La Sainte Courtisane
o
La donna coperta di gioielli

Dramma in un atto [incompleto]

1908

 

 

 

 

Premessa

 

Sul ritrovamento della versione più ampia di questo testo si veda l’introduzione di M. d’Amico, p. 281.

Come in France («Thaïs») il personaggio della donna di piacere è qui idealizzato sino alla improbabilità, con tutte le esagerazioni tipiche dei «dilettanti raffinati», con uno scetticismo di fondo frenato dalle regole ferree del buon gusto, con un innamoramento del tutto libresco di miti e personaggi dell’antichità classica. Per questi motivi il breve frammento destò l’interesse di molti simbolisti, da Dante G. Rossetti a Arnold Böcklin. Anche Gabriele D’Annunzio ne trasse più d’un motivo di ispirazione per il suo Sogno d’un tramonto d’autunno.

Poche e modeste le rappresentazioni italiane, tra cui ricordiamo come la più accettabile quella fiorentina al Teatro Rondò di Bacco nel 1971, con la regia di Gaetano Ferreri e una interessante scenografia di Piero Maioli.

 

LUCIO CHIAVARELLI

 

 

PERSONAGGI

 

Myrrhina

Onorio

Primo Uomo

Secondo Uomo

 

Scena unica: una valle nella Tebaide.

 

 

ATTO PRIMO

 

La scena rappresenta il fondo di una valle nella Tebaide. Sulla destra una grotta. Di fronte alla grotta un grande Crocifisso. A sinistra, delle dune di sabbia. Il cielo è di un azzurro di lapislazzuli. La sabbia delle colline è rossa. Qua e là, sparse sulle colline, delle macchie di pruni selvatici.

 

PRIMO UOMO: Chi è quella donna? Mi fa paura. Ha un mantello di porpora e i suoi capelli sembrano fili d’oro. Dev’essere la figlia dell’Imperatore. L’Imperatore ha una figlia che porta un manto di porpora; l’ho sentito dire dai barcaioli.

SECONDO UOMO: Sui suoi sandali vi sono ali d’uccelli e la sua tunica ha il colore del grano in erba. Quando se ne sta diritta ed immobile sembra il grano a primavera; quando cammina, è come il grano maturo che si piega all’avvicinarsi della falce. Le perle della sua tunica sembrano tante lune.

PRIMO UOMO: Somigliano alla luna che vediamo nell’acqua quando il vento soffia dalle colline.

SECONDO UOMO: Io credo sia una dea. Credo che venga dalla Nubia.

PRIMO UOMO: Sono sicuro che è la figlia dell’Imperatore. Le sue unghie sono tinte di henné. Somigliano a petali di rose. È venuta qui a piangere per Adone.

SECONDO UOMO: È una dea. Non so perché abbia abbandonato il suo tempio. Gli dèi non dovrebbero abbandonare i loro templi. Se ci rivolge la parola, non le daremo risposta e lei passerà senza fermarsi.

PRIMO UOMO: Essa non ci parlerà. È la figlia dell’Imperatore.

MYRRHINA: Non dimora qui il giovane e bell’eremita, quello che non vuol posare lo sguardo su volto di donna?

PRIMO UOMO: A dire il vero, è qui che l’eremita dimora.

MYRRHINA: E perché non vuole guardare volto di donna?

SECONDO UOMO: Non lo sappiamo.

MYRRHINA: E perché voi stessi non mi guardate?

PRIMO UOMO: Siete ricoperta di pietre lucenti che abbagliano i nostri occhi.

SECONDO UOMO: Colui che guarda il sole diventa cieco. Voi risplendete troppo perché vi si possa guardare. Non è saggio guardare le cose che risplendono troppo. Molti preti nei templi sono ciechi e si fanno guidare dagli schiavi.

MYRRHINA: Dove dimora il bello e giovane eremita che non vuol guardare volto di donna? Ha una casa di canne o una casa di argilla cotta, o si corica sul fianco della collina? O fa il suo letto tra i giunchi?

PRIMO UOMO: Egli abita in quella grotta laggiù.

MYRRHINA: Strano luogo da farne la propria casa.

PRIMO UOMO: In antico vi abitava un centauro. Quando venne l’eremita, il centauro diede un grido acuto, pianse, si lamentò e galoppò via.

SECONDO UOMO: No. Era un bianco liocorno che abitava nella caverna. Quando vide avanzare l’eremita, il liocorno s’inginocchiò adorando. Molti lo videro in atto di adorare l’eremita.

PRIMO UOMO: Ho parlato con gente che l’ha visto.

SECONDO UOMO: Taluni dicono che era un taglialegna e che andava a lavorare a giornata. Ma può anche non esser vero.

MYRRHINA: Quali dèi adorate, dunque? Se pur adorate qualche dio. Ci sono di quelli che non ne adorano nessuno. I filosofi che portano lunghe barbe e mantelli bruni, non hanno dèi da adorare. Non fanno che disputarsi tra loro nei porticati. I (–) si fanno beffe di loro.

PRIMO UOMO: Noi adoriamo sette dèi. Non possiamo pronunciare i loro nomi. È molto pericoloso pronunciare i nomi degli dèi. Nessuno dovrebbe pronunciare il nome del suo dio. Neppure i preti che lodano i loro dèi tutto il giorno e mangiano il loro cibo insieme ad essi, li chiamano col loro vero nome.

MYRRHINA: Dove sono questi dèi che adorate?

PRIMO UOMO: Noi li nascondiamo nelle pieghe della tunica. Non li mostriamo a nessuno. Se li mostrassimo a qualcuno, ci abbandonerebbero.

MYRRHINA: Dove li avete trovati?

PRIMO UOMO: Ce li ha regalati un imbalsamatore di salme che li ha trovati in una tomba. L’abbiamo servito per sette anni.

MYRRHINA: I morti sono terribili. Hopaura della Morte.

PRIMO UOMO: La Morte non è un dio. È soltanto l’ancella degli dèi.

MYRRHINA: È il solo dio del quale abbia paura. Avete visto molti dèi?

PRIMO UOMO: Ne abbiamo visti molti. Si vedono soprattutto di notte. Ci passano vicino velocissimi. Una volta ne vedemmo alcuni all’alba. Attraversavano una pianura.

MYRRHINA: Una volta, mentre attraversavo la piazza del mercato, sentii un sofista di Cilicia dire che esiste un solo Dio. Lo disse davanti a molta gente.

PRIMO UOMO: Non può esser vero. Noi stessi ne abbiamo visti molti, anche se siamo soltanto uomini comuni e senza importanza. Quando li vidi mi nascosi dietro un cespuglio. Non mi fecero alcun male.

MYRRHINA: Parlatemi ancora del giovane e bell’eremita. Parlatemi del giovane e bell’eremita che non vuol guardare volto di donna. Qual è la storia della sua vita e come vive?

PRIMO UOMO: Noi non vi comprendiamo.

MYRRHINA: Che cosa fa il giovane e bell’eremita? Semina o raccoglie? Lavora in un giardino o prende pesci con la rete? Tesse il lino sul telaio? O tiene la mano sull’aratro e cammina dietro i buoi?

SECONDO UOMO: Poiché è un uomo santo, non fa nulla. Noi siamo uomini comuni senza importanza. Noi ci affanniamo tutto il giorno lavorando sotto il sole. E qualche volta il terreno è molto duro.

MYRRHINA: Forse lo nutrono gli uccelli? O gli sciacalli dividono con lui la loro preda?

PRIMO UOMO: Ogni sera gli portiamo del cibo. Non credo che lo nutrano gli uccelli del cielo.

MYRRHINA: E perché lo nutrite? Quale profitto ve ne viene?

SECONDO UOMO: È un vero santo. Uno degli dèi offeso da lui l’ha fatto impazzire. Credo che abbia offeso la luna.

MYRRHINA: Andate a dirgli che una persona venuta da Alessandria desidera parlare con lui.

PRIMO UOMO: Noi non osiamo parlargli. Questa è l’ora della sua preghiera al suo Dio. Noi ti preghiamo di perdonarci se non obbediamo al tuo comando.

MYRRHINA: Avete paura di lui?

PRIMO UOMO: Abbiamo paura di lui.

MYRRHINA: Perché avete paura di lui?

PRIMO UOMO: Non lo sappiamo.

MYRRHINA: Qual è il suo nome?

PRIMO UOMO: La voce che gli parla la notte nella grotta lo chiama Onorio. Lo chiamarono Onorio anche i tre lebbrosi che passarono di qui una volta. Noi crediamo che il suo nome sia Onorio.

MYRRHINA: Perché i tre lebbrosi vennero a trovarlo?

PRIMO UOMO: Perché lui avrebbe potuto guarirli.

MYRRHINA: E li guarì?

SECONDO UOMO: No. Essi avevano peccato; per questa ragione erano lebbrosi. Avevano mani e volto che parevan di sale. Uno di loro portava una maschera di tela di lino. Era figlio di un re.

MYRRHINA: Che voce è quella che gli parla la notte nella sua grotta?

PRIMO UOMO: Non lo sappiamo. Crediamo che sia la voce del suo Dio. Poiché non abbiamo visto nessun uomo entrare nella grotta, né alcuno uscirne.

MYRRHINA: Onorio!

ONORIO (dall’interno): Chi chiama Onorio?

MYRRHINA: Vieni fuori, Onorio.

La mia stanza ha il soffitto di cedro e odora di mirra. Le colonne del mio letto sono di cedro e le cortine sono di porpora. Il mio letto è cosparso di melograni d’argento e i gradini, che sono d’argento, sono cosparsi di croco e di mirra. I miei amanti appendono ghirlande sui pilastri della mia casa. Vengono la notte coi suonatori di flauto e arpa. E mi offrono pomi e scrivono il mio nome col vino sulle pietre del mio cortile.

Da tutte le parti del mondo i miei amanti vengono a me. I re della terra vengono a me recandomi doni.

Quando l’Imperatore di Bisanzio sentì parlare di me, lasciò il suo palazzo di porfido e mise le vele alle sue galee. I suoi schiavi non portavano torce perché nessuno potesse sapere la sua venuta. Quando il re di Cipro sentì parlare di me, mi mandò i suoi ambasciatori. I due re di Libia, che sono fratelli, mi portarono doni d’ambra.

Tolsi a Cesare il suo favorito e ne feci il mio compagno di giochi. Di notte venne da me in lettiga. Era pallido come un narciso e il suo corpo odorava di miele.

Il figlio del Prefetto si tolse la vita in onor mio, e il Tetrarca di Cilicia si flagellò, per farmi piacere, davanti ai miei schiavi.

Il Re di Hierapoli, che è prete e ladro, distese tappeti davanti a me perché vi camminassi sopra.

Talvolta vado al circo e gladiatori combattono sotto i miei occhi. Una volta uno di Tracia ch’era mio amante fu preso nella rete. Feci segno che doveva morire e tutto il teatro applaudì. Talvolta passo per la palestra e guardo i giovani che lottano o corrono. I loro corpi sono lucenti d’olio e la loro fronte è inghirlandata con rami di salice e di mirto. Quando lottano premono coi piedi la rena e quando corrono, la rena li segue come una piccola nube. Quegli al quale sorrido, lascia i compagni e mi segue fino alla mia casa. Altre volte vado giù al porto e osservo i mercanti che scaricano i loro vascelli. Quelli che vengono da Tiro hanno mantelli di seta e orecchini di smeraldi. Quando mi vedono venire, si levano sulle prue delle navi e mi chiamano, ma io non rispondo. Vado nelle piccole taverne dove i marinai siedono tutto il giorno bevendo vino nero e giocando a dadi e siedo con loro.

Di un Principe ho fatto il mio schiavo e del suo schiavo, che era di Tiro, ho fatto il mio signore per lo spazio di una luna. Gli misi un anello cesellato al dito e lo portai a casa mia. Ho cose meravigliose nella mia casa.

La polvere del deserto è nei tuoi capelli e i tuoi piedi son tutti graffiati dai pruni e il tuo corpo è bruciato dal sole. Vieni con me, Onorio, e ti vestirò con una tunica di seta. Cospargerò il tuo corpo di mirra e verserò sui tuoi capelli lo spigonardo. Ti vestirò di giacinto e sulle tue labbra metterò il miele. L’amore...

ONORIO: Non c’è altro amore, se non l’amore di Dio.

MYRRHINA: Chi è Colui il cui amore è più grande di quello dei mortali?

ONORIO: Colui che vedi sulla croce, Myrrhina. È il figlio di Dio e nacque da una vergine. Tre uomini saggi che erano dei re gli recarono doni, e i pastori che dormivano sulle colline si ridestarono a una gran luce.

Le Sibille sapevano della Sua venuta. Gli oracoli parlarono di lui. Davide e i profeti l’avevano annunciato. Non esiste amore simile a quello di Dio, né amore che gli possa essere paragonato.

Il corpo è vile, Myrrhina. Dio ti risusciterà con un corpo nuovo che non conoscerà la corruzione e tu avrai dimora nella Corte del Signore e vedrai Colui che ha i capelli simili a lana fine e i piedi di bronzo.

MYRRHINA: La bellezza...

ONORIO: La bellezza dell’anima s’accresce fino a quando giunge a vedere Iddio. Perciò Myrrhina, pèntiti dei tuoi peccati. Il ladrone che fu crocifisso vicino a Lui, Egli lo portò in Paradiso. (Esce.)

MYRRHINA: Come mi parlò stranamente. E con quale disprezzo mi guardò. E mi chiedo perché mi ha parlato così stranamente.

ONORIO: Myrrhina, il velo è caduto dai miei occhi e ora vedo chiaramente quello che prima non vedevo. Portami con te ad Alessandria e fammi gustare i sette peccati.

MYRRHINA: Non ti far giuoco di me, Onorio, e non dirmi parole così amare. Io mi sono pentita dei miei peccati e vado in cerca di una grotta in questo deserto, dove anch’io possa abitare, così che la mia anima possa diventar degna di vedere Iddio.

ONORIO: Il sole tramonta, Myrrhina. Vieni con me ad Alessandria.

MYRRHINA: Non verrò ad Alessandria.

ONORIO: Addio, Myrrhina.

MYRRHINA: Onorio, addio. No, no, non andar via.

Ho maledetto la mia bellezza per quello ch’essa ha fatto, e maledetto la bellezza del mio corpo per il male che ha richiamato su di te.

Signore, quest’uomo mi ha portato ai Tuoi piedi. Egli mi ha narrato la Tua venuta sulla terra e il grande miracolo della Tua nascita. Attraverso lui, o Signore, ho avuto la Tua rivelazione.

ONORIO: Tu parli come una bimba, Myrrhina, e senza nulla sapere. Sciogli le mani. Perché sei venuta in questa valle, carica di tanta bellezza?

MYRRHINA: Il Dio che tu adoravi mi guidò sin qui perché io potessi pentirmi delle mie iniquità e riconoscerLo come il Signore.

ONORIO: Perché mi tentasti con le tue parole?

MYRRHINA: Perché tu vedessi il Peccato con la sua maschera dipinta, e guardassi la Morte nella sua veste di Vergogna.

Questo ebook appartiene a lidia barone - 1124737 Edito da Newton Compton Editori Acquistato il 01/08/2011 13.50.20 con numero d'ordine 63790
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