A Fragment from the Agamemnon of Aeschylos
(Lines 1140-1173)
The scene is the court-yard of the Palace at Argos. Agamemnon has already entered the House of Doom, and Clytemnestra has followed close on his heels. Cassandra is left alone upon the stage. The conscious terror of death and the burden of prophecy lie heavy upon her; terrible signs and visions greet her approach. She sees blood upon the lintel, and the smell of blood scares her, as some bird, from the door. The ghosts of the murdered children come to mourn with her. Her second sight pierces the Palace walls; she sees the fatal bath, the tramelling net, and the axe sharpened for her own ruin and her lord’s.
But not even in the hour of her last anguish is Apollo merciful; her warnings are unheeded, her prophetic utterances made mock of.
The orchestra is filled with a chorus of old men weak, foolish, irresolute. They do not believe the weird woman of mystery till the hour for help is past, and the cry of Agamemnon echoes from the house, «Oh me! I am stricken with a stroke of death.»
Chorus
Thy prophecies are but a lying tale,
For cruel gods have brought thee to this state,
And of thyself and thine own wretched fate
Sing you this song and these unhallowed lays,
Like the brown bird of grief insatiate
Crying for sorrow of its dreary days;
Crying for Itys, Itys, in the vale –
The nightingale! The nightingale!
Cassandra
Yet I would that to me they had given
The fate of that singer so clear,
Fleet wings to fly up unto heaven,
Away from all mourning and fear;
For ruin and slaughter await me – the cleaving with sword and
the spear.
Chorus
Whence come these crowding fancies on thy brain,
Sent by some god it may be, yet for naught?
Why dost thou sing with evil-tongued refrain,
Moulding thy terrors to this hideous strain
With shrill, sad cries, as if by death distraught?
Why dost thou tread that path of prophecy,
Where, upon either hand,
Landmarks for ever stand
With horrid legend for all men to see?
Cassandra
O bitter bridegroom who didst bear
Ruin to those that loved thee true!
O holy stream Scamander, where
With gentle nurturement I grew
In the first days, when life and love were new.
And now – and now – it seems that I must lie
In the dark land that never sees the sun;
Sing my sad songs of fruitless prophecy
By the black stream Cokytos that doth run
Through long, low hills of dreary Acheron.
Chorus
Ah, but thy word is clear!
Even a child among men,
Even a child might see
What is lying hidden here.
Ah! I am smitten deep
To the heart with a deadly blow
At the evil fate of the maid,
At the cry of her song of woe!
Sorrows for her to bear!
Wonders for me to hear!
Cassandra
O my poor land laid waste with flame and fire!
O ruined city overthrown by fate!
Ah, what availed the offerings of my Sire
To keep the foreign foemen from the gate!
Ah, what availed the herds of pasturing kine
To save my country from the wrath divine!
Ah, neither prayer nor priest availèd aught,
Nor the strong captains that so stoutly fought,
For the tall town lies desolate and low.
And I, the singer of this song of woe,
Know, by the fires burning in my brain,
That Death, the healer of all earthly pain,
Is close at hand! I will not shirk the blow.
Frammento dell’Agamennone di Eschilo
(Versi 1140-1173)
La scena è nel cortile della Reggia di Argo. Agamennone è già entrato nella Dimora del Fato, e Clitennestra lo ha seguito da presso. Cassandra è rimasta sola sulla scena. Il consapevole terrore della morte e il fardello della profezia le pesano; terribili segni e visioni la accolgono al suo arrivo. Vede sangue sull’architrave, e l’odore del sangue la spaventa, come un uccello, impedendole di avvicinarsi alla porta. I fantasmi dei figli assassinati vengono a dolersi con lei. La sua seconda vista fora le mura della Reggia; ella vede il bagno fatale, la rete d’intralcio, e la scure affilata per la rovina sua e del suo signore.
Ma neppure nell’ora della sua ultima angoscia Apollo le è pietoso; i suoi ammonimenti sono inascoltati, le sue affermazioni profetiche sono sbeffeggiate.
L’orchestra è riempita da un coro di vecchi deboli, sciocchi, indecisi. Essi non credono alla strana donna del mistero finché non è passata l’ora del soccorso, e dalla casa risuona il grido di Agamennone: «Ahimè! Sono colpito da un colpo mortale».
Coro
Le tue profezie non sono che un racconto menzognero,
Poiché dèi crudeli ti hanno condotto a questo stato,
E di te stessa e del tuo fato infelice
Tu canti questo canto e questi profani lai,
Come lo scuro uccello del dolore insaziato
Che piange per il dolore dei suoi cupi giorni;
Piangendo per Iti, Iti, nella valle –
L’usignolo! L’usignolo!
Cassandra
Pure vorrei che mi avessero dato
Il fato di quel cantore così limpido,
Agili ali per volare su nel cielo,
Via da ogni lutto e paura;
Poiché rovina e strage mi attendono – lo strazio con spada e
lancia.
Coro
Donde viene questa folla di fantasie al tuo cervello,
Mandate forse da qualche dio, ma per niente?
Perché canti con ritornello di lingua malvagia,
Modulando i tuoi terrori su questa odiosa melodia
Con stridule, tristi grida, come sconvolta da morte?
Perché percorri quel sentiero di profezia,
Dove, da ambo le parti,
Pietre miliari si ergono per sempre
Con orride iscrizioni mostrate a tutti gli uomini?
Cassandra
O amaro sposo che recasti
Rovina a chi ti amava davvero!
O santo fiume Scamandro, dove io
Con dolce nutrimento crebbi
Nei primi giorni, quando vita e amore erano nuovi.
E ora – e ora – sembra che debba giacere
Cantare i miei tristi canti di infruttuosa profezia
Presso il nero fiume Cocito che scorre
Per i lunghi, bassi colli del temuto Acheronte.
Coro
Ah, ma la tua parola è chiara!
Persino un bambino fra gli uomini,
Persino un bambino potrebbe vedere
Cosa giace nascosto qui.
Ah! Sono pugnalato nel profondo
Del cuore con un colpo mortale,
Per il fato maligno della fanciulla!
Per l’urlo del suo canto di dolore
Dolori per lei da sopportare!
Meraviglie per me da udire!
Cassandra
O mia povera terra devastata da fiamma e fuoco!
O distrutta città rovesciata dal fato!
Ah, a che son servite le offerte del mio Padre
Per tenere i nemici stranieri lontani dalle porte!
Ah, a che sono servite le mandrie di mucche al pascolo
Per salvare il mio paese dall’ira divina!
Ah, né preghiera né prete è servito a nulla,
Né i forti capitani che così gagliardamente combatterono,
Poiché l’alta città giace desolata e bassa.
E io, cantante di questo canto di dolore,
So, per i fuochi che mi ardono nel cervello,
Che Morte, risanatrice di ogni terrestre dolore,
È vicina! Non scanserò il colpo.