Atto III
La scena rappresenta la biblioteca in casa di Lord Goring, in Curzon Street a Londra. La stanza è in stile Adam. Una porta a destra immette al vestibolo. A sinistra la porta della sala da fumo. Un paio di porte a due battenti danno sul salone di ricevimento. Il fuoco è acceso. Phipps, il maggiordomo, sta riordinando dei giornali sullo scrittoio. La caratteristica di Phipps è la sua impassibilità. È stato definito il Maggiordomo Ideale dagli amici di famiglia entusiasti. La Sfinge è meno impenetrabile di lui: è una maschera con un atteggiamento sempre eguale. La storia non parla della sua vita intellettuale o emotiva. Egli rappresenta il predominio della forma.
Entra Lord Goring in abito da sera, con un fiore all’occhiello. Porta cilindro, mantello, guanti bianchi e bastone Luigi xvi. Ogni frivolezza di moda gli appartiene: è in contatto immediato con la moda, ne è il creatore e il dominatore. È il primo filosofo vestito elegantemente che si incontra nella storia del pensiero.4
GORING: Avete preparato il fiore di ricambio per il mio occhiello?
PHIPPS: Sì, Milord. (Prende cappello, bastone e mantello e presenta su un vassoio un fiore fresco.)
GORING: Bene, Phipps. Sono la sola persona di una certa importanza a Londra che oggi sappia portare un fiore all’occhiello.
PHIPPS: Sì, Milord. L’ho constatato personalmente.
GORING (togliendo dall’occhiello della giacca il fiore già portato): Vedete, Phipps, la Moda è quel che uno porta; quello che portano gli altri è già passato di moda.
PHIPPS: Sì, Milord.
GORING: Allo stesso modo la volgarità è il modo di comportarsi degli altri.
PHIPPS: Sì, Milord.
GORING: E le bugie sono le verità degli altri.
PHIPPS: Sì, Milord.
GORING: Gli altri sono semplicemente insopportabili. L’unica compagnia possibile è quella che ci facciamo da soli.
PHIPPS: Sì, Milord.
GORING: L’amor di sé è l’inizio d’un romanzo che dura una vita.
PHIPPS: Sì, Milord.
GORING (osservandosi nello specchio): Non direi che questo fiore mi piaccia del tutto, Phipps. Mi fa sembrare un po’ troppo maturo. Quasi fossi già nella seconda stagione della vita, no?
PHIPPS: Non ho notato alcun mutamento nell’aspetto di Milord.
GORING: Davvero, Phipps?
PHIPPS: Davvero, Milord.
GORING: Io non ne sono sicuro. In avvenire voglio per le serate del giovedì un fiore più frivolo.
PHIPPS: Ne parlerò con la fioraia, Milord. Negli ultimi tempi ha avuto un lutto in famiglia, e forse questo spiega la mancanza di frivolezza riscontrata da vostra signoria.
GORING: È straordinario come le classi povere in Inghilterra siano sempre in procinto di perdere qualcuno dei loro familiari.
PHIPPS: Sì, Milord. Sotto quest’aspetto sono davvero fortunati!
GORING (si volta a guardarlo, ma Phipps resta impassibile): Hum! C’è della posta?
PHIPPS: Tre lettere, Milord. (Gliele porge su un vassoio.)
GORING (prendendo la posta): Che la vettura sia pronta tra venti minuti.
PHIPPS: Sì, Milord.
GORING (stringendo una lettera con la busta rosa): Hum, Phipps, questa quando è arrivata?
PHIPPS: È stata portata a mano, appena vostra signoria era uscito per recarsi al circolo.
GORING: Ho capito, grazie. (Phipps esce.) La scrittura e la carta da lettere rosa di Lady Chiltern. Curioso. Pensavo che sarebbe stato Robert a scrivermi. Chissà cosa deve dirmi Lady Chiltern. (Si siede, apre la lettera e la legge.) «Ho bisogno di voi. Ho fiducia in voi. Vengo da voi.» Di sicuro ha scoperto tutto. (Posa la lettera, poi la riprende e rilegge lentamente:) «Ho bisogno di voi. Ho fiducia in voi. Vengo da voi». Povera donna! Povera donna! (Estrae l’orologio e lo guarda.) Che ora inopportuna per una visita! Alle dieci! Dovrò rinunciare alla visita ai Berkeshires. Ma è sempre meglio farsi desiderare. Al Ballo degli Scapoli non mi aspettano e allora ci andrò di sicuro. E sta bene, cercherò di farle prendere le parti del marito. È l’unica per una donna. Lo sviluppo del senso etico nella donna fa del matrimonio un vincolo inconsistente e unilaterale. Le dieci. Tra poco sarà qui. Devo dire a Phipps che non sono in casa per tutti gli altri.
(Si avvia a suonare il campanello. Entra Phipps.)
PHIPPS: Lord Caversham.
GORING: Vorrei sapere perché i genitori capitano sempre nei momenti più inopportuni. Uno straordinario errore della natura, probabilmente. (Entra Lord Caversham.) Come sono contento di vederti, caro papà! (Gli va incontro.)
CAVERSHAM: Aiutami a togliere il cappotto.
GORING: Ne vale la pena, papà?
CAVERSHAM: Certo che ne vale la pena. Qual è la poltrona più comoda?
GORING: Questa. È quella dove mi siedo quando ricevo qualcuno.
CAVERSHAM: Grazie. Spero che in questa stanza non ci siano correnti d’aria.
GORING: No, papà.
CAVERSHAM (sedendosi): Sono lieto di saperlo. Non posso sopportare le correnti d’aria. A casa mia non ce ne sono.
GORING: No, ma ci sono parecchi spifferi.
CAVERSHAM: Eh? Eh? Che c’entrano i pifferi? Che vuoi dire? Voglio fare con te un discorso serio, signorino.
GORING: Caro papà! A quest’ora?
CAVERSHAM: Sono soltanto le dieci: un’ora propizia. Che cos’hai da obiettare?
GORING: Il fatto è che questa non è per me la giornata più adatta per far un discorso serio... Mi spiace, ma non è proprio la mia giornata.
CAVERSHAM: Che vorresti dire?
GORING: Durante la stagione mondana, io faccio discorsi seri solo il primo martedì del mese, e dalle quattro alle sette.
CAVERSHAM: Va bene, facciamo conto che sia martedì...
GORING: Ma le sette sono passate, papà. Il medico mi ha prescritto di non impegnarmi in conversazioni serie dopo le sette; altrimenti parlo nel sonno.
CAVERSHAM: Parli nel sonno? E che importanza può avere? Tu non sei sposato!
GORING: No, non lo sono.
CAVERSHAM: Hum! Ero venuto a parlarti proprio di questo. Tu devi prender moglie, e subito. Io alla tua età ero da tre mesi un vedovo ufficialmente inconsolabile e già facevo una corte serrata alla tua adorabile mamma. Perbacco, signorino, è tuo dovere sposarti, non puoi continuare a vivere sempre solo per i tuoi piaceri: oggi tutti gli uomini d’un certo rango sono coniugati. Gli scapoli sono passati di moda. Appartengono a una classe di degenerati. Si vengono a sapere certe cose sul loro conto! Così devi procurarti una moglie anche tu. Guarda dov’è arrivato il tuo amico Robert Chiltern, per merito della sua probità, del suo impegno nel lavoro e del suo giudizioso matrimonio con una donna vera. Perché non vuoi imitarlo e prenderlo ad esempio?
GORING: Credo che lo farò.
CAVERSHAM: Magari, ne sarei felice. Per ora non faccio che tormentare tua madre per colpa tua. Sei senza cuore, proprio senza cuore.
GORING: Non direi, papà.
CAVERSHAM: Avresti dovuto prender moglie da un pezzo. Hai trentaquattro anni suonati.
GORING: È vero, ma ne confesso solo trentadue. Anzi trentuno e mezzo, quando ho un fiore perfetto all’occhiello. Questo che ho oggi non è abbastanza frivolo.
CAVERSHAM: Ti ricordo ancora una volta che hai trentaquattro anni. [Starnutisce.] E c’è una corrente in questa stanza che rende ancor peggiore il tuo comportamento. Perché m’hai detto che non c’erano correnti d’aria? Io ne sento una. E molto forte pure.
GORING: Anch’io papà. È un vortice. Verrò a trovarti domattina. Potremo parlare di tutto quello che vorrai. Lascia che ti aiuti a rimetterti il cappotto.
CAVERSHAM: No. Son venuto qui stasera con uno scopo preciso e voglio andare sino in fondo, anche a costo della mia o della tua salute. Metti giù il cappotto.
GORING: Come vuoi papà, ma andiamo in un’altra stanza. (Suona il campanello.) C’è una terribile corrente d’aria qui dentro.
(Entra Phipps.) Phipps, c’è il caminetto acceso nella sala da fumo?
PHIPPS: Sì, Milord.
GORING: Andiamo, papà. I tuoi sternuti mi spezzano il cuore.
CAVERSHAM: Avrò ben il diritto di sternutire quando voglio, no?
GORING (in tono di scusa): Naturalmente, papà. Esprimevo soltanto la mia solidarietà.
CAVERSHAM: Al diavolo la solidarietà! Ce n’è troppa in giro oggigiorno!
GORING: Sono d’accordo con te, papà. Se ce ne fosse di meno, ci sarebbero meno guai a questo mondo.
CAVERSHAM (avviandosi verso la sala da fumo): Questo è un paradosso, signorino. E io detesto i paradossi.
GORING: Anch’io papà. Tutti quelli che incontriamo per la strada sono dei paradossi. Che fastidio! La società è diventata banalissima!
CAVERSHAM (guardando il figlio di sotto le folte sopracciglia): Ma tu riesci sempre a capire quel che stai dicendo?
GORING (dopo una lieve pausa): Sì, papà, se mi ascolto con attenzione.
CAVERSHAM (indignato): Se ti ascolti con attenzione!... Piccolo cucciolo pretenzioso! (Esce brontolando.)
(Entra Phipps.)
GORING: Phipps, stasera verrà una signora per un appuntamento particolare. Fatela entrare in salotto appena arriva. Capito?
PHIPPS: Sì, Milord.
GORING: È una cosa molto importante, Phipps.
PHIPPS: Capisco, Milord.
GORING: Non fate entrare nessun altro, per qualsiasi motivo.
PHIPPS: Avevo capito, Milord.
(Suona un campanello.)
GORING: Probabilmente è la signora. La riceverò io stesso.
(Mentre si dirige verso la porta, Lord Caversham appare dalla sala da fumo.)
CAVERSHAM: Allora, signorino? Devo far anticamera per causa tua?
GORING (imbarazzato): Vengo subito, papà. Scusami tanto. (Lord Caversham si ritira.) Bene, ricordatevi le mie istruzioni: in salotto...
PHIPPS: Sì, Milord.
(Lord Goring entra nella sala da fumo. Harold, il cameriere, introduce Mrs. Cheveley, che è vestita di verde e argento, come un vampiro. Porta un mantello di raso nero foderato di seta del colore d’una rosa appassita.)
HAROLD: Il vostro nome, signora?
MRS. CHEVELEY (a Phipps che si sta avvicinando): Lord Goring è qui? Mi avevano detto che era in casa.
PHIPPS: Milord è impegnato con Lord Caversham in questo momento.
(Rivolge ad Harold una gelida occhiata. Il domestico si ritira subito.)
MRS. CHEVELEY (tra sé): Che devozione da figlio modello!
PHIPPS: Milord mi ha detto di pregare la signora di avere la cortesia di attenderlo nel salotto. Milord verrà subito.
MRS. CHEVELEY (sorpresa): Lord Goring mi aspettava?
PHIPPS: Sì, signora.
MRS. CHEVELEY: Ne siete proprio sicuro?
PHIPPS: Milord mi ha detto che qualora avesse ricevuto la visita d’una signora dovevo pregarla di attendere in salotto. (Va alla porta del salotto e l’apre.) Su questo punto ho ricevuto da Lord Goring istruzioni assolutamente precise.
MRS. CHEVELEY (tra sé): Che fantasia! È davvero moderno l’uomo che sa aspettare l’inatteso! (Va verso il salotto e lo osserva.) Il salotto d’uno scapolo ha sempre un aspetto desolante! Dovrò cambiare ogni cosa. (Phipps porta la lampada che era sulla scrivania.) No, no, quella lampada non mi piace! È troppo abbagliante. Accendete qualche candela.
PHIPPS (tornando a posare la lampada sulla scrivania): Certo, signora.
MRS. CHEVELEY: Spero che i candelieri abbiano dei paralumi più discreti.
PHIPPS: Nessuno se ne è mai lamentato, signora. (Entra in salotto e comincia ad accendere le candele.)
MRS. CHEVELEY: Chissà quale donna sta aspettando stasera? Mi divertirò a fargli una sorpresa. Gli uomini fanno una faccia così sciocca quando vengono sorpresi in flagrante! E si fanno sorprendere immancabilmente! (Si guarda attorno e si avvicina alla scrivania.) La stanza e i quadri sono interessanti! Vorrei proprio sapere se lo è anche la sua corrispondenza. (Prende in mano alcune lettere.) No, è davvero insignificante! Fatture, biglietti da visita e vedove ricche! Chi mai gli avrà scritto su questa carta color di rosa? Sembra l’inizio d’una avventura romantico-borghese. Le avventure non dovrebbero mai aver inizio col sentimento, ma invece organizzarsi secondo criteri scientifici e concludersi con una sostanziosa liquidazione. (Posa la lettera, poi la riprende.) Ma questa scrittura io la conosco! È quella di Gertrude Chiltern. Me la ricordo benissimo. I dieci comandamenti a ogni svolazzo di penna e l’impegno etico in tutta la pagina. Chissà cosa gli scrive Gertrude? Di sicuro qualche orribile cattiveria sul mio conto. Quanto la odio! (Legge): «Ho bisogno di voi. Ho fiducia in voi. Vengo da voi. Gertrude». «Ho bisogno di voi. Ho fiducia in voi... vengo da voi...».
(Un’espressione di trionfo le illumina il viso. Sta per impadronirsi della lettera, quando rientra Phipps.)
PHIPPS: In salotto ho acceso le candele, secondo i vostri ordini.
MRS. CHEVELEY: Grazie. (Si alza frettolosamente e nasconde la lettera sotto una grande cartella da scrittoio incorniciata d’argento, che è sulla scrivania.)
PHIPPS: Spero che i paralumi le piacciano, signora. Sono i più belli che abbiamo: gli stessi che usa Milord quando deve vestirsi per un pranzo di gala.
MRS. CHEVELEY (sorridendo): Allora sono sicura che andranno benissimo.
PHIPPS (con importanza): Grazie, signora.
(Mrs. Cheveley entra nel salotto. Phipps ne chiude la porta, poi si ritira. Si riapre lentamente la porta del salotto, rientra Mrs. Cheveley e si dirige in punta di piedi verso la scrivania. Improvvisamente si sentono voci dalla sala da fumo. Mrs. Cheveley impallidisce e si ferma di colpo. Le voci si fanno vicine e allora Mrs. Cheveley ritorna nel salotto mordendosi le labbra. Entrano Lord Caversham e Lord Goring.)
GORING (con aria di rimprovero): Ma caro papà, se proprio devo prendere moglie, lasciami almeno scegliere il tempo, il luogo e la persona. Soprattutto la persona.
CAVERSHAM: È una scelta che tocca a me. Tu probabilmente ne faresti una pessima. Io debbo esser consultato, non tu! L’amore non c’entra niente. Quello, se mai, viene più tardi nel matrimonio.
GORING: Sì, quando i due coniugi si sono completamente disgustati l’uno dell’altro, vero, papà? (Aiuta Lord Caversham a infilare il cappotto.)
CAVERSHAM: Certamente. Ossia, no, certo no. Questa sera dici delle grandi stupidaggini. Voglio dire che il matrimonio è soltanto una questione di buonsenso.
GORING: Ma le donne piene di buonsenso sono particolarmente brutte, non trovi? Naturalmente parlo solo per sentito dire.
CAVERSHAM: Nessuna donna, brutta o bella che sia, ha un briciolo di buonsenso. Il buonsenso è un privilegio di noi uomini.
GORING: Questo è vero, ma noi abbiamo un tale spirito di sacrificio che non l’adoperiamo mai.
CAVERSHAM: Io ne faccio uso, anzi m’affido solo a lui.
GORING: Dice così anche la mamma.
CAVERSHAM: È il segreto della felicità di tua madre. Ah, sei senza cuore: proprio senza cuore!
GORING: Spero di no, papà. (Esce per un attimo ad accompagnare Lord Caversham. Poi ritorna, piuttosto seccato, insieme a Sir Robert Chiltern.)
ROBERT: Per fortuna ti ho incontrato sulla porta, il tuo domestico m’aveva appena detto che non eri in casa. È strano!
GORING: Il fatto è che stasera sono occupatissimo: ecco perché avevo detto di dire a tutti che non ero in casa. Anche mio padre ha avuto un’accoglienza freddina anzichenò. Si è lagnato continuamente per una corrente d’aria.
ROBERT: Però adesso mi dovrai ricevere, Arthur. Sei il mio migliore amico e forse domani sarai il mio solo amico. Mia moglie ha scoperto tutto!
GORING: Ah! Me l’ero immaginato!
ROBERT (guardandolo): Davvero? Da che?
GORING (dopo una lieve esitazione): Semplicemente dall’espressione che avevi quando sei entrato. Chi gliel’ha detto?
ROBERT: Mrs. Cheveley direttamente. E adesso la donna che amo è consapevole che la mia carriera è cominciata con un atto vergognoso e disonesto; che ho costruito la mia vita sul fango... che ho venduto come un qualsiasi rigattiere un segreto affidato al mio onore. Per fortuna Lord Radley è morto senza sapere che l’ho tradito. Era meglio che fossi morto prima d’essere vittima della tentazione o prima di cadere tanto in basso. (Si copre il viso con le mani.)
GORING (dopo una pausa): T’hanno risposto da Vienna al tuo telegramma?
ROBERT (guardandolo): Sì, ho ricevuto un telegramma dal primo segretario questa sera alle otto.
GORING: Ebbene?
ROBERT: Non si conosce niente di grave contro di lei. Anzi fa parte della migliore società: è una specie di segreto che tutti conoscono il fatto che il barone Arnheim le ha lasciato la maggior parte del suo ingente patrimonio. Più di questo non si riesce a sapere.
GORING: Allora non s’è potuto appurare se è o no una spia?
ROBERT: Oggi le spie servono poco o nulla. Le hanno sostituite i giornalisti...
GORING: ...che fanno benissimo lo stesso lavoro!
ROBERT: Muoio di sete, Arthur. Posso suonare perché portino qualcosa? Magari un po’ di vino bianco col seltz?
GORING: Certo, faccio io. (Suona il campanello.)
ROBERT: Grazie. Non so che fare, Arthur. Non so che fare... e tu sei il mio solo amico, l’unico di cui possa fidarmi. In te posso avere la fiducia più assoluta, vero?
GORING: Ma certo! (Entra Phipps.) Portate del vino bianco e seltz.
PHIPPS: Sì, Milord.
GORING: E... Phipps...
PHIPPS: Sì, Milord?
GORING: Scusami un attimo. Debbo dare delle disposizioni al domestico.
ROBERT: Prego!
GORING: Quando verrà quella signora, ditele che per questa sera non sono in casa, che sono stato chiamato all’improvviso fuori città. Capito?
PHIPPS: La signora è nel salotto, dove voi m’avete detto di farla attendere, Milord.
GORING: Avete fatto benissimo. (Esce Phipps.) Sono in un bel pasticcio. Ma no, riuscirò a cavarmela in un modo o nell’altro. Farò in modo che capisca restando al di là della porta, anche se sarà una faccenda complicata.
ROBERT: Dimmi che cosa debbo fare. Mi pare che tutto mi sia crollato addosso. Sono come una nave senza timoniere che naviga in una notte oscura.
GORING: Robert, tu ami tua moglie? non è vero?
ROBERT: Più d’ogni altra cosa al mondo. Credevo che l’ambizione fosse tutto, ma non è vero. L’amore è la cosa più grande del mondo. Non conta altro, e io amo Gertrude, ma ai suoi occhi mi sono disonorato, per lei sono un essere ignobile. S’è aperto un baratro tra di noi: lei ha scoperto quel che sono veramente!
GORING: E lei non ha mai commesso in vita sua qualche errore, qualche imprudenza? È per questo che non riesce a perdonarti?
ROBERT: Mia moglie? Mai! Non conosce tentazione né debolezza. Io sono impastato di fango come gli altri uomini; lei è un essere a parte come tutte le donne veramente buone: implacabile nel suo desiderio di perfezione, fredda, austera, senza misericordia. Ma io l’amo, Arthur! Non abbiamo figli, non ho nessun altro da amare e nessun altro che mi ami. Forse se Dio ci avesse concesso dei figli ora sarebbe stata più comprensiva con me. Ma Iddio ci ha destinati a una casa solitaria. E lei mi ha spezzato il cuore. Non parliamone: sono stato brutale con lei questa sera. Penso che quando i peccatori parlano coi santi siano sempre brutali. Le ho detto cose spaventosamente vere dal mio punto di vista e da quello di tutti gli uomini; ma non parliamone più.
GORING: Tua moglie ti perdonerà; forse in questo momento ti sta già perdonando. Ti vuole bene: perché non dovrebbe perdonarti?
ROBERT: Dio lo volesse! Dio lo volesse! (Si nasconde il volto tra le mani.) Ma devo dirti ancora qualche cosa.
(Entra Phipps con un vassoio carico di bottiglie e bicchieri.)
PHIPPS (porgendo il vassoio a Sir Robert): Vino bianco e seltz, signore.
ROBERT: Grazie.
GORING: La tua carrozza è qui?
ROBERT: No, sono venuto a piedi dal circolo.
GORING: Sir Robert prenderà la mia carrozza, Phipps.
PHIPPS: Sì, Milord. (Esce.)
GORING: Robert, non offenderti, se ti mando via.
ROBERT: Lasciami star qui ancora cinque minuti. Ho deciso quale sarà il mio comportamento alla Camera, stasera. Il dibattito sul Canale Argentino comincia alle undici. (Cade una sedia nel salotto.) Che è stato?
GORING: Niente.
ROBERT: Ho sentito cadere una sedia nella stanza accanto. Qualcuno ci stava ascoltando.
GORING: No, no; non c’è nessuno.
ROBERT: C’è qualcuno ti dico. La stanza è illuminata e la porta socchiusa. Qualcuno ha ascoltato tutti i segreti della mia vita. Arthur, che significa questo?
GORING: Tu sei eccitato, sei fuori di te. Ti dico che in quella stanza non c’è nessuno. Siediti.
ROBERT: Mi dai la tua parola d’onore che di là non c’è nessuno?
GORING: Sì.
ROBERT: La tua parola d’onore?
GORING: Sì.
ROBERT (alzandosi): Lascia che lo controlli coi miei occhi.
GORING: No, no!
ROBERT: Se non c’è nessuno, perché non posso guardare là dentro? Se vuoi che sia convinto, lasciami andare di là. Voglio esser certo che nessuno abbia scoperto il segreto della mia vita. Arthur, tu non ti rendi conto di quel che sto passando.
GORING: Non insistere, ti ho detto che non c’è nessuno in quella stanza, e questo deve bastarti.
ROBERT (precipitandosi verso il salotto): Non mi basta. Insisto per entrare in quella stanza. M’hai detto che non c’è nessuno, e allora che motivo puoi avere per dirmi di no?
GORING: Per amor di Dio non lo fare. Di là c’è qualcuno, qualcuno che non devi vedere.
ROBERT: Ah! Lo sapevo!
GORING: Ti proibisco di entrare in quella stanza!
ROBERT: Lasciami passare. È in gioco la mia vita. Chiunque ci sia per me è lo stesso. Ma voglio sapere a chi ho svelato il mio segreto e la mia vergogna. (Entra nella stanza.)
GORING: Gran Dio! Sua moglie [è di là!].
(Rientra Sir Chiltern con un’espressione di disprezzo e d’ira impressa sul viso.)
ROBERT: Che spiegazione puoi darmi per la presenza di quella donna in casa tua?
GORING: Ti giuro sul mio onore che quella signora è senza macchia e non è colpevole di offesa alcuna verso di te!
ROBERT: È una creatura vile ed infame!
GORING: Non dir questo, Robert! È venuta qui per amor tuo, per tentare di salvarti. Lei ama te, solo te.
ROBERT: Tu sei pazzo! Che cosa c’entro io nei vostri intrighi? Rimanga pure la tua amante: siete ben degni l’uno dell’altra. Lei corrotta e svergognata, tu un falso amico, anzi, un nemico capace di qualsiasi tradimento!
GORING: Non è vero! Davanti a Dio non è vero! Alla sua e alla tua presenza ti spiegherò tutto.
ROBERT: Lasciatemi passare, signore. Avete mentito abbastanza sulla vostra parola d’onore.
(Sir Robert esce. Lord Goring si precipita alla porta del salotto, mentre ne esce, raggiante, Mrs. Cheveley che sembra molto divertita.)
MRS. CHEVELEY (con un ironico inchino): Buonasera, Lord Goring.
GORING: Mrs. Cheveley! Santo cielo! Posso chiedervi cosa state facendo nel mio salotto?
MRS. CHEVELEY: Ascoltavo, tutto qui. Ho una vera passione per ascoltare dal buco della serratura. Si sentono sempre cose straordinarie.
GORING: Non vi pare che il vostro comportamento equivalga a tentare la Provvidenza?
MRS. CHEVELEY: Oh, a quest’ora la Provvidenza può di certo resistere alle tentazioni. (Gli accenna al desiderio di essere aiutata a sfilarsi il mantello ed egli lo fa.)
GORING: Sono lieto della vostra visita. Voglio darvi qualche consiglio utile.
MRS. CHEVELEY: Oh, no, ve ne prego. Non bisogna mai dare a una donna qualcosa che non possa portare di sera.
GORING: Vedo che siete testarda come sempre.
MRS. CHEVELEY: Molto di più, ho fatto enormi progressi e ho molta maggior esperienza.
GORING: È pericoloso aver troppa esperienza. Prendete una sigaretta. Metà delle belle dame londinesi fumano sigarette. Io, personalmente, preferisco l’altra metà.
MRS. CHEVELEY: Non fumo mai. La mia sarta ne sarebbe dispiaciuta... e i maggiori doveri d’una donna sono quelli verso la propria sarta, non siete del mio parere? Quali siano gli altri sinora nessuno l’ha scoperto.
GORING: Voi siete venuta qui per vendermi la lettera di Sir Robert Chiltern, vero?
MRS. CHEVELEY: Per offrirvela a certe condizioni. Ma come avete fatto a indovinare?
GORING: Perché non avete nemmeno accennato a questo argomento. Avete la lettera con voi?
MRS. CHEVELEY (sedendosi): Ah, no! Un vestito ben fatto non ha mai tasche.
GORING: Quale prezzo ne chiedete?
MRS. CHEVELEY: Come siete assurdamente inglese. Gli inglesi credono che un libretto di assegni possa risolvere tutti i problemi della vita. Caro Arthur, io possiedo molto più danaro di voi e tanto quanto è riuscito a procurarsene Robert Chiltern. Non è il danaro che voglio.
GORING: Che cosa volete allora, Mrs. Cheveley?
MRS. CHEVELEY: Perché non mi chiamate Laura?
GORING: Non mi piace questo nome.
MRS. CHEVELEY: Una volta lo adoravate.
GORING: Forse è per questo.
(Mrs. Cheveley fa cenno a Lord Goring di sedersi accanto a lei. Egli sorride e si siede.)
MRS. CHEVELEY: Arthur, una volta mi volevate bene.
GORING: Sì.
MRS. CHEVELEY: E mi avete chiesto di sposarvi.
GORING: Era la naturale conseguenza del mio amore per voi.
MRS. CHEVELEY: E mi piantaste perché avevate veduto, o diceste d’aver veduto, il povero vecchio Lord Mortlake che cercava di fare l’amore con me, e con una certa violenza, nella serra dei Tenby.
GORING: Mi pare di ricordare che la questione sia già stata chiusa dal mio avvocato e alle condizioni... dettate da voi stessa.
MRS. CHEVELEY: A quell’epoca io ero povera, voi ricco.
GORING: Proprio così. Era la ragione per cui dicevate di amarmi.
MRS. CHEVELEY (stringendosi nelle spalle): Che caro vecchietto era Lord Mortlake! Aveva due soli argomenti di conversazione, la sua gotta e sua moglie! Non riuscivo mai a capire di quale dei due stesse parlando. Usava un linguaggio molto sconveniente per entrambi! Comunque, foste uno sciocco: Lord Mortlake rappresentava per me solo un’occasione di divertimento. Uno di quei divertimenti noiosissimi che si possono trovare le domeniche nelle case di campagna. Non credo che si possa attribuire a qualcuno la responsabilità morale per quel che sono capaci di fare uomini e donne in una casa di campagna inglese.
GORING: Sì, so che tanta gente la pensa come voi.
MRS. CHEVELEY: Io vi amavo, Arthur.
GORING: Mia cara, siete sempre stata troppo intelligente per conoscere qualcosa dell’amore.
MRS. CHEVELEY: Vi amavo veramente. E anche voi mi amavate. Non potete negarlo: mi amavate e l’amore è una cosa stupenda. Credo che quando un uomo ha amato in passato una donna farebbe per lei qualsiasi cosa tranne che continuare ad amarla. (Mette una mano su quella di lui.)
GORING (ritirando con calma la mano): Sì, tutto eccetto questo.
MRS. CHEVELEY (dopo una pausa): Sono stanca di vivere all’estero. Voglio tornare a Londra e metter su una casa deliziosa, un salotto brillante. Se soltanto si potesse insegnare agli inglesi a parlare e agli irlandesi ad ascoltare, qui la società diventerebbe finalmente civile. E poi ormai sono arrivata a quello stadio in cui si apprezza il romanticismo. Quando iersera vi ho veduto dai Chiltern, ho capito che voi siete stato l’unico che m’ha fatto palpitare d’amore, se mai l’ho fatto per qualcuno. E così la mattina del giorno in cui mi sposerete vi darò la lettera di Robert Chiltern. Questa è la mia offerta e ve la darò adesso, se mi promettete di sposarmi.
GORING: Adesso?
MRS. CHEVELEY (sorridendo): Domani.
GORING: State parlando seriamente?
MRS. CHEVELEY: Seriamente.
GORING: Sarei un pessimo marito.
MRS. CHEVELEY: Non mi dispiacciono i pessimi mariti. Io ne ho avuti già due e mi sono tanto divertita.
GORING: Volete dire che solo voi vi divertivate, non è vero?
MRS. CHEVELEY: Che ne sapete della mia vita coniugale?
GORING: Niente, ma posso leggerla come un libro aperto.
MRS. CHEVELEY: Quale libro?
GORING (alzandosi): Quello della cabala del lotto!
MRS. CHEVELEY: Vi pare bello essere così rozzo con una donna in casa vostra?
GORING: Quando si tratta di donne affascinanti, il sesso è una sfida, non una difesa.
MRS. CHEVELEY: Voglio credere che questo sia un complimento. Ma, caro, i complimenti non riescono mai a disarmare una donna. Invece, per gli uomini è il contrario. È questa la differenza tra i due sessi.
GORING: Per quel che so, niente e nessuno potrebbe disarmare una donna.
MRS. CHEVELEY: Allora voi permetterete che il vostro migliore amico sia rovinato piuttosto che sposare una donna ancora ricca di seduzioni? Pensavo che la vostra abnegazione sarebbe arrivata più lontano, Arthur. Lo credevo proprio. E avreste potuto passare il resto dell’esistenza a contemplare la vostra perfezione.
GORING: Oh, questo lo faccio già ora! L’altruismo, dopo tutto, dovrebbe essere soppresso per legge. È demoralizzante per le persone alle quali offriamo il nostro sacrificio. Vanno sempre a finire male.
MRS. CHEVELEY: Parlate come se esistesse qualcosa capace di demoralizzare sir Robert. Sembrate scordarvi che io conosco la sua vera personalità.
GORING: Quel che credete di conoscere di lui non è la sua vera personalità. La sua fu una vera pazzia di giovinezza, disonorevole ne convengo, vergognosa ne convengo, indegna di lui... ecco perché non è questa la sua vera personalità, il suo vero carattere.
MRS. CHEVELEY: Voi uomini siete straordinari nel sostenervi reciprocamente!
GORING: Lo siete anche voi donne nel combattervi reciprocamente!
MRS. CHEVELEY: Io combatto contro una sola donna, Gertrude Chiltern. La odio. Adesso più che mai.
GORING: Penso che abbiate scatenato una vera tragedia nella sua esistenza.
MRS. CHEVELEY (con sarcasmo): C’è una sola vera tragedia nella esistenza d’una donna: il fatto che il passato abbia sempre il volto del suo amante e il futuro quello di suo marito.
GORING: Lady Chiltern non ha certo i problemi a cui fate allusione.
MRS. CHEVELEY: Una donna che porta i guanti numero sette e tre quarti non ha mai problemi di nessun genere. Lo sapevate che Gertrude ha sempre portato il sette e tre quarti? È una delle ragioni per cui non abbiamo mai legato... Dunque, Arthur, ho l’impressione che questa romantica intervista possa considerarsi terminata. Ammettetelo, è stato un colloquio romantico, no? Per il privilegio di diventare vostra moglie ero pronta a rinunciare a una grossa posta, quella che sarebbe stata il culmine della mia carriera diplomatica. Voi rifiutate. Benissimo. Se Sir Robert Chiltern non sosterrà il mio progetto argentino, io lo smaschererò. Voilà tout.
GORING: Non fatelo. Sarebbe vile, orrendo: una vera infamia.
MRS. CHEVELEY (stringendosi nelle spalle): Niente parole grosse! Significano così poco! Questa è solo un’operazione commerciale. Questo è tutto: non ha senso mescolarci il sentimento. Ho offerto a Robert Chiltern di vendergli una certa cosa. Se non vuol pagarmi il prezzo richiesto, dovrà pagare al mondo un prezzo molto più alto. Non ho altro da aggiungere e debbo andarmene. Addio. Non volete stringermi la mano?
GORING: A voi? No. Quest’intrigo contro Robert Chiltern può passare per un’odiosa operazione commerciale d’un’epoca commerciale particolarmente odiosa; ma pare che abbiate dimenticato che questa sera siete venuta qui per parlare d’amore, proprio voi che con le vostre labbra avete profanato la parola amore; voi che considerate terminata ogni intervista romantica, voi che questo pomeriggio siete andata in casa d’una delle più nobili e gentili donne che siano al mondo per denigrarne il marito ai suoi occhi, per far cessare ogni amore per lui, per avvelenarle il cuore, amareggiarle la vita, infrangere il suo idolo e forse corromperle l’anima. Questo non ve lo posso perdonare. È stata un’azione orribile per cui non ci può essere perdono.
MRS. CHEVELEY: Siete ingiusto verso di me. Credetemi, ingiusto. Non sono andata in casa di Gertrude per farle oltraggio. Non avevo nessuna intenzione del genere quando sono entrata. Andai a farle una visita insieme a Lady Markby semplicemente per domandarle se era stato ritrovato un gioiello che ho perduto iersera non so dove. Se non mi credete, domandatelo a Lady Markby e vi dirà che è vero. La scenata a cui fate allusione avvenne dopo che Lady Markby era andata via. Vi fui trascinata dalla violenza e dai sarcasmi di Gertrude. Posso ammettere che forse ci fu un po’ di malizia da parte mia, ma andai dai Chiltern proprio per domandare se avevano trovato la mia spilla di brillanti. È stata questa l’origine di tutto.
GORING: Una spilla a forma di serpente con un rubino?
MRS. CHEVELEY: Sì; come mai lo sapete?
GORING: Perché è stata ritrovata. A dire la verità l’ho ritrovata io personalmente e da vero stupido ho scordato di avvisare il maggiordomo. (Va alla scrivania, apre dei cassetti.) È in questo cassetto... anzi in quest’altro. È questa la spilla, vero? (Le mostra il gioiello.)
MRS. CHEVELEY: Sì, e sono contenta di riaverla. È... un regalo.
GORING: Volete metterla?
MRS. CHEVELEY: Certo, se voi me l’agganciate.
(All’improvviso Lord Goring le chiude il gioiello attorno al braccio.)
Perché me la mettete come un braccialetto? Non sapevo che si potesse portare anche così.
GORING: Davvero?
MRS. CHEVELEY (stendendo il bellissimo braccio): No, ma sta molto bene sul mio braccio, non vi sembra?
GORING: Sì, molto meglio di quando l’ho veduto l’ultima volta.
MRS. CHEVELEY: E quando è stato?
GORING (tranquillo): Oh, dieci anni fa, indosso a Lady Barkshire, a cui voi l’avete rubato.
MRS. CHEVELEY (turbata): Che volete dire?
GORING: Voglio dire che avete rubato questo gioiello a mia cugina, Mary Barkshire, a cui era stato regalato da me come dono per le sue nozze. Una povera cameriera fu sospettata del furto e scacciata, disonorata. Ho riconosciuto il braccialetto ieri sera e ho deciso di non dir niente finché non avessi trovato il ladro. Ho trovato il ladro e adesso ho ascoltato la sua confessione.
MRS. CHEVELEY (scuotendo il capo): Non è vero!
GORING: Sapete bene che è vero. Sulla vostra faccia in questo momento è stampata la parola: «ladra».
MRS. CHEVELEY: Negherò tutto, dal principio alla fine. Dirò che non ho mai veduto quest’oggetto odioso e che non è mai stato in mio possesso! (Cerca di togliersi il braccialetto dal braccio, ma non ci riesce. Lord Goring la osserva divertito. Le sottili dita di lei tentano inutilmente di aprire la molla. Le sfugge un’imprecazione.)
GORING: Uno che ruba un oggetto non conosce mai le meraviglie che nasconde. Non riuscirete a togliervi il braccialetto se non ne conoscete il segreto. Vedo proprio che non sapete dove è nascosta la molla. E difatti è difficile trovarla.
MRS. CHEVELEY: Bruto! Vigliacco! (Cerca ancora di sfilarsi il braccialetto, ma invano.)
GORING: Niente parole grosse! Significano così poco!
MRS. CHEVELEY (fa nuovi sforzi per aprire il braccialetto, emettendo suoni inarticolati in un parossismo di rabbia. Poi si ferma e guarda Lord Goring): Che cosa farete?
GORING: Suonerò per il domestico. È fidatissimo. Viene subito quando lo chiamo con una scampanellata. E quando verrà gli dirò d’andar a chiamare la polizia.
MRS. CHEVELEY (È in preda al terrore, il volto e la bocca contratti, come se le fosse caduta una maschera. In quest’attimo fa spavento a vedersi): Non fatelo. Farò tutto quello che volete. Qualunque cosa vorrete.
GORING: Datemi la lettera di Robert Chiltern.
MRS. CHEVELEY: Fermatevi! Lasciatemi andar via!
GORING: Datemi la lettera di Robert Chiltern.
MRS. CHEVELEY: Non l’ho qui con me. Ve la darò domani.
GORING: Mentite, lo sapete bene. Datemela subito. (Mrs. Cheveley gli consegna la lettera. È pallidissima.) È questa?
MRS. CHEVELEY (rauca): Sì.
GORING (dopo aver esaminato la lettera, sospira e la brucia sopra la lampada): Per essere una donna così elegante, in certi momenti avete un buonsenso ammirevole. Mi congratulo.
MRS. CHEVELEY (fissando la lettera di Lady Chiltern che sporge da sotto la cartella della scrivania): Vi prego, datemi un po’ d’acqua.
GORING: Certamente.
(Va in un angolo della stanza e versa l’acqua in un bicchiere. Mentre volta la schiena a Mrs. Cheveley, ella s’impadronisce della lettera di Lady Chiltern. Quando Lord Goring ritorna con l’acqua, fa un gesto di rifiuto.)
MRS. CHEVELEY: Grazie. Volete aiutarmi a mettere il mantello?
GORING: Con piacere. (Le fa indossare il mantello.)
MRS. CHEVELEY: Grazie. Non tenterò più di nuocere a Sir Chiltern.
GORING: Fortunatamente non ne avete più la possibilità, Mrs. Cheveley.
MRS. CHEVELEY: Ma anche se l’avessi, non lo farei. Penso invece di rendergli un grande favore.
GORING: Sono incantato a sentirvi parlare così. È un vero pentimento?
MRS. CHEVELEY: Sì, non posso sopportare che un gentiluomo tanto onesto, un gentiluomo inglese tanto rispettabile venga ingannato così vergognosamente, così...
GORING: Continuate...
MRS. CHEVELEY: Non so come, l’ultima confessione di Gertrude è finita in mano mia.
GORING: Che volete dire?
MRS. CHEVELEY (con un amaro trionfo nella voce): Voglio dire che intendo mandare a Robert Chiltern la lettera d’amore che sua moglie v’ha scritto questa sera.
GORING: La lettera d’amore?
MRS. CHEVELEY: «Ho bisogno di voi. Ho fiducia in voi. Vengo da voi. Gertrude».
(Lord Goring si precipita alla scrivania, prende la busta, la trova vuota e si volta.)
GORING: Maledetta! Continuate a rubare!! Datemi quella lettera o ve la prenderò con la forza! Non lascerete questa casa se non riavrò quella lettera!
(Si precipita verso di lei, ma Mrs. Cheveley pone subito la mano sul campanello elettrico posto sulla scrivania. Il campanello suona con violenza. Entra Phipps.)
MRS. CHEVELEY (dopo una pausa): Lord Goring ha suonato perché mi accompagniate alla porta. Buonanotte, Lord Goring!
(Esce seguita da Phipps. Sul volto ha un’espressione di diabolico trionfo. La gioia è nei suoi occhi. È tornata giovane. Il suo ultimo sguardo è scoccato come una freccia. Lord Goring si morde le labbra e accende una sigaretta.)
Sipario
4 Robert Merle nelle interessanti opere che ha dedicato a Wilde (Paris, 1948 e 1955) ha sottolineato che il gusto per il vestire era forse lo scopo della sua vita. E qui lo scrittore si sente in perfetta consonanza col personaggio a cui è affezionato (N.d.T.).