Atto II

 

Salottino in casa di Sir Robert Chiltern.

(Lord Goring, vestito all’ultimissima moda, ozia in una poltrona, Sir Robert Chiltern, in piedi davanti al caminetto, è in un evidente stato di grande tensione mentale e di sgomento. Col progredire della scena si muove sempre più nervosamente su e giù per la stanza).

 

GORING: Caro Robert, è una brutta storia. Molto brutta davvero. Avresti dovuto dire tutto a tua moglie. I segreti con le mogli degli altri sono un lusso necessario alla vita moderna: così almeno mi dicono al circolo quelli che sono abbastanza anziani per saperne più di me. Ma nessuno dovrebbe nascondere la minima cosa alla propria metà, tanto lei immancabilmente finisce con lo scoprirla. Le donne hanno un intuito meraviglioso. Scoprono proprio tutto, meno le cose evidenti.

ROBERT: Non avrei potuto dirlo a mia moglie. Quando potevo dirglielo? Ieri sera proprio non era il caso. Saremmo arrivati a una separazione definitiva tra noi e avrei perduto l’affetto della sola donna di cui sono stato innamorato. No, iersera sarebbe stato impossibile. Lei si sarebbe allontanata da me con orrore... con orrore e disprezzo.

GORING: Lady Chiltern è dunque una donna perfetta?

ROBERT: Sì, mia moglie lo è.

GORING (togliendosi il guanto sinistro): Che peccato! Scusami, Robert, non volevo dir niente di offensivo. Ma se quello che affermi è vero, mi piacerebbe parlare della vita con Lady Chiltern.

ROBERT: Sarebbe assolutamente inutile.

GORING: Posso tentare?

ROBERT: Sì, ma niente le farà mutare idea.

GORING: Nella peggiore delle ipotesi sarà stato un esperimento di psicologia.

ROBERT: Sono esperimenti pericolosi.

GORING: Il pericolo c’è in ogni cosa, mio caro. Se così non fosse, non varrebbe la pena di vivere. Devo dirti che secondo me avresti dovuto dirglielo qualche anno fa.

ROBERT: Quando? Quand’eravamo fidanzati? Credi che m’avrebbe sposato se avesse saputo che questa è stata l’origine della mia fortuna e la base della mia carriera? se avesse saputo che avevo commesso un’azione che secondo molti è vergognosa e disonorevole?

GORING (lentamente): Sì, non c’è dubbio che quasi tutti gli uomini si esprimerebbero in questi termini.

ROBERT: Quegli stessi uomini che ogni giorno commettono azioni simili. O che hanno segreti anche più terribili nella loro vita.

GORING: Questa è la ragione che li rende felici quando scoprono i segreti degli altri. Così i loro sfuggono all’attenzione della gente.

ROBERT: E dopo tutto chi ho danneggiato? Nessuno!

GORING (fissandolo): Eccetto te stesso, Robert.

ROBERT (dopo una pausa): Avevo avuto informazioni riservatissime su una certa trattativa progettata dal Governo di allora, e ho agito di conseguenza. Le informazioni segrete sono praticamente alla base di qualsiasi speculazione odierna.

GORING (battendo il bastone su una scarpa): E l’invariabile risultato è uno scandalo pubblico.

ROBERT: Anche tu credi che quello che ho fatto diciotto anni fa si dovrebbe rivolgere adesso contro di me? Ti par giusto che tutta la carriera d’un uomo venga rovinata per un errore di gioventù? Avevo ventidue anni allora e il doppio svantaggio d’esser nato in una buona famiglia e di esser povero: due cose che nessuno ti perdona al giorno d’oggi. È giusto che una debolezza, uno sbaglio di gioventù – se proprio vogliamo considerarlo uno sbaglio – conduca alla rovina una vita come la mia, mi faccia mettere alla gogna, mandi in frantumi tutto quello per cui ho lavorato, tutto quello che ho costruito? È giusto, Arthur?

GORING: La vita non è mai giusta. E forse è meglio che non lo sia per la maggior parte di noi.

ROBERT: Ogni uomo con un po’ d’ambizione deve combattere contro il secolo in cui vive con le sue stesse armi. Questo secolo adora la ricchezza. Il dio del secolo è la ricchezza. Per aver successo bisogna esser ricchi. Bisogna esserlo a tutti i costi.

GORING: Tu ti sottovaluti. Credimi, saresti arrivato dove sei anche senza la tua ricchezza.

ROBERT: Forse, ma solo in vecchiaia. Solo quando avessi perduto la mia sete di potere o non avessi più potuto usarlo. Quando fossi diventato un vecchio stanco, sfinito e deluso. Io volevo il successo mentre ero ancora giovane. La giovinezza è il tempo del successo. Non potevo aspettare.

GORING: E va bene: hai raggiunto il successo mentre eri ancora molto giovane. Non c’è nessuno, oggi, che abbia avuto una carriera brillante come la tua: Sottosegretario agli Esteri a quarant’anni... chiunque ne sarebbe soddisfatto, posso ben dirlo.

ROBERT: E se adesso tutto mi fosse tolto? Se perdessi tutto a causa di questo terribile scandalo? Se venissi estromesso dalla vita pubblica?

GORING: Robert, come hai potuto venderti per denaro?

ROBERT (con violenza): Non mi sono venduto per denaro! Ho comprato il successo a un prezzo molto alto, ecco tutto.

GORING (con gravità): Sì, certo l’hai comprato a un prezzo altissimo. E chi ti ha suggerito di fare una cosa simile?

ROBERT: Il barone Arnheim.

GORING: Quel mascalzone!

ROBERT: No, era un uomo di grande intelligenza, acuto e raffinatissimo. Un uomo colto, aristocratico e affascinante. L’uomo più complesso e geniale che abbia mai conosciuto.

GORING: Le mie preferenze rimangono per gli stupidi che sono però onesti. In favore della stupidità ci sono molte cose da dire, molte di più di quanto si pensi. Personalmente ammiro enormemente gli stupidi. Forse per un sentimento di fratellanza. Ma come fece ad affascinarti? Raccontami tutto per disteso.

ROBERT (lasciandosi cadere su una poltrona che è accanto allo scrittoio): Una sera, dopo una cena nella casa di lord Radley, il barone cominciò a parlare del successo nella vita d’oggi come di qualcosa che poteva ridursi in termini d’una scienza esatta. Con quella sua voce sicura e insinuante, mi chiarì la più terribile delle filosofie, la filosofia del potere; predicò il più meraviglioso dei vangeli, il vangelo dell’oro. Si accorse sicuramente dell’effetto che aveva avuto su me, perché qualche giorno dopo mi scrisse invitandomi ad andare a trovarlo. Abitava allora in Park Lane nella casa che ora è di proprietà di Lord Woolcombe. Ricordo benissimo che con un misterioso sorriso sulle pallide labbra arcuate mi fece vedere la sua straordinaria pinacoteca, i suoi arazzi, la collezione di smalti, i suoi gioielli e gli avori intagliati. Mi incantò con l’arcana grazia del lusso in cui viveva e poi mi disse che il lusso non era che lo sfondo, uno scenario dipinto da teatro, mentre il potere, il potere sugli altri uomini, il potere sul mondo era la sola cosa per la quale valeva la pena di vivere, il piacere supremo che bisognava conoscere, la sola gioia di cui non ci si stanca mai. Nel nostro secolo solamente i ricchi potevano possederlo.

GORING (con decisione): Tutta una concezione decisamente superficiale.

ROBERT (alzandosi): Allora non la pensavo così. E non lo penso nemmeno oggi. La ricchezza mi ha dato un potere enorme. All’inizio della carriera mi ha dato la libertà, e la libertà è tutto. Tu non sei mai stato povero e non conosci cos’è l’ambizione. Non puoi capire quale meravigliosa occasione mi abbia offerto il barone. Un’occasione che si presenta a ben pochi uomini.

GORING: Per loro fortuna, a giudicare dai risultati. Ma dimmi con precisione in che modo il barone riuscì a persuaderti alla fine a... sì, insomma, a fare quel che hai fatto.

ROBERT: Quando stavo per congedarmi, mi disse che se mai avessi potuto dargli qualche informazione segreta veramente preziosa, avrebbe fatto di me un uomo ricchissimo. Sono stato abbagliato dalla prospettiva che aveva fatto balenare davanti ai miei occhi. A quei tempi la mia ambizione, la mia sete di potere non avevano limiti. Sei settimane più tardi alcuni documenti riservatissimi passarono tra le mie mani.

GORING (con lo sguardo fisso al tappeto): Documenti di Stato?

ROBERT: Sì.

GORING (sospira, poi si passa una mano sulla fronte e guardandolo): Tu sei l’ultimo uomo tra tutti quelli che conosco, che avrei creduto tanto debole da cedere alle tentazioni che il barone ti prospettava.

ROBERT: Debole? Oh, no, sono stanco di sentir ripetere questa favola! E stanco di adoperarla per gli altri. Debole! Credi veramente che sia la debolezza quella che ci fa cedere alle tentazioni? Ti dico che esistono tentazioni tanto pericolose che per cedere a esse occorrono coraggio e audacia. Giocare la propria vita in un solo momento, rischiare tutto su un solo lancio di dadi che abbia per posta il piacere o il potere, no, questo non è un segno di debolezza! Ci vuole un coraggio terribile. E io lo ebbi. Quel pomeriggio stesso scrissi al barone Arnheim la lettera che adesso è nelle mani di quella donna. L’operazione fece guadagnare a lui settecentocinquantamila sterline.

GORING: E a te?

ROBERT: Io ne ricevetti centodiecimila dal barone.

GORING: Valevi di più, Robert.

ROBERT: No. Quel denaro mi dette quanto desideravo: il potere sugli altri. Entrai subito alla Camera. Il barone di tanto in tanto mi dava qualche consiglio in materia finanziaria. Lo confesso, continuavamo a vederci spesso, in segreto. In meno di cinque anni avevo quasi triplicato il mio patrimonio. Da allora ogni mia iniziativa ha avuto successo. In tutte le questioni economiche ho avuto una tale fortuna che qualche volta io stesso avevo paura. Mi ricordo d’aver letto in un curioso libro di cui non ricordo il titolo che quando gli dèi vogliono punirti cominciano a esaudire ogni tuo desiderio.

GORING: Dimmi, hai mai provato rimorsi per quelle azioni?

ROBERT: No. Ho sempre sentito che così avevo combattuto la mia epoca con le sue stesse armi e avevo vinto.

GORING (con lieve tristezza): Credevi di aver vinto.

ROBERT: Già, credevo. (Dopo una lunga pausa): Arthur, mi disprezzi per quel che ti ho raccontato?

GORING (con profondo sentimento): Sono dispiaciuto per te. E molto.

ROBERT: Non posso dire d’aver provato rimorsi. Non ne ho provati. O almeno non nel senso comune e piuttosto superficiale che si dà a questa parola. Ma molte volte ho cercato di liberarmi di quel denaro. Avevo la speranza un po’ folle di sfuggire al mio destino. Da allora ho distribuito in beneficenza più del doppio della somma che avevo ricevuto dal barone Arnheim.

GORING (guardandolo): In beneficenza? Ahi, ahi! Quanti altri torti devi aver fatto!

ROBERT: Non dirlo! Non parlare così.

GORING: Non far caso a quello che dico. Io dico sempre quello che non dovrei. Di solito, infatti, dico sempre quello che penso. Un grande errore al giorno d’oggi. Si corre il rischio d’essere capiti. Per quanto concerne questo brutt’affare, ti aiuterò in tutto quel che posso, lo sai.

ROBERT: Grazie, Arthur. Ma che cosa si può fare?

GORING (appoggiandosi allo schienale della poltrona, le mani in tasca): Sai che gli inglesi non possono sopportare un uomo che proclama d’aver sempre ragione, però è anche vero che è loro gradito un uomo che ammette d’aver avuto torto. È una delle loro qualità migliori. Però nel tuo caso una confessione non servirebbe a niente. Il denaro, se mi permetti di dirlo, è... imbarazzante. E poi se facessi una confessione completa non saresti mai più in condizione di poter parlare di moralità. E in Inghilterra un uomo che non può parlare di moralità almeno due volte alla settimana davanti a un largo pubblico popolare, quanto immorale, non è più preso sul serio come uomo politico. Non gli resta che darsi alla Botanica o alla Chiesa. Una confessione dunque non ti sarebbe d’alcuna utilità; anzi, sarebbe la tua rovina.

ROBERT: Sarebbe la mia rovina, Arthur. Non mi resta che combattere sino in fondo.

GORING (alzandosi): Aspettavo che lo dicessi. Adesso è la sola cosa da fare. Comincia col raccontare tutto a tua moglie.

ROBERT: Questo non lo farò mai.

GORING: Credimi, Robert: hai torto.

ROBERT: Non posso farlo. Ucciderei il suo amore per me. Parliamo piuttosto di quella donna, di Mrs. Cheveley. Come posso difendermi dalle sue accuse? Da quanto ho veduto, tu la conoscevi già.

GORING: Sì.

ROBERT: La conoscevi bene?

GORING (aggiustandosi la cravatta): Piuttosto. Siamo stati quasi fidanzati quando ero in casa dei Tenby. Tutto durò tre giorni... o quasi.

ROBERT: E perché andò tutto a monte?

GORING (con disinvoltura): Non me lo ricordo più. E non ha importanza. A proposito: hai tentato di offrirle dei soldi? Una volta ne era tremendamente avida.

ROBERT: Le ho offerto qualsiasi somma. Ha rifiutato.

GORING: Questo significa che certe volte fallisce anche il meraviglioso vangelo dell’oro. I ricchi quindi non possono avere tutto.

ROBERT: No, non tutto, hai ragione. Sento che una vergogna pubblica incombe sopra di me. Lo sento con certezza. Non sono mai stato un uomo pauroso finora. Ora lo sono. È come se una mano di ghiaccio mi stringesse il cuore. È come se il cuore rallentasse i suoi battiti fino a morire in una vuota cavità.

GORING (dando un colpo sul tavolo): Robert, devi combattere quella donna. Devi farlo!

ROBERT: Ma come?

GORING: Adesso non saprei dirtelo; non ne ho la minima idea. Ma in ognuno di noi c’è un punto debole, un tallone d’Achille. (Si dirige al caminetto e si guarda nello specchio.) Mio padre dice che anche io ho le mie colpe. Forse è vero. Non lo so di preciso.

ROBERT: Nel difendermi contro Mrs. Cheveley non credi che abbia il diritto d’usare qualsiasi arma?

GORING (sempre osservandosi allo specchio): Al tuo posto non avrei scrupoli di sorta. È una donna ben capace di difendersi.

ROBERT (seduto al tavolo e accingendosi a scrivere): Allora manderò un telegramma cifrato alla nostra ambasciata a Vienna per indagare sul suo conto. Potrebbe esserci qualche scandalo segreto che potrebbe spaventarla con la minaccia della rivelazione.

GORING (aggiustandosi un fiore all’occhiello): Io penso che Mrs. Cheveley sia una di quelle signore del nostro tempo a cui uno scandalo si addice come un cappellino nuovo e che ogni pomeriggio alle cinque e mezzo si pavoneggiano con entrambi nel Parco. Sono certo che gli scandali le piacciono e che adesso il suo maggior rammarico è di non poterne suscitare abbastanza.

ROBERT (scrivendo): Perché dici queste cose?

GORING (volgendosi verso di lui): Ecco: ieri sera era troppo truccata e troppo scollata. Due sintomi inequivocabili di disperazione in una donna.

ROBERT (suonando il campanello): Vale comunque la pena che telegrafi a Vienna, non trovi?

GORING: Val sempre la pena di fare una domanda, anche se non sempre vale la pena di ottenere una risposta.

(Entra Mason.)

ROBERT: Il signor Trefford è nella sua stanza?

MASON: Sì, Sir Robert.

ROBERT (mettendo quel che ha scritto in una busta e chiudendola con cura): Digli di telegrafare subito quanto ho scritto in linguaggio cifrato. Non dev’esserci nemmeno un attimo di ritardo.

MASON: Sì, Sir Robert.

ROBERT: Aspettate. Ridatemela un attimo.

(Scrive qualcosa sulla busta; Mason esce con la lettera.) Deve aver avuto una strana influenza sul barone Arnheim. Mi chiedo a che cosa fosse dovuta.

GORING (sorridendo): E chi lo sa?

ROBERT: La combatterò fino alla morte, sperando che mia moglie non venga a sapere nulla.

GORING (con forza): Devi combattere in ogni caso. In ogni caso.

ROBERT (con un gesto di disperazione): Se mia moglie venisse a sapere, mi rimarrebbe ben poco per cui combattere. Ti informerò su quel che avrò saputo da Vienna. Sarebbe proprio un caso, ma io ci spero. E come ho combattuto la nostra epoca con le sue stesse armi, allo stesso modo combatterò contro quella donna. Mi sembra giusto. Non credi che lei debba avere un passato?

GORING: Quasi tutte le belle donne hanno un passato. Ma c’è una moda per il passato come per i vestiti. Forse anche il passato di quella signora è un po’ troppo scollacciato, ma questa è l’ultima moda al giorno d’oggi. Caro Robert, io non avrei tante speranze di riuscire a spaventare Mrs. Cheveley. Non riesco a figurarmela come una donna facilmente impressionabile. È riuscita a giocare tutti i suoi creditori, dimostrando una presenza di spirito straordinaria.

ROBERT: Oh, adesso io vivo di speranze. Mi attacco disperatamente a qualsiasi possibilità. Sono come un passeggero su una nave che affonda. L’acqua già m’arriva alle caviglie e persino l’aria minaccia tempeste. Taci! Sento la voce di mia moglie.

(Entra Lady Chiltern in abito da passeggio.)

LADY CHILTERN: Buongiorno, Lord Goring.

GORING: Buongiorno, Lady Chiltern. Siete stata al Parco?

LADY CHILTERN: No, vengo dalla Associazione Liberale Femminile, dove il tuo nome, Robert, è stato accolto da una vera ovazione. Sono tornata a casa per prendere il tè. (A Lord Goring): Volete fermarvi a prenderlo con noi?

GORING: Grazie, sì, mi fermerò un po’.

LADY CHILTERN: Torno subito. Vado a togliermi il cappello.

GORING (con simpatia): Vi prego di non farlo. È così grazioso! Uno dei più sensazionali cappellini che abbia mai veduto! Spero che l’Associazione Liberale Femminile abbia accolto anche lui con un’ovazione.

LADY CHILTERN (sorridendo): Abbiamo cose ben più importanti da fare che osservarci i cappellini, Lord Goring.

GORING: Davvero? Che sorta di cose?

LADY CHILTERN: Oh! Cose deliziosamente utili e noiose. Leggi industriali. Ispettorato dei diritti della donna. La legge delle otto ore lavorative, quella dell’immunità parlamentare... Tutto quel che a voi sembrerebbe assolutamente privo d’interesse.

GORING: E non vi occupate mai di cappellini?

LADY CHILTERN (con finta indignazione): Mai! Mai! (Esce per la porta che conduce al suo guardaroba.)

ROBERT (stringendo una mano a Lord Goring): Sei stato un buon amico, Arthur: davvero un grande amico per me.

GORING: Non mi sembra d’aver fatto nulla per te, sinora. Proprio nulla. Anzi, sono piuttoso deluso sul conto mio.

ROBERT: Mi hai messo in condizione di dirti la verità. È già abbastanza: mi sentivo soffocare.

GORING: Ah! la verità è una virtù di cui cerco di far a meno appena posso. Fra parentesi: è solo una cattiva abitudine. Al circolo ti rende piuttosto impopolare tra i soci anziani. Loro la chiamano presunzione, e probabilmente hanno ragione.

ROBERT: Volesse Iddio che fossi stato capace di dire la verità, di vivere secondo la verità. (Sospira e s’avvia verso la porta.) Ti rivedrò presto, non è vero?

GORING: Certamente. Quando vorrai. Andrò a fare una capatina al Ballo degli Scapoli questa sera, a meno che non mi capiti di fare qualcosa di meglio. Ma tornerò qui domattina; se per caso hai bisogno di me stasera, mandami un biglietto a Curzon Street.

ROBERT: Ti ringrazio.

(Mentre Sir Robert è presso la porta, rientra Lady Chiltern.)

LADY CHILTERN: Te ne vai, Robert?

ROBERT: Devo scrivere qualche lettera.

LADY CHILTERN (avvicinandosi a lui): Tu lavori troppo, non pensi mai a te stesso e hai un aspetto molto stanco.

ROBERT: Non è niente, cara: niente. (La bacia ed esce.)

LADY CHILTERN (a Lord Goring): Sedetevi, vi prego. Sono così contenta che siate venuto! Vorrei parlarvi... Non di cappellini e nemmeno dell’Associazione Liberale Femminile. Vi interessa troppo il primo argomento e troppo poco il secondo.

GORING: Volete parlarmi di Mrs. Cheveley. Non è vero?

LADY CHILTERN: Sì, avete indovinato. Dopo che voi ve ne siete andato iersera, ho scoperto che quanto aveva detto era proprio vero. Naturalmente ho fatto subito scrivere da Robert una lettera con cui ritirava la sua promessa.

GORING: È quel che m’ha detto lui stesso.

LADY CHILTERN: Se l’avesse mantenuta avrebbe macchiato per la prima volta una carriera rimasta sempre al di sopra di ogni sospetto. Robert dev’essere superiore a qualsiasi rimprovero. Lui non è come gli altri, non può permettersi di fare certe azioni che gli altri compiono. (Osserva Lord Goring, che è rimasto in silenzio.) Non siete d’accordo con me? Voi siete il miglior amico di Robert, il nostro miglior amico. All’infuori di me nessuno conosce Robert meglio di voi. Non ha segreti per me e credo non ne abbia per voi.

GORING: Sì, certo non ha segreti per me. Almeno lo credo.

LADY CHILTERN: E allora? Non ho ragione di giudicarlo così? Penso di sì, ma vorrei conoscere la vostra opinione.

GORING (guardandola con intensità): In tutta franchezza?

LADY CHILTERN: Certo. Non avete niente da nascondere, credo.

GORING: Niente. Osservo però che nella vita pratica...

LADY CHILTERN (sorridendo): Della quale conoscete ben poco...

GORING: ...della quale non conosco nulla per esperienza diretta, benché ne sappia qualcosa per spirito d’osservazione; ecco, credo che nella vita pratica il successo, quello vero, abbia per sua natura qualcosa che supera gli scrupoli comuni così come li supera ogni ambizione umana. Una volta che un uomo abbia deciso con tutta l’anima d’arrivare in alto, se è costretto ad arrampicarsi, si arrampica; se deve camminare nel fango...

LADY CHILTERN: Avanti!

GORING: ...cammina nel fango. Naturalmente parlo della vita così, genericamente.

LADY CHILTERN (con gravità): Lo spero. Perché mi guardate in modo tanto strano?

GORING: Ho pensato qualche volta che voi siete un po’ troppo rigida in qualche vostra opinione sulla vita. Credo che spesso voi non siate abbastanza indulgente. In ogni essere umano c’è qualche debolezza... o peggio. Supponiamo, ad esempio, che un qualsiasi uomo politico – mio padre, Robert, Lord Merton... – abbia scritto anni fa una lettera imprudente a qualcuno...

LADY CHILTERN: Che cosa intendete come lettera imprudente?

GORING: Una lettera che potrebbe compromettere seriamente la posizione di chi l’ha scritta. È un caso immaginario...

LADY CHILTERN: Robert è incapace di commettere imprudenze, così come è incapace di commettere ingiustizie.

GORING (dopo una lunga pausa): Nessuno può esser certo di non commettere imprudenze o ingiustizie.

LADY CHILTERN: Siete un pessimista? Cosa direbbero gli altri «dandies»? Finiranno col prendere il lutto!

GORING (alzandosi): No, Lady Chiltern, non sono un pessimista. A dire la verità non sono nemmeno certo di sapere che cosa significa veramente la parola pessimismo. Tutto quel che so è che non si può capire la vita senza una buona dose di spirito di carità e che non si può viverla senza di esso. È l’amore, non la filosofia tedesca, a dare la vera spiegazione di questo mondo, quale che sia la spiegazione scelta per l’altro mondo, quello al di sopra di noi 3. E se doveste trovarvi in difficoltà, fidatevi di me, Lady Chiltern: vi aiuterò in ogni modo possibile. Venite a chiedere il mio aiuto, e l’avrete. Venite subito da me.

LADY CHILTERN (guardandolo, sorpresa): State parlando proprio sul serio. Non mi pare di avervi mai sentito parlare con tanto calore prima di oggi.

GORING (ridendo): Dovete scusarmi. Non accadrà più, se potrò farne a meno.

LADY CHILTERN: Ma mi piacete quando siete serio.

(Entra Mabel Chiltern con un vestito delizioso.)

MABEL CHILTERN: Cara Gertrude, non dire queste cose spaventose a Lord Goring. La serietà non gli si addice. Buongiorno, Lord Goring: vi prego siate più frivolo che potete.

GORING: Mi piacerebbe esserlo, ma purtroppo stamattina... sono fuori esercizio e poi... è arrivato il momento in cui debbo andarmene.

MABEL CHILTERN: Proprio ora che sono entrata io! Che maniere orribili! Siete stato educato molto male!

GORING: Infatti.

MABEL CHILTERN: Vorrei avervi educato io!

GORING: Peccato che non l’abbiate fatto!

MABEL CHILTERN: Immagino che adesso sarebbe troppo tardi!

GORING (sorridendo): Non ne sono tanto sicuro.

MABEL CHILTERN: Domattina andrete a cavallo?

GORING: Sì, alle dieci.

MABEL CHILTERN: Non dimenticatevene.

GORING: No di sicuro. A proposito, Lady Chiltern, non c’è l’elenco dei vostri ospiti sul Morning Post di oggi. Evidentemente ha dovuto far posto al Consiglio provinciale o alla conferenza di Lambeth o a qualche altra notizia egualmente noiosa. Potreste farmi avere quell’elenco? Ho un motivo speciale per domandarvelo.

LADY CHILTERN: Ma sicuro. Il segretario, il signor Trafford ve ne darà uno.

GORING: Tante grazie.

MABEL CHILTERN: Tommy è la persona più utile di Londra.

GORING (volgendosi verso di lei): E chi ne è il più bell’ornamento?

MABEL CHILTERN (con aria di trionfo): Io!

GORING (prendendo il cappello e il bastone): Brava! Arrivederci, Lady Chiltern. Ricordatevi di quel che vi ho detto.

LADY CHILTERN: Sì, ma non ne conosco il motivo.

GORING: Forse non lo so neanch’io. Arrivederci, Miss Mabel!

MABEL CHILTERN (con una smorfietta di disappunto): Vorrei che non andaste via. Stamattina ho avuto quattro avventure davvero straordinarie, anzi quattro e mezza. Potreste fermarvi ad ascoltarne qualcuna.

GORING: Un bell’egoismo il vostro! Quattro avventure e mezza! Cosa resterà per me?

MABEL CHILTERN: Nessuna avventura per voi. Non vi farebbe bene!

GORING: Questa è la prima impertinenza che mi avete detto da quando ci conosciamo! Ma con quale grazia l’avete detta! A domani, alle dieci.

MABEL CHILTERN: Esatte!

GORING: Esattissime. Ma non portate con voi Tommy Trafford.

MABEL CHILTERN (scuotendo la testa): Sicuramente non me lo porterò dietro! Tommy è in completa disgrazia.

GORING: Come sono lieto di sentirvelo dire! (Si inchina ed esce.)

MABEL CHILTERN: Gertrude, vorrei che parlassi a Tommy.

LADY CHILTERN: Che cosa ha commesso questa volta il povero Trafford? Robert dice che è il miglior segretario che abbia mai avuto.

MABEL CHILTERN: Tommy m’ha chiesto ancora una volta di sposarlo. Non sa fare altro. Mi ha chiesto di sposarlo ieri sera nella sala da musica e non potevo difendermi perché suonava un trio fragorosissimo. Inutile che ti dica che non ho avuto il coraggio di rispondergli per le rime. Se l’avessi fatto la musica si sarebbe subito interrotta. Questi musicisti sono così irragionevoli! Vorrebbero che uno fosse muto proprio quando lui vorrebbe esser sordo! Poi ha ripetuto la domanda alla luce del giorno davanti a quell’orrenda statua di Achille. Quel che accade davanti a quell’opera d’arte è davvero straziante. La polizia dovrebbe intervenire. A colazione, dallo scintillio dei suoi occhi ho intuito che era sul punto di chiedermi ancora di sposarlo e ho fatto appena in tempo a frenarlo assicurandolo che sono bimetallista. Per mia fortuna non so cosa significhi questa parola. E non credo che lo sappia nessuno. Ma la mia dichiarazione lo ha fatto star zitto per dieci minuti. Aveva un’aria proprio disgustata. E poi le dichiarazioni di Tommy sono così noiose! Se almeno le facesse a voce alta, ci passerei sopra. Almeno sul pubblico avrebbe un certo effetto. Ma lui le fa in un modo schifosamente confidenziale. Quando vuol essere romantico parla come un medico. Io voglio bene a Tommy, ma i suoi sistemi di chiedermi in moglie sono troppo antiquati. Vorrei che tu gli parlassi dicendogli che una domanda di matrimonio va fatta al massimo una volta a settimana e sempre in modo da attirare l’attenzione della gente.

LADY CHILTERN: Non parlare così, Mabel! E poi Robert stima enormemente il signor Trafford. È convinto che avrà un grande avvenire.

MABEL CHILTERN: Non vorrei sposare un uomo con un grande avvenire per tutto l’oro del mondo!

LADY CHILTERN: Mabel!

MABEL CHILTERN: Lo so, cara tu hai sposato un uomo che aveva un avvenire davanti a lui e quale avvenire! Ma Robert era un genio e tu hai una natura nobile capace di ogni sacrificio. I geni, tu riesci a sopportarli. Io non ho il tuo carattere e mio fratello è il solo genio che ho potuto tollerare. Ritengo tutti gli altri assolutamente impossibili. Non credi che parlino troppo? Che brutta abitudine! E non pensano che a loro stessi, mentre io vorrei che pensassero a me. Adesso devo andare da Lady Basildon per la prova della recita di beneficenza. Ti ricordi che dobbiamo fare i quadri viventi? Il Trionfo di qualche cosa... non mi ricordo più di che. Spero che sia il mio trionfo. In questo momento m’interessa solo di trionfare. (Bacia Lady Chiltern ed esce, ma ritorna subito indietro di corsa.) Oh, Gertrude, sai chi sta venendo da te? Quell’odiosa Mrs. Cheveley, e con un meraviglioso vestito. L’hai invitata tu?

LADY CHILTERN (alzandosi): Lei? Viene a trovarmi? Impossibile!

MABEL CHILTERN: Ti assicuro che sta salendo le scale. Sembra la padrona del mondo e ci tiene a farlo vedere.

LADY CHILTERN: Non importa che tu rimanga, Mabel. Ricordati che Lady Basildon ti sta aspettando.

MABEL CHILTERN: Voglio salutare Lady Markby. È deliziosa e mi piace tanto essere sgridata da lei.

(Entra Mason.)

MASON: Lady Markby. Mrs. Cheveley.

(Entrano Lady Markby e Mistress Cheveley.)

LADY CHILTERN (andando loro incontro): Cara Lady Markby, come siete stata gentile a venirmi a trovare! (Le stringe la mano e fa solo un piccolo cenno del capo a Mrs. Cheveley.) Volete accomodarvi, Mrs. Cheveley?

MRS. CHEVELEY: Grazie. (Accennando a Mabel Chiltern): È Miss Chiltern? Sarei tanto lieta di far la sua conoscenza.

LADY CHILTERN: Mabel, Mrs. Cheveley desidera conoscerti. (Mabel Chiltern risponde con un piccolo cenno del capo.)

MRS. CHEVELEY (sedendosi): Il vestito che avevate ieri sera era molto grazioso, Miss Chiltern. Così semplice e... adatto a voi.

MABEL CHILTERN: Davvero? Lo dirò alla mia sarta. Le farà molto piacere. Arrivederci, Lady Markby.

LADY MARKBY: Vai già via?

MABEL CHILTERN: Mi dispiace, ma devo andar via. Stavo già uscendo per la prova dei quadri viventi: in uno dovrò stare a testa in giù!

LADY MARKBY: A testa in giù, bambina? Spero di no: potrebbe esser nocivo alla tua salute! (Prende posto sul divano accanto a Lady Chiltern.)

MABEL CHILTERN: Ma è per un importantissimo motivo umanitario. Per aiutare gli Immeritevoli, le sole persone che m’interessano. Io sono la segretaria e Tommy Trafford il tesoriere.

MRS. CHEVELEY: E che cos’è Lord Goring?

MABEL CHILTERN: Lui è il nostro presidente.

MRS. CHEVELEY: Proprio il posto adatto a lui, se non è peggiorato da quando l’ho conosciuto.

LADY MARKBY (riflettendo): Sei veramente una ragazza moderna, Mabel. Forse anche un po’ troppo. Non c’è niente di più pericoloso che esser troppo moderni. Si corre il rischio di passare di moda da un giorno all’altro. Ho conosciuto parecchi casi di questo genere.

MABEL CHILTERN: Una bruttissima prospettiva!

LADY MARKBY: Non t’impressionare, cara. Tu sarai sempre quanto più graziosa è possibile: è la miglior moda che esista, anzi l’unica che l’Inghilterra riesca a lanciare.

MABEL CHILTERN (con una riverenza): Mille grazie per l’Inghilterra... e per me. (Esce.)

LADY MARKBY (a Lady Chiltern): Cara Gertrude, siamo venute soprattutto per sapere se è stata ritrovata la spilla di brillanti di Mrs. Cheveley.

LADY CHILTERN: In casa mia?

MRS. CHEVELEY: Sì, mi sono accorta di non averla quando sono rientrata al Claridge e ho pensato che probabilmente l’avevo perduta qui da voi.

LADY CHILTERN: Non ne ho sentito dir niente... ma chiamerò il maggiordomo e chiederemo a lui. (Suona il campanello.)

MRS. CHEVELEY: Non disturbatevi: può darsi che l’abbia smarrita all’Opera, prima di venir qui.

LADY MARKBY: È probabile che l’abbiate perduta all’Opera. Il fatto è che al giorno d’oggi non facciamo che urtarci e spingerci reciprocamente; ci si meraviglia se alla fine d’una serata c’è ancora rimasta qualcosa addosso. Io stessa, quando torno da un ricevimento, ho l’impressione di non aver più un filo su di me, tranne forse quel filino di buona reputazione appena sufficiente a impedire che la plebe mi lanci le sue preoccupanti considerazioni attraverso i finestrini della carrozza. Il fatto è che la nostra società è sovrappopolata. Bisognerebbe davvero che qualcuno preparasse un piano di emigrazione in piena regola. Sarebbe la cosa migliore per tutti.

MRS. CHEVELEY: Sono perfettamente d’accordo con voi, Lady Markby. Io non venivo a Londra da sei anni e devo dire che la buona società è diventata orribilmente promiscua. Si vedono dappertutto le persone più strane.

LADY MARKBY: È verissimo, cara. Ma non è necessario farne la conoscenza. Della gente che viene in casa mia son certa di conoscerne soltanto la metà. E da quel che sento non mi piacerebbe conoscere gli altri.

(Entra Mason.)

LADY CHILTERN: Com’è la spilla che avete perduto, Mrs. Cheveley?

MRS. CHEVELEY: Ha la forma d’un serpente in brillanti, con un rubino piuttosto grande.

LADY MARKBY: Mi sembrava aveste detto che c’era uno zaffiro sulla testa.

MRS. CHEVELEY: No, Lady Markby. Un rubino.

LADY MARKBY (annuendo): E vi stava assai bene, devo dire.

LADY CHILTERN: Mason, è stata ritrovata una spilla di brillanti con un rubino questa mattina?

MASON: No, Milady.

MRS. CHEVELEY: Non ha veramente alcuna importanza. Sono spiacente di avervi arrecato disturbo.

LADY CHILTERN (con freddezza): Nessun disturbo. Potete andare, Mason, e portarci il tè. (Mason esce.)

LADY MARKBY: Devo dire che perdere qualcosa è una seccatura. Anni fa mi ricordo d’aver perduto a Bath nella sala delle docce uno splendido braccialetto di cammei che Sir John mi aveva regalato. Mi dispiace dover dire che credo non m’abbia più regalato niente da quella volta. È peggiorato in un modo! Quella orrenda Camera dei Comuni rovina completamente i nostri mariti: rappresenta senza dubbio il più grave colpo inferto alla felicità coniugale, da quando è stata inventata quella cosa terribile che chiamano Educazione femminile paritaria.

LADY CHILTERN: Ah! Parlare così in questa casa è una vera eresia. Lady Markby, Robert è un sostenitore accanito dell’Educazione femminile paritaria, e temo di esserlo anch’io.

MRS. CHEVELEY: Io preferirei che si pensasse a una Educazione maschile: gli uomini ne hanno proprio bisogno.

LADY MARKBY: Questo è vero. Ma ho forti dubbi sulla praticità di un progetto del genere. Non credo che l’uomo sia suscettibile di una nuova evoluzione. Poverino, è arrivato fin dove ha potuto, e cioè non molto lontano, vero? Per quanto riguarda le donne, voi, cara Gertrude, appartenete alla generazione moderna. Se l’approvate voi, son sicura che va tutto bene. Ai miei tempi invece insegnavano a noi donne a non capir mai niente di niente. Questo era il vecchio sistema di educazione, ed era straordinariamente interessante. Vi assicuro che il numero delle cose che avevano insegnato a non capire a me e a mia sorella era assolutamente smisurato. Ma le donne moderne capiscono tutto, mi dicono.

MRS. CHEVELEY: Eccetto i loro mariti. È l’unica cosa che le donne moderne non capiscono mai.

LADY MARKBY: Per conto mio, meglio così. Molte unioni felici finirebbero male, se le donne capissero i loro mariti. Non parlo del vostro... è inutile dirlo, Gertrude. Voi avete sposato il marito ideale. Ma da quando il mio ha cominciato a frequentare regolarmente le sedute parlamentari, cosa che nel buon tempo antico non faceva mai, il suo modo di parlare è diventato inascoltabile. Gli sembra sempre di parlare alla Camera, cosicché quando discute sulla condizione dei lavoratori agricoli o della Chiesa Gallese, o di qualche altra cosa egualmente sconveniente, sono costretta a mandare tutta la servitù fuori dalla stanza. Non è piacevole vedere il maggiordomo, al nostro servizio da ventitré anni, che arrossisce vicino al trumò e i camerieri che si contorcono dalle risa come se fossero al circo al numero dei pagliacci. Vi assicuro che la mia esistenza sarà rovinata se non mandano d’urgenza il mio John alla Camera Alta. Allora la smetterà di interessarsi di politica. Alla Camera dei Lord hanno tutti buonsenso: è una vera assemblea di gentiluomini. Ma così come stanno le cose adesso, Sir John è una vera croce per me. Non più tardi di stamattina, avevamo appena cominciato a far colazione quando lui s’è messo in piedi davanti al caminetto con le mani in tasca per fare un appello alla Nazione con quanto fiato aveva in gola. Inutile che vi dica che mi sono alzata appena finita la seconda tazza di tè. Ma il suo linguaggio scurrile lo sentivano in tutta la casa! Spero proprio che Robert non si comporti in questo modo.

LADY CHILTERN: Ma io m’interesso moltissimo alla politica. Mi piace ascoltare Robert quando ne parla.

LADY MARKBY: Bene, spero che non sia tanto affezionato ai Libri Azzurri [stampati a cura del Governo] come Sir John. Non credo che siano istruttivi per nessuno.

MRS. CHEVELEY (languida): Non ho mai letto un Libro Azzurro. Io preferisco quelli con la copertina gialla.

LADY MARKBY: Eh, sì, il giallo è un colore più allegro. Mi vestivo spesso di giallo quando ero giovane e lo farei ancora se mio marito non fosse tanto noioso e pungente nelle sue osservazioni. Un uomo che parla di abiti femminili è sempre ridicolo, non vi sembra?

MRS. CHEVELEY: Oh, no! Io credo invece che in materia gli uomini siano la sola autorità competente.

LADY MARKBY: Davvero? Non si direbbe dai cappelli che portano.

(Entra il maggiordomo seguito dal domestico. Il tè viene disposto su un tavolino accanto a Lady Chiltern.)

LADY CHILTERN: Posso offrirvi una tazza di tè, Mrs. Cheveley?

MRS. CHEVELEY: Grazie. (Il maggiordomo le porge una tazza su un vassoio.)

LADY CHILTERN: Un po’ di tè, Lady Markby?

LADY MARKBY: No, grazie, cara. (I domestici escono.) Il fatto è che ho promesso una visitina di dieci minuti alla povera Lady Brancaster che si trova in una situazione difficile. Sua figlia, una ragazza così ben educata, si è fidanzata ufficialmente con un vicarietto dello Shropshire. È una cosa triste, triste veramente. Non riesco a capire questa mania moderna di innamorarsi dei vicari di campagna. Ai tempi miei noi ragazze li vedevamo andare in giro come conigli, ma non li degnavamo di nessuna considerazione, inutile dirlo. Ma mi dicono che oggidì la buona società di provincia se li cura come sciami di api. È una cosa profondamente irreligiosa. E inoltre il figlio maggiore è in rotta col padre. Sembra che quando si incontrano Lord Brancaster si nasconda dietro il supplemento economico del Times. Credo però che questo sia un episodio abbastanza comune, al punto che tutti i circoli di St. James Street sono obbligati a fornirsi d’un gran numero di copie del Times. Vi sono tanti figli che non vogliono aver niente a che fare coi loro padri e tanti padri che non vogliono più rivolgere la parola ai loro rampolli. Una cosa veramente biasimevole, secondo me.

MRS. CHEVELEY: Anche secondo me. Oggi i padri avrebbero tante cose da imparare dai figli.

LADY MARKBY: Davvero, cara? Quali cose?

MRS. CHEVELEY: Le arti del vivere bene. Le sole belle arti dei tempi moderni.

LADY MARKBY (scuotendo la testa): No, quelle Lord Brancaster le conosceva benissimo. Molto più di quella povera donna di sua moglie. (Volgendosi a Lady Chiltern:) Voi conoscete Lady Brancaster, vero cara?

LADY CHILTERN: Appena; era a Langton l’autunno scorso, quando c’eravamo anche noi.

LADY MARKBY: Bene, come tutte le donne robuste pare l’immagine della felicità, come avrete notato. Ma nella sua famiglia una tragedia ha tirato l’altra, compresa quest’ultima del vicario. Sua sorella, Mrs. Jekyll, ha avuto una vita disgraziatissima, e senza sua colpa, mi dispiace dirlo. Ultimamente era tanto disperata che s’è andata a rinchiudere in un convento o s’è data al teatro d’opera, ora non ricordo bene. No: mi pare che si sia dedicata all’arte del ricamo. Comunque, aveva perduto ogni attaccamento alla vita. (Si alza.) E ora, Gertrude, se me lo permettete, vi affido Mrs. Cheveley: verrò a riprenderla tra un quarto d’ora. Oppure, se non vi dispiace, carissima Mrs. Cheveley, potreste aspettarmi nella mia carrozza durante la mia visita a Lady Brancaster. Poiché immagino che sarà una visita tipo condoglianze, non mi tratterrò a lungo.

MRS. CHEVELEY (alzandosi): Non mi dispiace affatto aspettare in carrozza, purché ci sia qualcuno che mi guardi.

LADY MARKBY: Magnifico! Ho sentito dire che quel vicarietto intraprendente non fa che gironzolare attorno alla casa.

MRS. CHEVELEY: Io non posso soffrire quelle ragazze che simpatizzano troppo coi sacerdoti!

LADY CHILTERN (alzandosi): Spero che Mrs. Cheveley si tratterrà qui un altro po’ di tempo. Sarei lieta di chiacchierare, per qualche minuto, proprio con lei.

MRS. CHEVELEY: Come siete gentile! Credetemi, non c’è niente che potrebbe farmi maggior piacere.

LADY MARKBY: Chissà quanti divertenti ricordi scolastici avrete da rievocare insieme! Arrivederci, cara Gertrude! Vi vedrò questa sera da Lady Bonar? Ha fatto la scoperta d’un nuovo e affascinante genio... che non fa assolutamente nulla, credo. Una cosa rassicurante, non trovate?

LADY CHILTERN: Robert e io ceniamo a casa da soli, questa sera e penso che dopo non andremo in nessun posto. Robert, naturalmente, dovrà andare alla Camera, ma non c’è niente d’interessante all’ordine del giorno.

LADY MARKBY: Cenate a casa e da soli? Vi sembra prudente? Ah, già dimenticavo che vostro marito è un’eccezione. Il mio invece è di tipo corrente: niente invecchia rapidamente una donna come un marito di questo genere. (Esce.)

MRS. CHEVELEY: Non trovate che Lady Markby è una donna straordinaria? Parla di più e dice di meno tra tutte le persone che ho conosciuto. Dovrebbe tenere delle conferenze. Invece, suo marito, pur essendo inglese sino alla cima dei capelli, è sempre noioso e spesso anche sboccato.

LADY CHILTERN (non risponde, ma resta in piedi. Una pausa. Poi gli sguardi delle due donne si incontrano. Lady Chiltern è decisa e pallida, Mrs. Cheveley quasi divertita): Mrs. Cheveley, credo sia giusto dirvi con tutta franchezza che, se ieri avessi saputo chi eravate veramente, non vi avrei invitata a casa mia.

MRS. CHEVELEY (con un sorriso impertinente): Davvero?

LADY CHILTERN: Davvero.

MRS. CHEVELEY: Vedo che dopo tanti anni non siete cambiata nemmeno un pochino, Gertrude.

LADY CHILTERN: Io non cambio mai.

MRS. CHEVELEY (alzando le sopracciglia): Allora la vita non vi ha insegnato proprio nulla?

LADY CHILTERN: Mi ha insegnato che quando qualcuno ha commesso una volta una colpa grave e vergognosa, si renderà facilmente colpevole una seconda volta e dovrebbe quindi esser evitato da tutti.

MRS. CHEVELEY: E applicate a tutti questa regola?

LADY CHILTERN: Adesso capirete che per molte ragioni è assolutamente impossibile che tra noi ci siano altri contatti, durante il vostro soggiorno a Londra.

MRS. CHEVELEY (sedendosi più comodamente sulla sua poltroncina): A me non dispiace che parliate di moralità. La moralità è l’atteggiamento che adottiamo verso le persone che detestiamo. E voi mi odiate, lo percepisco chiaramente. Anche io vi odio, da sempre. Eppure sono venuta qui per farvi un grosso favore.

LADY CHILTERN (con disprezzo): Come il favore che volevate rendere a mio marito ieri sera, immagino. Grazie a Dio, io l’ho salvato!

MRS. CHEVELEY (alzandosi di scatto): Siete stata voi che gli avete fatto scrivere quella lettera insolente? Voi l’avete obbligato a venir meno alla sua promessa?

LADY CHILTERN: Sì.

MRS. CHEVELEY: Allora dovete costringerlo a mantenerla. Avete tempo sino a domattina, non di più. Se per quell’ora vostro marito non s’è impegnato seriamente ad aiutarmi nel grande progetto a cui sono interessata...

LADY CHILTERN: ...quella speculazione truffaldina...

MRS. CHEVELEY: Chiamatela come volete. Vostro marito è in mano mia; se siete intelligente lo convincerete a fare quello che gli ho suggerito.

LADY CHILTERN (alzandosi e andandole incontro): Siete una bugiarda! Che può avere in comune mio marito con voi? con una donna come voi?

MRS. CHEVELEY (con una risata minacciosa): A questo mondo ognuno finisce coll’incontrare il suo simile. Vostro marito è un ipocrita e un disonesto, ecco perché andiamo tanto bene d’accordo. Tra voi e lui c’è un baratro, mentre noi due siamo più che amici: siamo nemici uniti dalla stessa colpa.

LADY CHILTERN: Non osate mettervi sullo stesso piano di mio marito! Come osate minacciare lui o me? Lasciate questa casa in cui non siete degna di entrare!

(Robert entra dal fondo, sente le ultime parole di sua moglie, vede a chi sono rivolte e impallidisce.)

MRS. CHEVELEY: La vostra casa! Una casa comperata col disonore! Una casa interamente pagata con la frode! (Si volta e vede Sir Robert Chiltern.) Chiedete a lui qual è stata l’origine della sua fortuna! Fatevi raccontare come ha venduto un segreto di Stato a un agente di Borsa! Vi spiegherà lui a cosa dovete la vostra posizione!

LADY CHILTERN: Non è vero! Robert, non è vero!

MRS. CHEVELEY (indicandolo col dito teso): Guardatelo! Non può negarlo! Non ne ha il coraggio!

ROBERT: Andatevene! E subito! Avete fatto la cosa peggiore che potevate, ormai!

MRS. CHEVELEY: La cosa peggiore? No, non ho ancora finito con voi due! Avete tempo sino a domattina; se quanto vi ho ordinato di fare non sarà stato fatto, tutto il mondo conoscerà l’origine della carriera di Sir Chiltern.

ROBERT (suona il campanello; entra Mason): Accompagnate alla porta Mrs. Cheveley.

(Mrs. Cheveley non può frenare un leggero fremito; poi si inchina con esagerata cortesia a Lady Chiltern, che non risponde. Mentre passa vicino a Sir Robert, che è in piedi accanto alla porta, si ferma per un attimo e lo guarda in faccia con sfida. Poi esce seguita dal domestico, che chiude la porta dietro di sé. Marito e moglie sono soli; ella è come perduta in un sogno angoscioso. Poi si volta a guardare il marito: è uno sguardo strano, come se lo vedesse per la prima volta.)

LADY CHILTERN: Avete venduto un segreto di Stato per danaro! Avete cominciato la vostra vita politica con una frode! Avete costruito una carriera sul disonore! Ditemi che non è vero! Mentitemi! Ditemi che è una menzogna!

ROBERT: Quella donna ha detto la verità. Ma, ascoltami Gertrude, devi anche capire in che modo mi hanno incastrato. Lascia che ti dica tutto. (Fa qualche passo verso di lei.)

LADY CHILTERN: Non avvicinatevi, non toccatemi! M’insozzereste per sempre! Per tutti questi anni avete portato una maschera: un’orribile maschera dipinta! Vi siete venduto per danaro. Un ladro comune è migliore di voi. Vi siete offerto all’uomo che pagava di più! Vi hanno comprato, come in un mercato! E avete mentito a tutti! Non mentirete più a me!

ROBERT (correndo verso di lei): Gertrude! Gertrude!

LADY CHILTERN (respingendolo con le braccia tese): No! Non parlate! Non dite niente. La vostra voce mi ricorda momenti terribili, mi ricorda i momenti in cui mi sono innamorata di voi... un ricordo tremendo... Come vi ho voluto bene! Voi eravate per me un essere diverso da tutti: puro, nobile, onesto, l’uomo ideale. Il mondo mi pareva migliore solo perché c’eravate voi, credevo nella bontà perché esistevate voi. E ora... Ah, quando penso che avevo fatto il mio ideale d’un uomo come voi! L’ideale della mia vita!

ROBERT: Ecco dove hai sbagliato. Hai commesso un errore frequente in tutte le donne. Perché non potete amarci con tutti i nostri difetti? Perché ci mettete sempre su piedistalli sproporzionati? Siamo tutti impastati di fango, donne e uomini; ma quando noi vi amiamo lo facciamo rendendoci conto delle vostre debolezze, dei vostri capricci, delle vostre imperfezioni. Forse vi vogliamo ancora più bene per questi difetti. Solo gli esseri imperfetti hanno bisogno di amore. Ed è quando restiamo feriti dalle nostre stesse mani o da quelle degli altri che l’amore dovrebbe soccorrerci... altrimenti a che serve? L’Amore dovrebbe perdonare tutti i peccati, tranne quelli contro di lui. Il vero Amore dovrebbe poter perdonare tutte le creature, tranne quelle incapaci di amare. Questo è l’amore dell’uomo. Più grande, più immenso, più umano di quello della donna. Le donne vogliono fare degli uomini le incarnazioni d’un ideale? E invece fanno di noi soltanto dei falsi idoli. Così hai fatto anche tu e io non ho mai avuto il coraggio di scendere dal piedistallo su cui mi avevi posto, di mostrarti le mie ferite, dirti dei miei errori. Avevo paura di perdere il tuo amore come l’ho perduto adesso. E così ieri sera tu hai rovinato la mia vita... sì, l’hai rovinata! Quel che mi chiedeva quella donna era niente a paragone di quello che m’offriva in cambio. M’offriva sicurezza, pace, stabilità. La colpa della mia giovinezza, che credevo sepolta per sempre, s’è presentata a me in tutto il suo orrore, stringendomi alla gola. Avrei potuto annullarla per sempre, ricacciarla nella sua tomba, abolirne il ricordo insieme alla sola testimonianza che ancora poteva accusarmi. Tu me l’hai impedito. Tu sola, e lo sai. E adesso m’aspetta il disonore pubblico, la rovina, la vergogna più assoluta, la derisione della gente, una vita solitaria e forse anche una morte solitaria e infamante. Le donne non dovrebbero più fare di noi uomini il loro ideale, non ci mettano sugli altari inchinandosi davanti a noi... o rovineranno tante altre vite, come hai fatto tu... tu che ho amato così pazzamente!

(Esce. Lady Chiltern corre verso di lui, ma la porta si chiude prima che ella abbia potuto raggiungerlo. È pallida d’angoscia, stupita, smarrita, ondeggia come una pianta sull’acqua. Le sue mani tese in aria tremano come petali al vento. Poi si getta ai piedi del divano, nascondendovi il viso. I singhiozzi che la fanno tremare son simili a quelli d’un bambino.)

 

Sipario

 

 

 

3 Questa svolta inattesa, e forse psicologicamente ingiustificata, del personaggio di Lord Goring conferma l’ipotesi avanzata da William Archer che esso sia almeno in parte un ritratto dell’Autore, il quale stava abbandonando le pose stravaganti degli anni giovanili (N.d.T.).

Questo ebook appartiene a lidia barone - 1124737 Edito da Newton Compton Editori Acquistato il 01/08/2011 13.50.20 con numero d'ordine 63790
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