Un marito ideale

Commedia in quattro atti

1895

 

 

 

 

Premessa

 

Quella definizione data dallo stesso autore di Un marito ideale, «one of the modern drawing-room plays with pink lamp-shades» e subito ripresa con malevole intenzioni dai critici più maligni pesa ancora su questa bella commedia «di costume» e per anni ci ha forse impedito di riconoscerne i notevoli meriti e l’intelligenza con cui Wilde riusciva a contrabbandare il carattere eversivo della sua derisione.

L’opera – di straordinaria attualità anche oggi, in momenti di continui scandali finanziari in tutta Europa – ha precisi intenti di satira sociale e ha il grande merito di presentarci un protagonista tutt’altro che immune da macchie, uno yuppie che comincia a credere d’avere veramente i lineamenti «rispettabili» della maschera che s’è imposta da tanti anni. Qualche caduta nel moralismo vittoriano in auge ha lieve peso e poi anche se il rispetto formale della morale convenzionale è assicurato da qualche comodo happy end rimane ben chiaro che l’immoralità può esser ottimamente conciliata coi buoni sentimenti e finalmente risultare del tutto assolta.

Il personaggio più simpatico della commedia è sicuramente Mrs. Cheveley, ricattatrice e ladra, ma immune da tutte le ipocrisie di cui si ammantano i personaggi «per bene»: Wilde rinuncia a punirla delle sue malefatte e non c’è difficile immaginarla intenta a godersi beatamente le ricchezze spillate al defunto barone Arnheim.

Molto riuscito è anche il personaggio «di fianco» di Lady Markby, tra i più vividi di quella ricca galleria di vecchie ladies spocchiose – ma anche spiritose – che culminerà nell’immortale Lady Bracknell de L’importanza di essere Onesto e avrà ancora un esempio originale nella duchessa Virginia di Sandgate di Constance o il signore e la signora Daventry scritto in collaborazione con Frank Harris e qui parzialmente tradotto nella Appendice. Ma torniamo al finale della commedia: qualsiasi drammaturgo dell’epoca, anche i maggiori, da Arthur Wing Pinero a Henry Arthur Jones l’avrebbe fatta terminare con la decisione di Lord Chiltern di non accettare l’offerta di divenire Ministro e la sua partenza per un dorato esilio insieme alla moglie (a sua volta ben lieta di non aver dovuto confessare una sua momentanea sbandata). Le colpe venivano compensate da quella rinuncia e da quella partenza. Wilde invece fa molto di più, aggiunge un irridente lieto fine al finale naturale e affida proprio al personaggio-coro, a quello che esprime le sue personali concezioni della vita, a Lord Goring l’incarico di rovesciare ancora una volta la situazione e di premiare la Colpa, di offrire un Riscatto senza rischi alle moglie reticente e un ministro sicuramente non affidabile al Governo di Sua Maestà. Come a dire: le cose finiscono bene per chi sa far tacere al momento opportuno la propria coscienza. Questa suprema irrisione, liberatoria e libertaria, all’Establishment britannico rivela ancor più l’intenzione di sfidarlo, opponendo alla ferocia del moralismo tradizionale una sorta di sferzante omaggio all’ipocrisia vittoriana.

Sulla prima rappresentazione londinese della commedia – all’Haymarket Theatre, impresari Lewis Morrell e H.H. Waller e – sull’incredibile, travolgente successo, alla presenza del divertito Principe di Galles, si possono leggere con profitto le annotazioni di quel libro intelligente che è L’angelo sofisticato di H. Montgomery-Hyde (stimolante prefazione di Fruttero e Lucentini, Mondadori ed., Milano 1966).

Anche la prima edizione a stampa (L. Smithers editore, London 1899) si esaurì in poche settimane, nonostante non figurasse il nome dell’autore, dopo le sue ben note disavventure giudiziarie. (E del resto il nome di Wilde non figurò in locandina nemmeno in occasione della immediata e felicissima ripresa della commedia al Criterion Theatre.)

Tra le edizioni italiane merita un posto di rilievo quella del 1941 che vide impegnati tre attori straordinariamente adatti alle loro parti: il caustico Giulio Stival (Goring), l’affascinante, sornione Filippo Scelzo (Chiltern) e l’incantevole Andreina Pagnani, una Mrs. Cheveley di assoluto prestigio. Una successiva edizione della collaudata ditta del Teatro Olympia (Calindri, Volpi ecc.) fu corretta, ma senza particolare splendore.

 

LUCIO CHIAVARELLI

 

 

PERSONAGGI

 

Il conte di Caversham, cavaliere della Giarrettiera

Lord Goring, suo figlio

Sir Robert Chiltern, baronetto, Sottosegretario agli Affari Esteri

Il visconte de Nanjac, addetto all’Ambasciata francese a Londra

Mr. Montford

Mason, maggiordomo di Sir Chiltern

Phipps, servitore di lord Goring

James e Harold, domestici

Lady [Gertrude] Chiltern, [moglie di Sir Robert]

Lady Markby

La contessa di Basildon

Mrs. Marchmont

Miss Mabel Chiltern, sorella di Sir Robert

Mrs. [Laura] Cheveley

[Altri ospiti di Sir Robert Chiltern, tra cui il signor Barford, Lady Jane Barford, la duchessa di Maryborough.
Un domestico di Sir Robert Chiltern
.]

 

SCENE DELLA COMMEDIA

 

Atto I, salone ottagonale nella casa di Sir Chiltern in Grósvenor Square a Londra; atto II, un salotto nella stessa casa; atto III, la biblioteca in casa di Lord Góring in Cuzzan Street a Londra; atto IV, come nel secondo atto.

 

All’amico Frank Harris, tenue omaggio alla potenza artistica,

alle qualità cavalleresche e alla nobiltà dell’amicizia.

 

 

Atto I

 

La scena rappresenta una stanza ottagonale nella casa di Sir Robert Chiltern, in Grosvenor Square a Londra. L’azione si svolge nel giro di ventiquattr’ore nell’epoca attuale [1895].

La stanza è sfarzosamente illuminata e piena di ospiti.

In cima alla scala, Lady Chiltern, una donna di severa bellezza greca, di circa ventisette anni, riceve gli ospiti via via che salgono. Sulla tromba delle scale pende un grande candelabro a candele di cera, che illumina un grande arazzo francese del Settecento. L’arazzo rappresenta il Trionfo d’Amore, da un disegno di Boucher, e ricopre la parete delle scale. A destra si entra nella sala da musica. Si sente il tenue suono di un quartetto d’archi. A sinistra, si entra negli altri saloni di ricevimento. Mrs. Marchmont e Lady Basildon, due dame assai graziose, sono sedute l’una accanto all’altra su un divano Luigi XVI; sono il prototipo della più squisita fragilità. Le loro maniere affettate hanno un fascino delicato. Watteau si sarebbe divertito a dipingerle.

 

MRS. MARCHMONT: Vai dagli Hartlock stasera, Margaret?

LADY BASILDON: Credo di sì. E tu?

MRS. MARCHMONT: Sì. Danno dei ricevimenti noiosissimi, non ti pare?

LADY BASILDON: D’una noia mortale. Non so proprio perché ci vada. Anzi non so proprio perché vada in qualsiasi posto.

MRS. MARCHMONT: Io vengo qui per farmi una cultura.

LADY BASILDON: Io non sopporto le persone colte.

MRS. MARCHMONT: Se è per questo nemmeno io. Uno si sente quasi al livello d’un borghese qualunque, non ti pare? Ma la mia cara Gertrude Chiltern sostiene sempre che mi manca uno scopo nella vita. Così vengo qui per tentare di trovarne uno.

LADY BASILDON (guardandosi attorno con l’occhialino): Non vedo nessuno qui che possa diventare lo scopo d’una vita. Il mio vicino di tavola mi ha parlato di sua moglie per tutta la durata del pranzo.

MRS. MARCHMONT: Che persona volgare!

LADY BASILDON: Orrendamente volgare. E il tuo cavaliere di cosa ti ha parlato?

MRS. MARCHMONT: Di me.

LADY BASILDON (con aria languida): E ha destato il tuo interesse?

MRS. MARCHMONT (scuotendo la testa): Neanche un po’!

LADY BASILDON: Siamo delle vere martiri, cara Margaret.

MRS. MARCHMONT (alzandosi): Quest’aria di martirio però ci dona molto, cara Olivia!

(Vanno verso la sala di musica. Il visconte de Nanjac, un giovane attaché diplomatico noto per le sue cravatte e la sua anglomania, si avvicina a loro con un profondo inchino e si unisce alla conversazione.)

MASON (annunciando gli ospiti dall’alto della scala): Il signor Barford e Lady Jane Barford. Lord Caversham.

(Entra Lord Caversham, un vecchio gentiluomo settantenne, con nastro e stella della Giarrettiera. È un bel tipo di liberale progressista e assomiglia a un ritratto di Lawrence.)

CAVERSHAM: Buonasera, Lady Chiltern. Quel buono a nulla di mio figlio è qui?

LADY CHILTERN (sorridendo): Non credo che Lord Goring sia già venuto.

MABEL CHILTERN (andando incontro a Lord Caversham): Perché chiamate Lord Goring «buono a nulla»?

(Mabel Chiltern è il perfetto esempio della bellezza inglese. Ha tutto il profumo e la freschezza di un fiore. Nei suoi capelli sembra scherzare il sole e la piccola bocca con le labbra appena socchiuse sembra aspettare qualcosa, come la bocca di un bambino. Mabel ha il potere tirannico proprio della giovinezza e il meraviglioso coraggio dell’innocenza. Alla gente ordinaria non ricorda alcuna opera d’arte, ma assomiglia straordinariamente a una statuetta di Tanagra, anche se detesterebbe sentirselo dire.)

CAVERSHAM: Perché non fa niente dal mattino alla sera.

MABEL CHILTERN: Come potete dire una cosa simile? Ma se alle dieci del mattino è già al galoppatoio, tre volte alla settimana va all’Opera, si cambia d’abito almeno cinque volte al giorno e durante la stagione mondana pranza fuori casa tutte le sere! Non si può proprio dire che non faccia niente! Vi pare?

CAVERSHAM (osservandola, con un ridente scintillìo nello sguardo): Mabel, siete una ragazza davvero affascinante!

MABEL CHILTERN: Siete troppo gentile, Lord Caversham. Dovreste venire a trovarci più di frequente. Sapete che il mercoledì siamo sempre in casa. La vostra stella della Giarrettiera vi sta così bene!

CAVERSHAM: Non vado mai in nessun posto, adesso. Non ne posso più della buona società londinese. Non mi dispiacerebbe essere presentato al mio sarto, che vota sempre per la destra, ma mi rifiuto di far da cavaliere alla modista di mia moglie quando la invitano a pranzo. Non ho mai potuto soffrire i cappellini di lady Caversham.

MABEL CHILTERN: Oh, io invece vado pazza per la società londinese. Mi sembra straordinariamente migliorata. Adesso è composta solo da bellissimi idioti o da pazzi spiritosi. Proprio come dev’essere una buona società.

CAVERSHAM: E mio figlio cos’è? Un bellissimo idiota o un pazzo spiritoso?

MABEL CHILTERN (con gravità): Per adesso ho classificato Lord Goring in un gruppo a sé, dove non c’è che lui. Ma sta facendo progressi vertiginosi...

CAVERSHAM: E che cosa sta diventando?

MABEL CHILTERN (con un piccolo inchino): Spero di farvelo sapere molto presto, Lord Caversham.

MASON (annunciando gli invitati): Lady Markby, Mrs. Cheveley.

(Entrano Lady Markby e Mrs. Cheveley. La prima è una donna piacente, gaia, simpatica a tutti, con i capelli grigi «à la marquise» e bellissimi merletti. La signora che l’accompagna è alta e piuttosto esile, labbra sottili e molto dipinte: una riga scarlatta sul volto esangue. Capelli rosso tizianesco, naso affilato e collo da cigno, occhi grigioverdi in perpetuo movimento. Porta un vestito color eliotropio e gioielli con brillanti. Sembra un’orchidea e desta molta curiosità. Tutte le sue movenze sono aggraziate: un’opera d’arte che rivela l’influenza di troppe scuole.)

LADY MARKBY: Buonasera, cara Gertrude. Grazie di avermi permesso di portare con me Mrs. Cheveley. Due persone affascinanti come voi dovevano conoscersi!

LADY CHILTERN (avanza verso Mrs. Cheveley col sorriso di prammatica ma poi si ferma all’improvviso e china il capo con evidente freddezza): Credo di aver già conosciuto Mrs. Cheveley. Non sapevo che s’era sposata una seconda volta.

LADY MARKBY (cordialmente): Ah! Al giorno d’oggi la gente si sposa quanto più spesso può, non è vero? È molto di moda. (Alla Duchessa di Maryborough che si è avvicinata:) Cara Duchessa, come sta il Duca? Sempre debole di cervello, immagino. C’era da aspettarselo, non è vero? Il suo defunto genitore era proprio lo stesso. Non c’è niente d’importante come il rispetto delle tradizioni di famiglia, no?

MRS. CHEVELEY (giocherellando col suo ventaglio): Davvero c’eravamo già incontrate prima d’ora, Lady Chiltern? Non riesco a ricordare dove. Sono rimasta per tanto tempo lontana dall’Inghilterra.

LADY CHILTERN: Siamo state compagne di scuola, Mrs. Cheveley.

MRS. CHEVELEY (sfrontatamente): Davvero? Ho dimenticato tutto della mia vita scolastica. Ho la vaga impressione che sia stata detestabile.

LADY CHILTERN (con freddezza calcolata): Questo non mi meraviglia.

MRS. CHEVELEY (con estrema dolcezza): Sapete che non vedo l’ora di incontrarmi col vostro eccezionale consorte? Da quando è al Foreign Office, a Vienna non si fa che parlare di lui. Sono persino riusciti a scrivere correttamente il suo nome sui giornali: questo significa davvero esser famosi nel continente.

LADY CHILTERN: Non vedo cosa possa esserci in comune tra voi e mio marito, Mrs. Cheveley. (Si allontana.)

DE NERJAC: Chère Madame, quelle surprise! È dai tempi di Berlino che non ci vediamo.

MRS. CHEVELEY: Non da Berlino, visconte. Son passati cinque anni.

DE NERJAC: E siete più giovane e bella che mai! Come fate?

MRS. CHEVELY: Perché passo il tempo solamente con persone affascinanti. Come voi.

DE NERJAC: Ah, voi mi lusingate. Mi «imburrate», come dicono qui.

MRS. CHEVELEY: Davvero dicono così? Oh, che frase spaventosa!

DE NERJAC: Gli inglesi parlano un linguaggio straordinario. Dovrebbe esser studiato dagli antropologi!

(Entra Sir Robert Chiltern. Ha quarant’anni, ma ne dimostra meno. Non porta né barba né baffi, ha lineamenti aristocratici, occhi e capelli scuri e una notevole personalità. Non è popolare: poche personalità lo sono. Ma, ammiratissimo da pochi, è tuttavia molto rispettato dalla maggioranza. Modi di estrema distinzione, con qualche sfumatura altezzosa. Si deve sentire che è ben conscio del successo conseguito nella vita. Temperamento nervoso, ha un aspetto affaticato. La bocca sottile e il mento contrastano fortemente con l’espressione romantica degli occhi. Il contrasto rivela un distacco quasi totale tra cuore e cervello, come se pensieri e emozioni fossero isolati ciascuno nella propria sfera. A Van Dyck sarebbe piaciuto dipingere la sua testa.)

ROBERT: Buonasera, Lady Markby. Spero che Sir John sia con voi.

LADY MARKBY: Oh, ho portato una persona molto più affascinante di Sir John. Da quando s’è dato seriamente alla politica, mio marito è diventato insopportabile. Proprio ora che sta cercando di far finalmente qualcosa di utile, la Camera dei Comuni [s’è trasformata in dormitorio]

ROBERT: Spero di no, Lady Markby. A ogni modo facciamo del nostro meglio per buttar via il nostro tempo e quello degli inglesi, non vi pare? Ma chi è la persona affascinante che avete avuto la bontà di condurre con voi?

LADY MARKBY: Si chiama Mrs. Cheveley. Una Cheveley del Dorsetshire, credo. Ma non lo so con esattezza. Al giorno d’oggi le famiglie sono tutte rimescolate. In ognuno si finisce con lo scoprire un’altra persona.

ROBERT: Mrs. Cheveley... Il nome non m’è nuovo.

LADY MARKBY: È appena arrivata da Vienna.

ROBERT: Ah sì? Allora credo di sapere di chi state parlando.

LADY MARKBY: Lei è l’anima di quella città e conosce molti deliziosi pettegolezzi su tutte le sue amiche. L’anno prossimo devo proprio andarci. Spero che ci sia un buon cuoco alla nostra Ambasciata.

ROBERT: Se non c’è, provvederemo a richiamare l’Ambasciatore. Vi prego, indicatemi Mrs. Cheveley. Sarei lieto di incontrarla.

LADY MARKBY: Lasciate che vi presenti. (A Mrs. Cheveley:) Mia cara, Sir Robert muore dalla voglia di fare la vostra conoscenza.

ROBERT (inchinandosi): Tutti vorrebbero conoscere la famosa Mrs. Cheveley. I nostri attachés non parlano che di lei.

MRS. CHEVELEY: Grazie, Sir Robert. Una conoscenza che comincia con un complimento diverrà sicuramente una vera amicizia. Abbiamo cominciato molto bene. E io ho scoperto che conoscevo già Lady Chiltern.

ROBERT: Davvero?

MRS. CHEVELEY: Sì. Proprio lei poco fa m’ha ricordato che siamo state a scuola insieme e ora me ne rammento perfettamente. Lei vinceva sempre il premio di buona condotta. Sì, ho il preciso ricordo di Lady Chiltern che si porta via tutti i premi per una condotta esemplare.

ROBERT (sorridendo): E voi quali premi vincevate?

MRS. CHEVELEY: Oh, io ho ottenuto i miei più tardi: nella vita. E mi pare di ricordare che nessuno sia stato per buona condotta.

ROBERT: Sono certo che li avrete meritati per qualcosa di affascinante.

MRS. CHEVELEY: Non sono sicura che le donne vengano ricompensate per il loro fascino. Anzi credo che di solito vengano punite. Comunque devo dire che la maggior parte delle donne oggi invecchia solo per l’eccessiva fedeltà degli ammiratori! Non c’è altra spiegazione per l’aspetto sofferente che hanno tutte le belle donne di Londra!

ROBERT: Che spaventevole filosofia! Tentare di capirvi sarebbe un’impertinenza. Posso chiedervi se in fondo all’animo siete ottimista o pessimista? Sono le sole professioni di fede ancora praticate al giorno d’oggi.

MRS. CHEVELEY: Non sono né l’una né l’altra. Sì, l’ottimismo comincia con una gran risata e il pessimismo finisce con la necessità di portare per tutta la vita occhiali affumicati. Sono pose tutti e due.

ROBERT: Preferite essere naturale?

MRS. CHEVELEY: Qualche volta, anche se è una posa difficilissima da conservare.

ROBERT: Che cosa direbbero delle vostre teorie i romanzieri-psicologi di cui si parla tanto?

MRS. CHEVELEY: La forza delle donne deriva proprio dal fatto che la psicologia non riesce a classificarle. Un uomo può essere analizzato, una donna dev’essere soltanto adorata.

ROBERT: Credete dunque che la scienza non possa risolvere i problemi femminili?

MRS. CHEVELEY: La scienza non può aver niente in comune con l’irrazionale. Ecco perché in questo mondo la scienza non ha futuro.

ROBERT: Le donne allora rappresenterebbero l’irrazionale...

MRS. CHEVELEY: Le donne che sanno vestire in particolar modo.

ROBERT (inchinandosi garbatamente): Temo di non poter essere d’accordo con voi, su quest’argomento. Ma sedetevi, vi prego. E adesso ditemi che cosa vi ha spinto ad abbandonare la vostra brillantissima Vienna per la melanconica Londra... o forse la mia domanda è indiscreta?

MRS. CHEVELEY: Le domande non sono mai indiscrete. Lo sono qualche volta le risposte.

ROBERT: Posso sapere allora cos’è che vi interessa veramente? Forse la politica?

MRS. CHEVELEY: Sì, la politica è il mio solo piacere. Oggi non è di moda flirtare se non si hanno almeno quarant’anni, per un grande amore romantico ne occorrono almeno quarantacinque. Di conseguenza a noi povere donne sui trenta, o che diciamo di avere quell’età, non resta che l’alternativa della politica o delle opere di beneficenza. E quest’ultime mi fanno l’effetto d’esser diventate solo il rifugio degli scocciatori. Preferisco la politica. Mi si addice di più.

ROBERT: La politica è una nobile carriera!

MRS. CHEVELEY: Qualche volta. Qualche volta è un gioco intelligente. E qualche volta una gran seccatura.

ROBERT: Voi come la trovate?

MRS. CHEVELEY: Un miscuglio di tutte e tre le cose. (Lascia cadere il ventaglio.)

ROBERT (raccogliendolo): Permettete?...

MRS. CHEVELEY: Grazie.

ROBERT: Però non m’avete detto ancora che cosa vi ha spinta a onorare Londra così all’improvviso. La stagione mondana da noi è quasi finita.

MRS. CHEVELEY: Non è quella che m’interessa. È troppo simile a un’agenzia matrimoniale. Le donne vanno a caccia di mariti o cercano il modo di liberarsene. Desideravo incontrare voi. Dico la pura verità. Voi sapete quanto forte può essere la curiosità in una donna. Quasi grande come quella dell’uomo. Desideravo ardentemente incontrarvi... e chiedervi di fare qualcosa per me.

ROBERT: Spero che non sia una piccola cosa. Sono le più difficili a realizzarsi.

MRS. CHEVELEY (dopo una pausa di riflessione): No, non credo proprio che si tratti d’una piccola cosa.

ROBERT: Ne sono lieto. Di che si tratta?

MRS. CHEVELEY: Più tardi. (Si alza.) E ora posso visitare la vostra bella casa? Mi dicono che avete dei quadri stupendi. Il povero barone Arnheim – vi ricordate di lui, non è vero? – mi confidava che voi avete dei Corot meravigliosi.

ROBERT (trasalendo impercettibilmente): Conoscevate bene il barone Arnheim?

MRS. CHEVELEY: Intimamente. E voi?

ROBERT: Un tempo.

MRS. CHEVELEY: Anche voi intimamente?

ROBERT: Forse.

MRS. CHEVELEY: Era un uomo meraviglioso, non è vero?

ROBERT (ha un attimo di ripensamento): Era una persona straordinaria da molti punti di vista.

MRS. CHEVELEY: Ho pensato spesso che è un vero peccato non abbia scritto le sue memorie. Sarebbero state interessantissime.

ROBERT: Sì, conosceva bene la città... e gli uomini. E la civiltà della Grecia antica.

MRS. CHEVELEY: E, dati i suoi gusti, non aveva la seccatura di una Penelope che l’aspettasse a casa.

MASON: Lord Goring.

(Entra Lord Goring. Ha trentaquattro anni, ma dice sempre d’esser più giovane. Ha dei bei lineamenti un po’ sbiaditi. È intelligente, ma non ama esser considerato tale. È un perfetto corteggiatore, ma gli dispiacerebbe esser preso per un romantico. Scherza con la vita ed è in buonissimi rapporti con tutti. Gli piace essere frainteso perché questo lo mette in posizione di vantaggio rispetto agli altri.)

ROBERT: Buonasera, carissimo Arthur. Mrs. Cheveley, permettetemi di presentarvi Lord Goring, il re dei fannulloni a Londra.

MRS. CHEVELEY: Ho già conosciuto Lord Goring.

GORING (inchinandosi): Non credevo vi sareste ricordata di me, Mrs. Cheveley.

MRS. CHEVELEY: La memoria mi serve ancora in modo ammirevole. Siete ancora celibe?

GORING: ...Credo di sì.

MRS. CHEVELEY: Come siete romantico!

GORING: Non lo sono affatto: non ho ancora l’età. Lascio ogni romanticheria alle persone più anziane di me.

ROBERT: Lord Goring è la quintessenza del Boodle Club 1 .

MRS. CHEVELEY: Fa onore a quella istituzione.

GORING: Posso chiedervi se rimarrete a Londra per molto tempo?

MRS. CHEVELEY: Dipende in parte dalle condizioni atmosferiche, in parte dalla cucina e in parte da sir Robert.

ROBERT: Spero che non vogliate trascinarci in un conflitto europeo.

MRS. CHEVELEY: Non c’è pericolo... per il momento. (Fa un cenno di saluto a Lord Goring con una luce divertita nello sguardo ed esce con Sir Robert Chiltern. Lord Goring si avvicina con circospezione a Mabel Chiltern.)

MABEL CHILTERN: Siete molto in ritardo!

GORING: Avete sentito la mia mancanza?

MABEL CHILTERN: Spaventosamente!

GORING: Allora mi dispiace di non aver tardato di più. Sono felice che si soffra per la mia assenza.

MABEL CHILTERN: Che bell’egoista!

GORING: Sono molto egoista.

MABEL CHILTERN: Sapete parlare solo dei vostri difetti, Lord Goring?

GORING: Finora ve ne ho elencati appena la metà.

MABEL CHILTERN: E gli altri sono molto gravi?

GORING: Orribili. Quando ci penso, la notte, mi addormento subito!

MABEL CHILTERN: Bene. Io ammiro i vostri difetti. Non vorrei ne perdeste neanche uno.

GORING: Molto gentile da parte vostra. Gentile e adorabile. E del resto voi siete sempre adorabile. A proposito vorrei farvi una domanda. Chi ha presentato in questa casa Mrs. Cheveley? Quella signora col vestito color eliotropio che è appena uscita insieme a vostro fratello...

MABEL CHILTERN: Credo sia stata Lady Markby. Ma perché me lo chiedete?

GORING: Erano anni che non l’incontravo. Tutto qui.

MABEL CHILTERN: Che ragione assurda!

GORING: Tutte le ragioni sono assurde.

MABEL CHILTERN: Che tipo di donna è?

GORING: Oh, un genio di giorno e una bellezza di notte!

MABEL CHILTERN: Mi è già antipatica.

GORING: Questo dimostra che avete buon gusto.

DE NANJAC (avvicinandosi): Ah, la giovane signora inglese è l’emblema del buon gusto, vero? Proprio il massimo dello chic!

GORING: Così almeno dicono i nostri giornali.

DE NANJAC: Io leggo tutti i vostri giornali. Mi divertono tanto!

GORING: Questo significa che voi, caro Nanjac, riuscite a leggere tra le righe!

DE NANJAC: Mi piacerebbe, ma il mio professore non vuole. (A Mabel:) Posso avere il piacere di accompagnarvi nel salone da musica, miss Chiltern?

MABEL CHILTERN: Con molto piacere, visconte. (A Goring:) E voi non venite?

GORING: No, specie se stanno suonando.

MABEL CHILTERN (con severità): Già, la musica è tedesca. Non la capireste. (Esce con de Nanjac. Lord Caversham si avvicina al figlio.)

CAVERSHAM: Che stai facendo? Sciupi la tua vita come al solito? Dovresti essere a letto, ragazzo mio. Tu vai sempre a letto troppo tardi. M’han detto che la notte scorsa hai ballato sino alle quattro di mattina in casa di Lady Rufford.

GORING: Soltanto fino alle tre e tre quarti, papà!

CAVERSHAM: Non riesco a capire come fai a sopportare la società di Londra. Io non la riconosco più. Sono una massa di cretini che parlano a vanvera.

GORING: Mi piace parlare a vanvera, papà. È l’unica cosa che sappia fare.

CAVERSHAM: Tu vivi soltanto per far le cose che ti piacciono.

GORING: E che altro c’è per cui valga la pena di vivere? Nulla invecchia come la felicità.

CAVERSHAM: Sei senza cuore: proprio senza cuore.

GORING: Spero di no, papà. Buonasera, Lady Basildon!

LADY BASILDON (aggrottando le deliziose sopracciglia): Siete qui? Non credevo frequentaste i salotti degli uomini politici.

GORING: Ma io vado pazzo per questi salotti: sono gli unici dove non si parla mai di politica.

LADY BASILDON: Io, invece, mi diverto a parlarne. Ne parlo tutto il giorno. Ma non sopporto che ne parlino gli altri. Non riesco a capire come fanno quei disgraziati alla Camera a sopportare tante lunghe discussioni.

GORING: Loro non le ascoltano mai.

LADY BASILDON: Davvero?

GORING (con grande serietà): Naturalmente. Vedete, ascoltare è molto pericoloso. Se uno ascolta, c’è rischio che rimanga persuaso; e un uomo che si permette di esser persuaso da un’argomentazione è una persona assolutamente irragionevole.

LADY BASILDON: Ecco come si spiegano tante cose degli uomini che non ho mai capite, e tante altre delle donne che i mariti non riescono ad apprezzare!

MRS. MARCHMONT (sospirando): I nostri mariti non apprezzano mai niente di noi. Per questo siamo costrette a rivolgerci ad altri.

LADY BASILDON (con enfasi): Certo, sempre ad altri!

GORING (sorridendo): E queste sono le opinioni delle due signore che hanno i mariti più comprensivi di tutta Londra!

MRS. MARCHMONT: È proprio questo che non possiamo sopportare. Il mio Reginald è d’una perfezione senza speranza. È così perfetto da diventare insopportabile alle volte! E poi a conoscerlo a fondo non ci si eccita nemmeno un po’.

GORING: Che cosa tremenda! Rischi di questo genere dovrebbero essere meglio conosciuti!

LADY BASILDON: Con mio marito è la stessa storia. Non si muoverebbe mai di casa, come faceva quando era scapolo.

MRS. MARCHMONT (stringendo la mano di Lady Basildon): Mia povera Olivia, abbiamo sposato dei mariti perfetti e questa è la nostra punizione!

GORING: Veramente credevo che fossero i mariti a essere stati puniti.

MRS. MARCHMONT (reagisce ergendosi con alterigia): Oh, Dio, no! I nostri mariti sono i più felici della terra. E quanto alla fiducia in noi, è tragico quanta ne abbiano!

LADY BASILDON: Sono fiduciosi come gli eroi delle tragedie!

GORING: O delle commedie, Lady Basildon!

LADY BASILDON: D’una commedia, no, Lord Goring! Ed è poco gentile da parte vostra insinuare una cosa simile!

MRS. MARCHMONT: Come sempre, Lord Goring passa nel campo avverso. Ho veduto che parlava con quella tal Mrs. Cheveley quando è entrata.

GORING: È una bella donna!

LADY BASILDON (rigida): In nostra presenza vi prego di non fare apprezzamenti su altre donne! Dovete sempre aspettare che lo si faccia noi.

GORING: Infatti: ho aspettato.

MRS. MARCHMONT: Noi di certo non canteremo mai le lodi di quella donna! M’hanno detto che lunedì sera è andata all’Opera e a cena ha detto a Tommy Rufford che, per quanto aveva potuto vedere, la società londinese era composta soltanto o da gente sciatta o da gente molto elegante.

GORING: Ha perfettamente ragione. Gli uomini sono tutti sciatti e le donne tutte molto eleganti.

MRS. MARCHMONT (dopo una pausa): Oh! Credete che intendesse dire questo?

GORING: Naturalmente! E la trovo un’osservazione molto appropriata.

MABEL CHILTERN (unendosi al gruppo): Anche voi, come tutti, parlate di Mrs. Cheveley? A proposito di lei Lord Goring ha detto... che cosa avete detto? ah, sì, ora ricordo: che è un genio di giorno e una bellezza di notte.

LADY BASILDON: Che orribile combinazione! E così poco naturale!

MRS. MARCHMONT: A me piace ascoltare i geni e... (Col suo tono più sognante:) di notte guardare la gente bella!

GORING: Abitudini addirittura morbose, Mrs. Marchmont!

MRS. MARCHMONT (illuminandosi tutta): Come sono contenta di sentirvelo dire! Sono sposata da sette anni e mai mio marito m’ha detto che sono morbosa! Gli uomini sono così dolorosamente superficiali!

LADY BASILDON (volgendosi verso di lei): Io l’ho sempre detto invece, cara Margaret: tu sei la persona più morbosa di Londra.

MRS. MARCHMONT: Sei sempre tanto comprensiva, cara Olivia!

MABEL CHILTERN: È morboso provare un forte desiderio di cibo? Ho una gran voglia di mangiare! Perché non mi conducete a cena, Lord Goring?

GORING: Con piacere. (Si avvia con lei.)

MABEL CHILTERN: Siete stato davvero odioso! Non m’avete mai parlato per tutta la serata!

GORING: Come potevo farlo? Vi eravate appartata con quel diplomatico imberbe!

MABEL CHILTERN: Dovevate seguirci. Sarebbe stata pura cortesia. Mi pare di trovarvi decisamente antipatico, stasera.

GORING: Voi invece mi piacete immensamente.

MABEL CHILTERN: Allora vorrei che lo mostraste in modo più evidente! (Scendono al pianterreno.)

MRS. MARCHMONT: Ho un’indefinibile sensazione di sfinimento. Mi piacerebbe molto, credo, andar a cena. Anzi, ne sono certa.

LADY BASILDON: Gli uomini sono così rozzamente materialistici, così orrendamente materialistici...

(Il visconte de Nanjac entra in scena dalla sala da musica insieme ad altri ospiti; dopo aver esaminato attentamente i presenti, si rivolge a Lady Basildon.)

DE NANJAC: Posso aver l’onore di accompagnarvi a cena, contessa?

LADY BASILDON (freddamente): Io non ceno mai; grazie, visconte. (De Nanjac si accinge a tornare indietro, ma Lady Basildon allora si alza e lo prende sottobraccio.) Ma verrò giù con voi con piacere.

DE NANJAC: Io invece non farei che mangiare. In questo sono molto inglese.

LADY BASILDON: Sembrate davvero un inglese, visconte. Proprio un inglese. (Escono.)

(Il signor Montford, un giovanotto senza professione ma vestito con ricercatezza si avvicina a Mrs. Marchmont.)

MONTFORD: Volete andare a cena, Mrs. Marchmont?

MRS. MARCHMONT (languidamente): Io non ceno mai; grazie, signor Montford. (Si alza frettolosamente e lo afferra per il braccio.) Ma mi siederò accanto a voi e vi guarderò mangiare.

MONTFORD: Nutro qualche dubbio sul fatto che sia gradevole esser osservati mentre si mangia.

MRS. MARCHMONT: Allora guarderò qualcun altro.

MONTFORD: Vi prego, Mrs. Marchmont, niente scene di gelosia in pubblico! (Scendono insieme ad altri ospiti e incrociano Sir Robert Chiltern e Mrs. Cheveley che entrano.)

ROBERT: E non andrete in una delle nostre case di campagna, prima di lasciare l’Inghilterra?

MRS. CHEVELEY: Oh, no! Non sopporto le riunioni nelle case di campagna! La gente cerca di far dello spirito sin dalla prima colazione. È tremendo: solo gli stupidi riescono a essere brillanti a quell’ora. E per di più è sempre la pecora nera della famiglia che legge le preghiere... La durata della mia permanenza in Inghilterra dipende soltanto da voi, Sir Robert. (Siede sul divano.)

ROBERT (sedendole accanto): Sul serio?

MRS. CHEVELEY: Già, sul serio. Voglio parlarvi di un grande progetto politico e finanziario, cioè di questa Compagnia Argentina per il Canale.

ROBERT: Quest’argomento di conversazione dev’essere troppo pratico e troppo noioso per voi, Mrs. Cheveley.

MRS. CHEVELEY: A me piacciono i discorsi pratici e noiosi. Quella che non mi piace è la gente pratica e noiosa. C’è una bella differenza! E poi so che siete interessato ai progetti di canali internazionali. Voi eravate segretario di Lord Radley, se non sbaglio, quando il Governo inglese comperò le azioni del Canale di Suez?

ROBERT: Sì, ma il canale di Suez fu una grande, una splendida impresa. Ci diede la via diretta per l’India, consolidò il nostro Impero. Era necessario che ne avessimo il controllo. Questo progetto argentino, invece, è una banalissima truffa...

MRS. CHEVELEY: Una speculazione, Sir Robert! Una brillante, coraggiosa speculazione!

ROBERT: Credete a me: è una truffa. Chiamiamo le cose col loro nome. È più semplice. Al Ministero degli Esteri abbiamo ogni possibile informazione su quest’affare. Ho incaricato una commissione speciale di fare privatamente delle indagini; la sua relazione dice che i lavori sono appena all’inizio e nessuno sembra sapere dove sia andato a finire il denaro sottoscritto sinora. Si tratta d’un secondo affare-Panama 2 e senza neanche quel venticinque per cento di probabilità di successo che aveva quel miserabile affare. Spero che voi non vi abbiate investito denaro. Sono sicuro che siete troppo intelligente per averlo fatto.

MRS. CHEVELEY: Vi ho investito invece una somma enorme.

ROBERT: Chi vi ha potuto consigliare una sciocchezza simile?

MRS. CHEVELEY: Un vostro intimo amico che era anche mio.

ROBERT: Chi?

MRS. CHEVELEY: Il barone Arnheim.

ROBERT (preoccupato): Già, ricordo d’aver sentito dire all’epoca della sua morte che non era estraneo a questa brutta faccenda.

MRS. CHEVELEY: Fu la sua ultima sfida. O per dire la verità, la penultima.

ROBERT (alzandosi): Ma voi non avete ancora veduto i miei Corot. Sono nella sala da musica: è un tipo di pittura che si adatta perfettamente alla musica, non vi pare? Posso mostrarveli?

MRS. CHEVELEY: Non ho l’umore adatto... (scuotendo il capo) stasera né per crepuscoli argentei né per aurore rosate. Voglio parlare di affari. (Col ventaglio fa cenno a Sir Chiltern di riprendere posto accanto a lei.)

ROBERT: Temo di non potervi dare altro consiglio se non quello di interessarvi di affari meno pericolosi. Il successo o il fallimento di quella Compagnia dipende naturalmente dalla posizione dell’Inghilterra e domani sera presenterò alla Camera la relazione dei Commissari.

MRS. CHEVELEY: È proprio quel che non dovreste fare. Nel vostro stesso interesse, per non parlare del mio, non dovete farlo.

ROBERT (stupito): Nel mio interesse? Che intendete dire? (Torna a sedersi accanto a lei.)

MRS. CHEVELEY: Sarò assolutamente sincera con voi, Sir Robert. Voglio che ritiriate la relazione che intendevate presentare alla Camera dei Comuni. Potete dire che avete qualche ragione per credere che i Commissari fossero prevenuti o male informati o qualcosa del genere. Poi potreste anche dire qualche parola per comunicare che il Governo riesaminerà la questione, poiché pensate che il Canale, una volta finito, avrà un grande valore internazionale. Ma voi conoscete molto bene il genere di cose che i ministri dicono in casi simili. Basteranno i soliti luoghi comuni. Nella vita moderna non c’è niente che faccia più effetto d’un luogo comune: riesce a unire come fratelli persone d’ogni razza. Fareste questo per me?

ROBERT: Non potete farmi sul serio una proposta del genere!

MRS. CHEVELEY: Parlo con estrema serietà.

ROBERT (freddamente): Consentitemi di credere che non sia vero.

MRS. CHEVELEY (con calore e decisione): Ma è vero! E se voi farete quel che chiedo sarete ben ricompensato.

ROBERT: Pagarmi?!

MRS. CHEVELEY: Sì!

ROBERT: Temo di non capire quel che state dicendo.

MRS. CHEVELEY (appoggiandosi allo schienale del divano e guardandolo): Che delusione! E pensare che ho fatto questo lungo viaggio da Vienna proprio perché voi poteste capirmi!

ROBERT: Continuo a non capirvi.

MRS. CHEVELEY (con molta disinvoltura): Caro Sir Robert, siete un uomo di mondo e immagino abbiate il vostro prezzo. Al giorno d’oggi l’abbiamo tutti, un prezzo. Il guaio è che la maggior parte delle persone è terribilmente cara. Spero che voi abbiate pretese ragionevoli.

ROBERT (alzandosi, indignato): Se permettete, faccio chiamare la vostra carrozza. Avete vissuto all’estero per molto tempo, Mrs. Cheveley, e ora forse non siete più in grado di rendervi conto che state parlando con un gentiluomo inglese.

MRS. CHEVELEY (toccandogli un braccio col ventaglio e trattenendolo, mentre continua a parlare): Mi rendo conto di parlare con un uomo che ha creato la sua fortuna, vendendo a uno speculatore di borsa un segreto di Stato.

ROBERT (mordendosi le labbra): Che volete dire?

MRS. CHEVELEY (alzandosi e guardandolo fisso): Voglio dire che so in qual modo vi siete arricchito e avete fatto carriera e, anche, che la vostra lettera è in mano mia.

ROBERT: Quale lettera?

MRS. CHEVELEY (con disprezzo): La lettera che scriveste al barone Arnheim quando eravate segretario di Lord Radley, dicendogli di comperare azioni del Canale di Suez... una lettera scritta tre giorni prima che il Governo annunciasse l’acquisto di quelle azioni.

ROBERT (con voce rauca): Non è vero!

MRS. CHEVELEY: Voi pensavate che la lettera fosse andata distrutta. Povero illuso. Ce l’ho io.

ROBERT: L’affare di cui parlavo... era solo il suggerimento d’una speculazione. La Camera dei Comuni non aveva ancora approvato il progetto di legge, che avrebbe anche potuto essere respinto.

MRS. CHEVELEY: Era una truffa, Sir Robert. Chiamiamo le cose col loro nome. È più semplice... Adesso ho intenzione di cedervi la vostra lettera e il prezzo che ne chiedo è il vostro palese appoggio al progetto argentino. Un canale ha fatto la vostra fortuna. Ora dovete aiutare me e i miei soci a fare d’un altro Canale la nostra!

ROBERT: Quel che mi proponete è un’infamia, una vera infamia!

MRS. CHEVELEY: Oh, no; così vuole il gioco della vita a cui tutti, prima o poi, siamo costretti a giocare!

ROBERT: Non posso fare quel che mi chiedete.

MRS. CHEVELEY: Volete dire che non potete esimervi dal farlo. Sapete che vi trovate sull’orlo d’un precipizio. E non sta a voi dettare condizioni. Siete voi che le dovete accettare. Supponendo che rifiutaste...

ROBERT: Cosa succederebbe?

MRS. CHEVELEY: Cosa succederebbe, caro Sir Chiltern? Sareste rovinato, tutto qui. Ecco le conseguenze della mentalità puritana che domina l’Inghilterra. Nei tempi passati nessuno pretendeva d’esser migliore degli altri, nemmeno un po’. Infatti essere migliore dei propri vicini era considerata una cosa volgare, una ostentazione da borghesucci. Oggi, con questa smania di moralità a tutti i costi, ciascuno di voi deve diventare un modello di purezza, di incorruttibilità e di tutte le altre sette micidiali virtù... e qual è il risultato? Voi cadete tutti come birilli, uno dopo l’altro. Non passa anno in Inghilterra senza che qualcuno sparisca dalla scena. Gli scandali conferivano fascino, o almeno interesse, a un uomo... adesso lo schiacciano. E il vostro potrebbe essere uno scandalo enorme! Non riuscireste a sopravvivergli. Se si venisse a sapere che quando eravate giovane, segretario d’un grande e importante ministro, avete venduto un segreto di Stato per un’ingente somma di danaro e che questa è stata l’origine della vostra ricchezza e della vostra carriera, sareste radiato dalla vita pubblica e in poco tempo nessuno parlerebbe più di voi. Non è preferibile al sacrificio del vostro avvenire un piccolo compromesso col vostro nemico? Per il momento sono io il vostro nemico. E sono molto più forte di voi. Il grosso dell’esercito è dalla mia parte. Voi avete una posizione invidiabile, ma proprio per questo siete tanto vulnerabile! È difficile difendersi dai miei attacchi. Naturalmente non ho parlato di morale con voi. Via, riconoscete lealmente, che almeno vi ho risparmiato questi discorsi. Anni fa vi comportaste in modo molto abile, anche se spregiudicato, e aveste un gran successo. Dovete a questo fortuna e posizione sociale. Ma adesso è venuto il momento di pagarle. Prima o poi tutti dobbiamo pagare qualche cosa per quanto abbiamo fatto. Ora tocca a voi. Prima che me ne vada, stasera dovete promettermi che ritirerete la vostra relazione e che alla Camera parlerete favorevolmente del progetto argentino.

ROBERT: Quello che domandate è impossibile.

MRS. CHEVELEY: Fate in modo che diventi possibile. E lo farete, Sir Robert. Sapete come si comporta la stampa inglese. Supponete che uscendo di qui, io mi faccia condurre alla redazione d’uno dei vostri quotidiani e riveli questo scandalo, dandone le prove. Pensate alla gioia feroce, al piacere che proverebbero nel farvi cadere dal vostro piedistallo per coprirvi di fango. Pensate a uno qualunque di questi ipocriti che, col suo mellifluo sorriso sulle labbra, scriverebbe un articolo di fondo per predisporre l’opinione pubblica a chi sa quale ignominia.

ROBERT: Basta! Voi volete che ritiri la relazione e affermi di credere nella solidità del progetto argentino?

MRS. CHEVELEY (sedendo sul divano): Sono proprio queste le mie condizioni.

ROBERT (a bassa voce): Vi darò qualsiasi somma chiediate...

MRS. CHEVELEY: Neanche voi, Sir Robert, siete ricco abbastanza per cancellare il passato. Nessun uomo può farlo.

ROBERT: Non farò quel che mi chiedete. Non voglio farlo.

MRS. CHEVELEY: Dovrete farlo, altrimenti... (Si alza.)

ROBERT (con una sorta di stupefatta rassegnazione): Aspettate un momento. Quali sono le vostre esatte proposte? Avete detto che mi avreste restituita la lettera, non è vero?

MRS. CHEVELEY: Sì. Allora siamo d’accordo. Sarò nella tribuna delle signore domani sera alle undici e mezzo. Se per quell’ora, e certo ne avrete avute di occasioni!, avrete fatto un annuncio alla Camera nei termini che desidero, vi restituirò la lettera con i più vivi ringraziamenti e il migliore complimento che mi verrà in mente, o almeno il più adatto alla circostanza. Intendo agire lealmente con voi. Tutti dovremmo agire lealmente... quando siamo dalla parte dei vincitori. Il barone mi ha insegnato questa... e anche tante altre cose.

ROBERT: Dovete lasciarmi il tempo di riflettere sulla vostra proposta.

MRS. CHEVELEY: No, dovete decidere immediatamente.

ROBERT: Datemi una settimana... tre giorni!

MRS. CHEVELEY: Impossibile. Debbo telegrafare a Vienna questa notte.

ROBERT: Dio mio! Perché ho dovuto incontrarvi!?

MRS. CHEVELEY: È stato il caso. (Si avvia alla porta.)

ROBERT: Non andatevene! Acconsento. Ritirerò la relazione. Farò in modo che mi venga fatta un’interrogazione sull’argomento.

MRS. CHEVELEY: Grazie. Sapevo che avremmo trovato un accordo amichevole. Ho capito come siete fatto sin dal primo momento. Vi ho sottoposto a un esame, nonostante l’antipatia che mi mostravate. Adesso fate pur chiamare la mia carrozza. Vedo venire su qualcuno che ha cenato e gli inglesi diventano sempre romantici dopo i pasti, cosa che mi dà terribilmente ai nervi. (Esce Sir Robert Chiltern.)

(Entrano tra altri ospiti Lady Chiltern, Lady Markby, Lord Caversham, Lady Basildon, Mrs. Marchmont, il visconte de Nanjac, Mr. Montford.)

LADY MARKBY: Spero che vi sarete divertita, cara. Sir Robert sa intrattenere i suoi ospiti, non è vero?

MRS. CHEVELEY: Sì, ho apprezzato molto la sua conversazione.

LADY MARKBY: Che carriera brillante ha fatto! E sua moglie è ammirevole: una donna di rigidissimi princìpi, mi fa piacere proclamarlo. Io sono ormai un po’ troppo vecchia per prendermi il noioso incarico di dare il buon esempio, ma ammiro sempre chi riesce a darlo. E Lady Chiltern ha su tutti un’influenza edificante, anche se ai suoi pranzi ci si annoia qualche volta. Ma tutto non si può avere, non vi pare? Adesso però devo scappare. Volete che venga a prendervi domani?

MRS. CHEVELEY: Grazie, sì.

LADY MARKBY: Potremmo fare una passeggiata in carrozza nel parco. Adesso ci si gode un freschetto delizioso!

MRS. CHEVELEY: È molto meno deliziosa la gente che ci va.

LADY MARKBY: Forse sono tutti un po’ stanchi. Ho osservato spesso che le preoccupazioni della mondanità finiscono col rammollire il cervello della gente. Comunque meglio rammolliti che intellettuali. Pensare troppo è davvero il massimo della sconvenienza. E fa venire il naso grosso alle ragazze. Poi diventa impossibile trovare un marito decente a una col naso grosso: gli uomini scappano lontano dalle proboscidi. Buonanotte, cara. (Si avvicina a Lady Chiltern.) Buona notte, Gertrude. (Esce al braccio di Lord Caversham.)

MRS. CHEVELEY: Che splendida casa avete, Lady Chiltern. Ho passato una serata magnifica. Fare la conoscenza di vostro marito è stato interessantissimo.

LADY CHILTERN: Perché desideravate conoscere mio marito?

MRS. CHEVELEY: Vi dirò... volevo interessarlo a quel progetto del Canale argentino, di cui credo avrete sentito parlare. E l’ho trovato molto ben disposto... ben disposto ad ascoltare le mie ragioni, voglio dire. È una cosa rara in un uomo. L’ho convertito in dieci minuti. Domani sera farà un intervento alla Camera dei Comuni in favore del progetto. Dobbiamo andare nella tribuna delle signore per ascoltarlo. Sarà un avvenimento!

LADY CHILTERN: Ci dev’essere un errore. Mio marito non può approvare quel progetto.

MRS. CHEVELEY: Vi assicuro che ormai è stabilito ogni punto: non rimpiango davvero il mio noioso trasferimento da Vienna. È stato un grande successo, ma naturalmente il segreto va mantenuto per le prossime ventiquattr’ore.

LADY CHILTERN (tranquilla): Un segreto? E tra chi?

MRS. CHEVELEY (con un bagliore di trionfo negli occhi): Tra me e vostro marito.

ROBERT (entrando): La vostra carrozza è qui, Mrs. Cheveley.

MRS. CHEVELEY: Grazie. Buona sera, Lady Chiltern. Buonanotte, Lord Goring. Sono al Claridge. Non potreste passarci e lasciare un biglietto per me?

GORING: Come desiderate.

MRS. CHEVELEY: Non fatene però una tragedia, o sarò costretta io a lasciare un biglietto a casa vostra per prender appuntamento. Immagino che questo non sia considerato molto corretto in Inghilterra. All’estero siamo di più larghe vedute. Volete accompagnarmi alla carrozza, Sir Robert? Ora che abbiamo gli stessi interessi, spero che diventeremo grandi amici! (Esce trionfalmente al braccio di Sir Robert. Lady Chiltern, turbata, li osserva mentre discendono la scala. Viene poco dopo raggiunta da altri ospiti ed esce con loro verso un altro salotto.)

MABEL CHILTERN: Una donna orribile!

GORING: Dovreste andare a dormire, Miss Mabel!

MABEL CHILTERN: Lord Goring!

GORING: Mio padre mi ha consigliato di andare a dormire un’ora fa. Non vedo perché non dovrei darvi lo stesso consiglio. Io passo sempre agli altri i buoni consigli che ricevo. È il solo uso che se ne possa fare dato che è inutile servirsene per proprio conto.

MABEL CHILTERN: Lord Goring, voi avete il coraggio di ordinarmi di andare via: non intendo andare a letto almeno per qualche ora. (Avviandosi verso il divano): Potete venirvi a sedere qui, se vi fa piacere e parlarmi di quel che volete fuorché dell’Accademia Reale, di Mrs. Cheveley o di romanzi in dialetto scozzese. Non sono argomenti istruttivi. (S’accorge che, seminascosto dai cuscini, c’è qualcosa sul divano.) E questo cos’è? Qualcuno ha perduto una spilla di brillanti! Bella, vero? (La mostra.) Vorrei che fosse mia, ma Gertrude mi lascia portare solamente le perle, e io sono proprio stufa delle perle. Fanno sì che chi le porta sembri un’intellettuale buona e ingenua! Di chi sarà questa spilla?

GORING: Mi chiedo: chi l’avrà smarrita...

MABEL CHILTERN: È una spilla splendida.

GORING: È anche un braccialetto.

MABEL CHILTERN: No, non è un braccialetto, è una spilla.

GORING: Può esser trasformata in braccialetto. (Lo prende in mano e poi, tratto di tasca un portafogli verde, ve lo ripone con molta cura, mettendolo infine nella tasca interna della giacca, con un’assoluta e fredda padronanza di sé.)

MABEL CHILTERN: Che cosa state facendo?

GORING: Sto per farvi una strana richiesta.

MABEL CHILTERN (interessatissima): Fate, fate pure!

GORING (un po’ sconcertato, ma riprendendosi subito): Non rivelate a nessuno che ho preso in consegna il gioiello. E se qualcuno scrivesse per reclamarlo fatemelo sapere subito.

MABEL CHILTERN: È una strana richiesta davvero.

GORING: La verità è che io stesso ho regalato questa spilla a qualcuno, anni fa.

MABEL CHILTERN: Voi?

GORING: Sì.

(Entra, da sola, Lady Chiltern. Gli altri ospiti sono andati via.)

MABEL CHILTERN: Devo augurarvi la buona notte, allora. Buona notte, Gertrude. (Esce.)

LADY CHILTERN: Buona notte, cara. (A Lord Goring): Avete veduto con chi è venuta Lady Markby stasera?

GORING: Sì. Una spiacevole sorpresa. Perché è venuta qui?

LADY CHILTERN: Apparentemente per cercare di convincere Robert ad appoggiare un progetto disonesto a cui è interessata, il canale argentino.

GORING: Ha sbagliato persona, non è vero?

LADY CHILTERN: Che può capire una donna come lei dell’animo leale di mio marito?

GORING: Se ha cercato di farlo cadere nella sua rete avrà avuto un insuccesso totale. È straordinario constatare quali errori grossolani possa commettere una donna intelligente!

LADY CHILTERN: Non direi che siano intelligenti, le donne di quella razza. Le direi stupide, piuttosto.

GORING: Spesso è la stessa cosa. Buonanotte, Lady Chiltern.

LADY CHILTERN: Buonanotte! (Entra Sir Robert Chiltern.)

ROBERT: Te ne vai, caro Arthur? Fermati ancora un po’, ti prego.

GORING: Purtroppo non m’è possibile. Ho promesso di passare per un attimo dagli Hartlock. Mi pare che abbiano un’orchestra ungherese che suona musica ungherese. A presto. Ciao. (Esce.)

ROBERT: Come sei bella questa sera!

LADY CHILTERN: Dimmi che non è vero, Robert! Non hai l’intenzione di appoggiare quella speculazione in Argentina, spero! Non puoi farlo!

ROBERT: E chi t’ha detto che ne avrei l’intenzione?

LADY CHILTERN: La donna che è appena uscita di qui, Mrs. Cheveley, secondo il nome che porta in questo momento. Quando l’ha detto pareva che volesse prendermi in giro. Robert, io conosco bene quella donna. Tu no. Eravamo a scuola insieme. Era bugiarda, infida, aveva un’influenza malefica su tutti quelli che le avevano accordato fiducia e amicizia. Io la odiavo e la disprezzavo. Era una ladra. Fu espulsa dalla scuola sotto l’accusa di furto. Perché ti lasci influenzare da lei?

ROBERT: Gertrude cara, quel che mi dici sarà vero, ma è successo parecchi anni fa. Meglio dimenticarlo. Mrs. Cheveley può essere cambiata da allora. Non si dovrebbe mai giudicare qualcuno per il suo passato.

LADY CHILTERN (con tristezza): Ognuno è come è stato formato dal proprio passato. Soltanto in questo modo si dovrebbero giudicare le persone.

ROBERT: Sono parole dure.

LADY CHILTERN: Sono parole vere. E cosa intendeva dire quando si vantava di averti persuaso a dare il tuo nome e il tuo appoggio a un’operazione che ti avevo sentito descrivere come il più disonesto e fraudolento progetto che mai sia stato presentato nella vita politica?

ROBERT (mordendosi le labbra): Il mio punto di vista era sbagliato. Tutti possiamo sbagliare.

LADY CHILTERN: Ma se ieri m’hai detto d’aver ricevuto il rapporto della Commissione che condannava tutto il progetto...

ROBERT (camminando su e giù): Ho ragione di credere ora che la Commissione fosse prevenuta o almeno male informata. E poi la vita pubblica e quella privata non sono la stessa cosa: hanno leggi diverse e seguono orientamenti diversi.

LADY CHILTERN: Dovrebbero rappresentare entrambe quanto c’è di meglio in un uomo.

ROBERT (fermandosi): Insomma, in questo caso, in questo caso che riguarda solo la pratica della politica, io ho cambiato parere. Tutto qui.

LADY CHILTERN: Tutto!

ROBERT (con durezza): Sì.

LADY CHILTERN: Robert! Oh, è tremendo doverti fare una domanda simile... Mi stai dicendo tutta la verità?

ROBERT: Perché me lo chiedi?

LADY CHILTERN (dopo una pausa): Perché non mi rispondi?

ROBERT (sedendosi): La verita è una cosa molto complessa e la politica lo è ancora di più. È un ingranaggio. Può accadere di aver degli obblighi verso qualcuno, obblighi che vanno onorati. O prima o poi in politica ci si deve piegare ai compromessi. Lo fanno tutti.

LADY CHILTERN: Compromessi? Perché stasera parli in modo tanto diverso da come ti ho sempre sentito parlare? Perché sei tanto cambiato?

ROBERT: Non sono cambiato. Sono... le circostanze che illuminano i fatti in modo diverso.

LADY CHILTERN: Le circostanze non dovrebbero mai alterare i princìpi.

ROBERT: Ma se ti dicessi...

LADY CHILTERN: Che cosa?

ROBERT: Che è necessario, che è assolutamente necessario.

LADY CHILTERN: Un’azione disonesta non può mai essere necessaria. E se lo fosse, chi avrei amato allora? Ma non può essere, Robert: dimmi che non può essere! Perché sarebbe stato necessario? Quale vantaggio ne avresti ricavato? Denaro? Non ne abbiamo bisogno! E il denaro di dubbia provenienza è una degradazione! Il potere? Ma il potere in se stesso non vale niente! Ha valore se si può usarlo per far del bene, e solo in questo caso. E allora? che cosa sta succedendo? Dimmi che non commetterai quest’atto disonorevole!

ROBERT: Tu non hai il diritto di adoperare una parola simile. Ti ho già detto che si tratta d’un ragionevole compromesso. Niente più di questo.

LADY CHILTERN: Tutto questo potrebbe anche andar bene per altri uomini, per quelli che fanno della loro vita solo una sordida speculazione, ma non per te. Non per te, Robert. Tu sei diverso. Sei diverso dagli altri, lo sei sempre stato in tutta la tua vita. Non ti sei mai lasciato contaminare dalla gente. Per me sei sempre stato l’ideale tra gli uomini. Continua a esserlo. Non distruggere il tuo passato... non distruggere la torre d’avorio! Gli uomini possono amare quel che vale molto meno di loro... cose indegne, disonorevoli! Noi donne, invece, quando amiamo veramente, siamo solo capaci di adorare e quando perdiamo l’oggetto della nostra adorazione perdiamo tutto. Non uccidere il mio amore per te. Non ucciderlo, Robert!

ROBERT: Gertrude!

LADY CHILTERN: So che esistono uomini che celano orribili segreti nella loro vita... uomini che hanno commesso azioni vergognose e che in un momento critico sono costretti a pagare compiendo altre azioni riprovevoli... Non dirmi che sei anche tu uno di questi! C’è dunque nella tua vita una segreta vergogna? Dimmelo, dimmelo subito perché...

ROBERT: Perché?

LADY CHILTERN (molto lentamente): Perché le nostre vite possano avviarsi su strade diverse.

ROBERT: Diverse?

LADY CHILTERN: Perché le nostre vite possano separarsi per sempre. Sarà meglio per entrambi.

ROBERT: Non c’è niente nella mia vita passata che tu non possa conoscere.

LADY CHILTERN: Ne ero sicura, Robert, ne ero sicura! Ma perché allora dire cose spaventose, così contrarie alla tua vera personalità? Non parliamone più. Scrivi a Mrs. Cheveley dicendo che non conti sul tuo appoggio per il suo scandaloso progetto. Se le hai fatto qualche promessa, devi ritirarla, ecco tutto!

ROBERT: Devo scriverle e dirle questo?

LADY CHILTERN: Certo. Non c’è altro da fare.

ROBERT: Potrei vederla di persona. Sarebbe meglio.

LADY CHILTERN: Non devi vederla mai più, Robert! Non è una donna con cui tu possa trattare. Non è degna di parlare a un uomo come te. No, devi scriverle subito, ora, in questo preciso istante. Una lettera che le dimostri che la tua decisione è irrevocabile.

ROBERT: Scrivere adesso?

LADY CHILTERN: Sì!

ROBERT: Ma è tardi. È quasi mezzanotte.

LADY CHILTERN: Non importa. Lei deve sapere subito che si è sbagliata sul conto tuo... che non sei uomo da commettere azioni vili, ignobili e disonorevoli. Scrivile, Robert! Scrivile che ti rifiuti di sostenere il suo progetto perché hai la persuasione che sia disonesto. Sì... devi scrivere la parola «disonesto». Lei sa bene cosa vuol dire questa parola.

(Sir Robert si siede e scrive la lettera. Sua moglie la prende e la legge.) Sì, questo basta. (Suona il campanello.) E ora la busta. (Sir Robert scrive lentamente l’indirizzo.)

(Entra Mason.) Mason, mandate subito questa lettera all’albergo Claridge. Non c’è risposta.

(Mason esce. Lady Chiltern si inginocchia accanto al marito. Lo abbraccia.) Robert, l’amore fa capire tutto. Sento di averti salvato questa notte da qualcosa che avrebbe potuto diventare un pericolo per te, da qualcosa che avrebbe indotto gli altri uomini a toglierti la loro stima. Non credo che tu ti renda conto di aver portato nella vita politica del nostro tempo una più nobile atmosfera, un più elevato sentire verso la vita, mete e ideali più nobili... io lo so e per questo ti amo, Robert.

ROBERT: Oh, amami sempre, amami per tutta la vita!

LADY CHILTERN: Ti amerò sempre perché tu sarai sempre degno di amore. Quando vediamo qualcuno che è più in alto di noi, noi donne lo amiamo per tutta la vita! (Lo bacia, si alza ed esce.)

(Per qualche attimo Sir Robert Chiltern cammina avanti e indietro, poi si siede e si nasconde il volto fra le mani. Entra un servitore e comincia a spegnere le luci. Sir Robert Chiltern alza gli occhi.)

ROBERT: Spegnete, spegnete pure.

(Il servitore spegne tutte le luci. La stanza rimane quasi al buio. L’unica luce proviene dal grande lampadario sopra le scale che illumina l’arazzo del Trionfo di Amore.)

 

Sipario

 

 

 

1 All’epoca il circolo più esclusivo di Londra, ritrovo dei giovani aristocratici più in vista e spesso presi di mira dal caricaturista Gerald Du Maurier del Punch (N.d.T.).

2 È stato il più grande scandalo finanziario e politico della Terza Repubblica francese. Ottantacinquemila sottoscrittori delle azioni emesse dalla Compagnia per il Canale di Panama presieduta da Ferdinand de Lesseps si ritrovarono rovinati per il fallimento e la liquidazione della stessa Compagnia nel febbraio del 1889. In larga maggioranza si trattava di piccoli risparmiatori allettati dalla stampa e da parte del Parlamento francesi, entrambi corrotti da avventurieri ebrei dell’alta finanza: il barone di Reinach, Lévy-Crémieux e Cornelius Hertz (N.d.T.).

Questo ebook appartiene a lidia barone - 1124737 Edito da Newton Compton Editori Acquistato il 01/08/2011 13.50.20 con numero d'ordine 63790
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