIBSBY: Sì, signore. Per favore non sbarri l’assegno. Grazie.

WORTHING: Voi siete Gribsby, non è vero? E Parker che tipo è?

GRIBSBY: Io sono entrambi, signore. Gribsby quando ho un incarico spiacevole, Parker negli altri casi.

WORTHING: La prossima volta che ci incontreremo, spero sarete Parker.

GRIBSBY: Me lo auguro anche io, signore. (Al reverendo Chasuble): Buongiorno. (Chasuble si inchina appena). (A Miss Prism che saluta con freddezza): Buongiorno. (Ad Agenore): Spero d’aver il piacere di rivederla.

AGENORE: Io spero sinceramente di no. Avete strane idee sul tipo di persone con cui un gentiluomo vorrebbe far amicizia. Nessuno potrebbe mai desiderare di rivedere un legale che vuol farlo incarcerare. È in periferia.

GRIBSBY: È vero, verissimo.

AGENORE: A proposito, Gribsby. Non dovete tornare alla stazione in carrozza. Quella carrozza è mia. È stata noleggiata per mia comodità. Voi e quel tizio che assomiglia a un allibratore dovrete tornarci a piedi, alla stazione. Il che, fra parentesi, vi farà molto bene. Gli avvocati non camminano quanto dovrebbero. Salticchiano. Ma non camminano. Non conosco avvocati che facciano quest’opportuna ginnastica. Di solito stanno seduti tutto il santo giorno in uffici malsani per trascurare le loro faccende.

WORTHING: Prendete pure la carrozza, signor Gribsby.

GRIBSBY: Grazie, signore. (Esce).

AGENORE: Devo dire che avresti potuto lasciarmelo fare questo scherzetto a Gribsby. Era divertente, nel suo genere. E naturalmente non dicevo sul serio.

 

 

III. La dichiarazione d’amore del dottor Chasuble

 

MISS PRISM (ancora più indignata): Ma, signor Worthing, ci dev’essere un errore. In vita mia non ho mai avuto a che fare con la maternità. Questa insinuazione, se non fosse fatta di fronte a molte persone, sarebbe quasi indelicata. (Indicando Lady Bracknell): Ecco la signora che può dirvi chi siete in realtà.

WORTHING (dopo una pausa): Lady Bracknell, odio sembrare curioso, ma vorrebbe gentilmente comunicarmi chi sono?

LADY BRACKNELL: Temo che la notizia che devo darvi non sarà proprio di vostro gradimento. Siete il figlio di mia sorella, la Signora Moncrieff, e conseguentemente fratello maggiore di Agenore.

WORTHING: Fratello maggiore di Age! Allora ho un fratello, dopo tutto. Lo sapevo che avevo un fratello! L’ho sempre saputo che avevo un fratello! Cecilia, come hai potuto dubitare che avessi un fratello! (Afferra Agenore). Dottor Chasuble, il mio fratello sciagurato. Guendalina, il mio fratello sciagurato. Age, mio giovane furfante, in futuro dovrai trattarmi con più rispetto. Non ti sei mai comportato da fratello con me, in tutta la tua vita.

AGENORE: Be’, non fino ad oggi, vecchio mio, lo ammetto. (Gli stringe la mano). Però ho fatto del mio meglio, sebbene fossi fuori allenamento.

GUENDALINA: Caro!

WORTHING: Cara!

LADY BRACKNELL: Date queste strane e inusitate circostanze, avete il permesso di baciare la Zia Augusta.

WORTHING (restando dov’è): Sono pazzo di gioia. (Bacia Guendalina). A malapena mi rendo conto di chi sto baciando.

(Agenore coglie l’occasione per baciare Cecilia).

GUENDALINA: Spero che questa sia l’ultima volta che mi tocca di sentire una osservazione del genere.

WORTHING: Sì, mia cara.

MISS PRISM (avanzando, dopo aver tossito flebilmente): Signor Worthing – anzi, Signor Moncrieff, come dovrei chiamarla ora – dopo quanto è appena accaduto sento che è mio dovere rinunciare alla posizione che occupo in questa casa. Le chiedo sinceramente perdono per qualsivoglia inconveniente le abbia causato con l’averla posta inavvertitamente in questa borsa.

WORTHING: Non una parola di più, cara Miss Prism. Non dica più nulla. Io sono sicuro che mi sono divertito molto nella vostra bella borsa, a dispetto del lieve danno che aveva ricevuto a causa del rovesciamento di un omnibus nei suoi tempi più lieti. Per quanto riguarda l’idea di lasciarci, è assurda.

MISS PRISM: È mio dovere andarmene. Davvero, non ho più altro da insegnare alla cara Cecilia. Nell’ardua impresa di trovare marito, temo che la mia dolce e abile allieva abbia di gran lunga superato la maestra.

CHASUBLE: Un momento. Letizia!

MISS PRISM: Dottor Chasuble!

CHASUBLE: Letizia, sono giunto alla conclusione che la Chiesa Primitiva si sbagliava su certi punti. Pare che delle versioni corrotte si siano insinuate nei testi. Io richiedo... di domandare l’onore della vostra mano.

MISS PRISM: Federico, al momento presente le mie parole non riescono ad esprimere i miei sentimenti. Ma questo pomeriggio vi farò pervenire i tre ultimi volumi del mio diario. Lì potrete leggere un pieno rendiconto dei sentimenti che ho nutrito verso divoi negli ultimi diciotto mesi.

(Entra Merriman).

MERRIMAN: Il cocchiere di Lady Bracknell dice che non può attendere oltre.

LADY BRACKNELL (alzandosi): Giusto! Devo rientrare immediatamente in città. (Tirando fuori l’orologio). Vedo che ormai ho perduto almeno nove treni. Non ce ne resta che uno.(Merriman esce. Lady Bracknell si dirige verso la porta). Prism, dalla vostra ultima osservazione al Dottor Chasuble, apprendo con rammarico che non avete ancora abbandonato la vostra passione per la narrativa in tre volumi. E se davvero state per contrarre matrimonio, la qual cosa, alla vostra età, mi sento costretta a dire, mi sembra proprio una sfida aperta alla saggezza della Provvidenza, oso confidare che voi sappiate portare più attenzione a vostro marito di quanta ne avete portata al neonato affidatovi, e che non lascerete il povero dottor Chasuble in qua e in là alle stazioni ferroviarie dentro a borse o a ricettacoli di altro genere. I depositi bagagli sono notoriamente pieni di correnti d’aria. (Miss Prism china il capo docilmente). Dottor Chasuble,voi avete i miei sinceri auguri e se il battesimo, come voi dite, èuna sorta di nuova nascita, vi consiglio energicamente di battezzare Miss Prism senza por tempo in mezzo. Rinascere di nuovole recherebbe notevole giovamento. Se una simile procedura sia in accordo con la prassi della Chiesa Primitiva, non lo so. Ma è assai probabile, immagino, che anch’essa abbia dovuto far fronte a problemi tanto gravi. (Rivolgendosi dolcemente a Cecilia e accarezzandole le guance): Dolce fanciulla! Ti aspettiamo entro pochi giorni ad Upper Grosvenor Street.

CECILIA: Grazie, Zia Augusta!

LADY BRACKNELL: Vieni Guendalina.

GUENDALINA: Mio caro! Ma mio caro cosa? Qual è il tuo nome, ora che sei diventato un altro?

WORTHING: Santo cielo! Me n’ero completamente scordato. La tua decisione sul mio nome è assolutamente irrevocabile, vero?

GUENDALINA: Io non cambio mai, se non negli affetti.

CECILIA: Quant’è nobile la tua natura, Guendalina!

WORTHING: Dunque è meglio chiarire subito la faccenda. Zia Augusta, solo un istante. All’epoca in cui Miss Prism mi lasciò nella borsa, ero già stato battezzato? Vi prego, rispondetemi senza fretta, Zia Augusta. Questo è il nodo di tutto, e molte cose dipendono dalla vostra risposta.

LADY BRACKNELL (con una calma totale): I tuoi genitori, con la loro mania di affetto per te, ti profusero ogni lusso che il denaro potesse comprare, ivi compreso il battesimo.

WORTHING: Quindi sono stato battezzato! E questo si è chiarito. Ebbene, che nome mi fu imposto? Ditemi subito il peggiore!

LADY BRACKNELL (dopo una pausa): Dal momento che eri il primogenito ti fu dato, com’è naturale, il nome di tuo padre.

WORTHING (con irritazione): Sì, ma qual era il nome di mio padre? Vi prego, rispondetemi un po’ più in fretta, Zia Augusta. Questo è il nodo di tutto e ogni cosa dipende dalla vostra risposta. Qual era il nome di mio padre?

LADY BRACKNELL (cogitabonda): Al momento presente non riesco a ricordare quale fosse il nome di battesimo del Generale. La tua povera mamma lo chiamava sempre «Generale». Ecco, quello me lo ricordo bene. In effetti non penso che avrebbe mai osato chiamarlo con il nome di battesimo. Tuttavia non dubito che ne avesse uno. Aveva dei modi impetuosi, ma non era niente affatto eccentrico. Dipendeva piuttosto dal clima dell’India, dalla cattiva digestione e da altre cose del genere. Difatti si comportava da comandante solo nelle piccole cose di tutti i giorni. Sin troppo, come ripetevo spesso a mia sorella.

WORTHING: Age! Non ricordi come si chiamava nostro padre?

AGENORE: Caro ragazzo mio, non ci siamo mai scambiati due parole. È morto prima che avessi un anno.

WORTHING: Il suo nome dovrebbe esserci negli Annuari Militari dell’epoca, dico male Zia Augusta?

LADY BRACKNELL: Il Generale era essenzialmente un uomo di pace, tranne che nella vita domestica. Tuttavia non dubito che il suo nome compaia in tutti gli Annuari Militari.

WORTHING: Gli Annuari Militari degli ultimi quarant’anni sono qui (Si precipita alla libreria e tira fuori i libri. Li distribuisce rapidamente). Ecco, dottor Chasuble – due a voi, Miss Prism – a Cecilia un Annuario Militare. Fanne subito un riassunto. Agenore, per favore, se ti è rimasto un minimo di amore filiale, ricerca il nome di nostro padre nella storia inglese. Zia Augusta, v’invito ad applicar all’argomento il vostro virile intelletto. Guendalina no, ti agiterebbe troppo. Lascia queste ricerche a spiriti meno elevati del tuo.

GUENDALINA (con slancio eroico): Dammi sei copie di ogni annata, di questo secolo o del precedente. Non m’importa quale!

WORTHING: Nobile fanciulla! Eccotene una dozzina. Di più ti darebbe disturbo. (Le consegna una pila di Annuari Militari – ma si precipita egli stesso su di essi, prendendoglieli uno per uno dalle mani non appena si prova a esaminarli). No, fai vedere. No, scusa, permettimi cara. Mia diletta, credo che posso trovarlo prima. Permetti amore.

CHASUBLE: A quale stazione, Signor Moncrieff, ha detto che vorrebbe andare?

WORTHING (esitando, disperato): Stazione! Ma chi ha mai parlato di stazione? Cerco solo di scoprire il nome di mio padre.

CHASUBLE: Ma mi avete dato un orario delle ferrovie. (Lo guarda). Del 1869, vedo. Un volume di notevole interesse antiquario; ma assolutamente irrilevante circa la questione di quali nomi si diano di solito ai Generali.

CECILIA: Mi dispiace tanto, zio. Ma a quanto pare non si fa la benché minima allusione ai Generali nella «Storia dei nostri tempi», per quanto si tratti della migliore edizione.

MISS PRISM: A me, Signor Moncrieff, avete dato due copie del Listino Prezzi dei Magazzini del Servizio Civile. Non ci sono segnati da nessuna parte i Generali. A quanto pare non c’è né domanda né offerta.

LADY BRACKNELL: Questo trattato, «Il Garofano Verde» come leggo dal titolo sembra un libro sulla coltura delle piante esotiche. Non fa alcun riferimento ai Generali. Si direbbe roba morbosa, da borghesi.

WORTHING (con i nervi a fior di pelle): Santo Cielo! E che assurdità stai leggendo tu? Age? (Gli prende il libro). L’Annuario Militare? Ebbene, non credo che ti fossi reso conto che era l’Annuario Militare. E l’avevi pure aperto alla pagina sbagliata. E inoltre ce l’avevi proprio sotto gli occhi. Generali, Emme_ Malam – che nomi spaventosi che hanno – Markby, Migsby, Mobbs, Moncrieff, Moncrieff Luogotenente 1840, Capitano, Tenente Colonnello, Colonnello, Generale 1860. Nome di battesimo, Ernesto Giovanni.

 

 

 

* Data della prima edizione a stampa (N.d.T.).

2 Nell’originale il fraintendimento nasce da un’assonanza tra to sow, «seminare» e to sew, «cucire». Ovvero Cecilia si limita a rilevare, candidamente, che gli uomini non cuciono. Nella traduzione si è preferito rispettare la sostanza, anziché la lettera, e la sostanza consiste nell’attribuzione all’uomo di una qualità prettamente femminile, e la difesa della liceità della stessa. Non è strano che Wilde, condannato per la sua attività omosessuale pochi mesi dopo la prima dell’opera, abbia deciso di eliminare la battuta dalla redazione definitiva (N.d.T.).

2 Holloway, dove finirà anche Wilde in attesa del processo, è nella periferia a nord di Londra; il West End è un elegante quartiere centrale (N.d.T.).

Questo ebook appartiene a lidia barone - 1124737 Edito da Newton Compton Editori Acquistato il 01/08/2011 13.50.20 con numero d'ordine 63790
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