L’importanza di essere Onesto
o L’importanza di chiamarsi Ernesto

Commedia in tre atti

1895

 

 

 

 

Premessa

 

La prima edizione a stampa è del 1899 a cura di Leonard Smithers and Co.; non figura il nome di Wilde e si parla soltanto dell’«Author of Lady Windermere’s Fan».

La prima rappresentazione dell’opera era avvenuta nel 1895 a Londra, con un’accoglienza davvero trionfale da parte del pubblico e più tiepida da parte della critica. L’autorevole Black and White aveva sentenziato che il III atto era «abominably clever». Non stupisce quindi che a George B. Shaw, sul quale il teatro di Wilde esercitò qualche influsso, fosse sfuggita la qualità sostanzialmente diversa di The importance of being earnest. In questa «commedia frivola per persone serie» Shaw osservò soprattutto una «assoluta mancanza di cuore». Dove mai aveva trovato il cuore nelle altre commedie di Wilde? E perché avrebbe voluto scoprirlo proprio in quella che si presenta subito, e senza equivoci, come un gioco verbale fine a se stesso, al quale ogni personaggio partecipa in uguale misura?

La «prima» dell’Importanza di essere Onesto ebbe luogo il 14 febbraio, con un afflusso di pubblico senza precedenti, al St. James Theatre. L’impresario, Alexander, recitava nella parte di John Worthing, mentre Allen Aneyswhorth interpretava Algernon Moncrieff.

La prima autorevole edizione teatrale italiana (1941) passò quasi inosservata, a causa d’una distribuzione in parte errata e della regia non convinta né convincente di Corrado Pavolini. Come poteva intuire le mille risorse di questo testo la stessa persona che quasi contemporaneamente scriveva sulla Enciclopedia Italiana dello Spettacolo (pp. 1957-1958, vol. X) assurdità di questo tipo: «Una cosa mancò sempre a Wilde per essere un drammaturgo autentico: il senso del ritmo»? E, peggio ancora: «I suoi scontri di spiritose enormità restano mero fatto letterario e non giungono a organizzarsi secondo un’interna logica musicale che dia loro creativo respiro»? E se Luigi Cimara era un delizioso e svagato Agenore Moncrieff, Evy Maltagliati – che avrebbe potuto essere un’autorevole Lady Bracknell – era costretta alle smancerie sofisticate di Guendalina, mentre del tutto fuori posto era la presenza nel ruolo protagonistico di Worthing del coriaceo, militaresco Carlo Ninchi.

Le due edizioni di riferimento sono a tutt’oggi quelle del 1949 e quella del 1954. La prima (Roma, Teatro Quirino, regia di Lucio Chiavarelli, scene e costumi di Vittorio Lucchi) aveva la seguente prestigiosa distribuzione: Nino Besozzi (Worthing), lo spiritoso e raffinato Franco Scandurra (Moncrieff), Paolo Panelli (Chasuble), Marcello Mastroianni (Lane), Mario Scaccia (Merriman), Jone Morino, poi Pina Cei (Bracknell), Adriana Sivieri, poi Isa Pola (Guendalina), Carla Del Poggio (Cecilia), Anna Maestri (Prism). Puntava con ragione alla esaltazione di quei ritmi e tempi comici negati da Pavolini. La seconda (Milano, Teatro Olympia, regia di Mario Ferrero, scene e costumi di Pier Luigi Pizzi) aveva in Ernesto Calindri (Moncrieff) e Mercedes Brignone (Bracknell) i suoi punti forti, mentre Lia Zoppelli, Lauretta Masiero e Franco Volpi ricoprivano con elegante impassibilità gli altri ruoli importanti.

Sorvolando su altri tentativi, di cui «il tacere è bello», vanno ricordati negli anni seguenti un allestimento con Elena Zareschi, Adolfo Geri e Osvaldo Ruggeri e ancor più recentemente l’edizione del Teatro Ghione ripresa quasi ogni anno (regia di Edmo Fenoglio, scene e costumi di Eugenio Guglielminetti) dove, accanto a Carlo Simoni e a una esilarante Liviana Gentili (Prism), si può ammirare l’arte sottile e caustica di Ileana Ghione che fa di Lady Bracknell un’autentica creazione forse non inferiore alla memorabile interpretazione di Dame Edith Evans nella regia cinematografica di Anthony Asquith.

Quanto al contributo critico più ragguardevole registrato in Italia, mi sembra opportuno segnalare almeno la conclusione d’uno scritto di Nicola Chiaromonte dedicato quarant’anni fa proprio a questa commedia:

A parte il fatto che, a tanti anni di distanza, riesce ancora a divertire una folla, quel che è notevole, in quest’opera così leggera, leggiadra e, in apparenza, inconsistente, è la sua qualità esemplare. La trama realistica non è più che un pretesto per sostenere lo spirito, il wit, l’ironia e, senza troppo parere, la satira. Il tocco satirico più corrosivo sta nella risolutezza con la quale nessuno di questi personaggi, e niente nel loro mondo, è preso sul serio: svaniscono tutti in un seguito irrefrenabile di scherzi e paradossi. Si ritorna alla libertà divagata delle commedie shakespeariane: di fatto, il tema è quello classico della commedia d’equivoci, non senza influenze parigine. Ma la libertà serve a un unico scopo: dare il primo posto alla parola, lasciar sbrigliare l’intelligenza ironica a scapito di ogni altro elemento, e soprattutto della cosiddetta umanità.

 

PAOLO BUSSAGLI

 

 

PERSONAGGI1

 

Giovanni Worthing, giudice conciliatore

Agenore Moncrieff

Rev. Can. Chasuble, dottore in teologia2

Merriman, maggiordomo

Lane, domestico

Lady Bracknell

N.D. Guendalina Fairfax

Cecilia Cardew

Miss [Laetitia] Prism, istitutrice

[Un domestico della Manor House]

 

SCENE DELLA COMMEDIA

 

Atto I, appartamento di Agenore Moncrieff a Half-Moon Street, W., Londra; atto II, giardino della Manor House, Woolton; atto III, soggiorno della Manor House, Woolton.

 

A Robert Baldwin Ross

con stima e affetto.

 

 

Atto I

 

Salottino nell’appartamento di Agenore ad Half-Moon Street, arredato con lusso e un certo gusto artistico. Si sente suonare un pianoforte nella stanza attigua.

Lane sta apparecchiando per il tè su un tavolino.

La musica cessa e subito dopo entra Agenore.

 

AGENORE: Lane, hai sentito quello che suonavo?

LANE: Non ho ritenuto educato ascoltare, signore.

AGENORE: Peggio per te. Io non suono con precisione – chiunque riesce a suonare con precisione – ma suono con un’espressione incantevole. Per quel che riguarda il piano, il sentimento è il mio punto di forza. La scienza la riserbo alla Vita.

LANE: Sì, signore.

AGENORE: E a proposito di scienza della Vita, hai preparato i tramezzini coi cetrioli per Lady Bracknell?

LANE: Sì, signore. (Li mostra su un piatto d’argento).

AGENORE (li osserva, ne prende due e si siede sul sofà): A proposito, Lane, ho visto sul tuo registro che giovedì sera, quando sono venuti a cena Lord Shoreman e il signor Worthing, sarebbero state consumate otto bottiglie di champagne.

LANE: Sì, signore. Otto bottiglie e mezza.

AGENORE: Mi sai dire perché nelle case degli scapoli la servitù beve esclusivamente champagne? Lo domando soltanto a titolo d’informazione.

LANE: Attribuisco il fenomeno alla qualità superiore del vino, signore. Ho avuto spesso modo di notare che molto di rado lo champagne è di buona marca nelle case delle persone sposate.

AGENORE: Santo cielo! Il matrimonio è dunque tanto deprimente?

LANE: Io la considero una condizione molto piacevole, signore. Benché fino a oggi le mie esperienze in materia siano state abbastanza limitate. Sono stato sposato una volta sola, e in conseguenza d’un malinteso con una certa ragazza.

AGENORE (con languida insofferenza): Non so fino a che punto sia interessato alla tua vita privata, Lane.

LANE: Ha ragione, signore. Non è un argomento molto interessante. Io stesso non ci penso mai.

AGENORE: Certo, è naturale. Grazie, Lane. Basta così.

LANE: Grazie a lei, signore. (Lane esce).

AGENORE: Le opinioni di Lane sul matrimonio mi sembrano alquanto rilassate. Se le classi più umili non ci danno dei buoni esempi, che cosa ci stanno a fare? È una categoria che pare del tutto priva di qualsiasi senso di responsabilità morale. (Entra Lane).

LANE: Il signor Ernesto Worthing3. (Entra Worthing. Lane esce).

AGENORE: Carissimo Ernesto! Come stai? Qual buon vento ti spinge in città?

WORTHING: Oh, il piacere, il piacere! Da cos’altro ci dovremmo far spingere? E tu? Pensi sempre a mangiare, vedo...

AGENORE (con rigidezza): Credevo che consumare un leggero spuntino alle cinque del pomeriggio fosse fra le usanze dellabuona società. Dove sei stato da giovedì scorso?

WORTHING (sedendo sul sofà): In campagna.

AGENORE: E che diavolo ci combini?

WORTHING (sfilandosi i guanti): In città ci divertiamo noi, in campagna divertiamo gli altri. Una cosa noiosissima.

AGENORE: Chi sono questi altri che diverti?

WORTHING (disinvolto): Oh, i vicini, i vicini...

AGENORE: Hai dei vicini simpatici dalle tue parti dello Shropshire?

WORTHING: Assolutamente orrendi. Non rivolgo la parola a nessuno.

AGENORE: Allora chissà come li diverti! (Prende un altro tramezzino). A proposito, lo Shropshire è la tua contea, non è vero?

WORTHING: Eh? Lo Shropshire? Ma sì, certamente. Ehi, perchétante tazze? Perché i tramezzini con i cetrioli? Che prodigalità sfrenata in un giovanotto come te! Chi deve venire a prendere il tè delle cinque?

AGENORE: Oh, solo la zia Augusta e Guendalina.

WORTHING: Coincidenza semplicemente deliziosa.

AGENORE: Sarà delizioso per te, ma ho paura che la zia Augusta non sarà entusiasta di trovarti qui.

WORTHING: Posso domandare perché?

AGENORE: Caro amico, il tuo modo di fare la corte a Guendalina è assolutamente disgustoso. Quasi peggio del modo con cui Guendalina fa la civetta con te.

WORTHING: Io amo Guendalina. Son venuto in città con lo scopo preciso di domandare la sua mano.

AGENORE: Non avevi detto che eri in gita di piacere? Io cose simili le chiamo affari!

WORTHING: Come sei poco romantico!

AGENORE: Non vedo nulla di romantico in una richiesta di matrimonio. Esser innamorati è romanticissimo. Ma non c’è niente di romantico in una proposta precisa. C’è persino il rischio d’essere accettati! Anzi generalmente va a finire proprio così, credo. E allora: non ci si diverte più. L’essenza dell’atmosfera romantica sta nella sua incertezza. Se mai prenderò moglie, cercherò di dimenticarmene subito.

WORTHING: Non ne dubito affatto, caro Age. Il Tribunale dei divorzi è stato istituito apposta per la gente a cui la memoria fa di questi scherzi.

AGENORE: Oh, è inutile discutere su quest’argomento. Dio combina i matrimoni ma anche i divorzi. (Worthing allunga una mano per prendere un tramezzino. Agenore glielo impedisce). Ti prego di non toccare i tramezzini con i cetrioli. Sono stati ordinati apposta per la zia Augusta. (Ne prende uno e lo mangia).

WORTHING: Ma tu non hai fatto altro che mangiarli!

AGENORE: Che c’entra? Lei è mia zia! (Prende un altro piatto). Eccoti dei crostini di pane imburrato. Il pane imburrato è per te e per Guendalina. Lei ha una passione per il pane e burro.

WORTHING (servendosene): Ottimo pane e ottimo burro, devo dirlo.

AGENORE: Sì, ma non c’è bisogno che lo mangi tutto tu. Ti comporti come se fosse già tua moglie. Non lo è ancora e non lo sarà mai.

WORTHING: Perché dici una cosa simile?

AGENORE: Prima di tutto le signorine per bene non sposano mai gli uomini con cui hanno fatto le civette. Non la considerano una cosa per bene.

WORTHING: Ma non dire stupidaggini!

AGENORE: Non è una stupidaggine, è una grande verità. Ciò spiega perché in giro ci sono tanti scapoli. E in secondo luogo io non do il mio consenso.

WORTHING: Il tuo consenso?

AGENORE: Caro Ernesto, Guendalina è mia cugina carnale. E se vuoi che dia il mio consenso al vostro matrimonio, dovrai prima chiarirmi esaurientemente la faccenda di Cecilia. (Suona il campanello).

(Entra Lane).

AGENORE: Prendimi il portasigarette che il signor Worthing ha dimenticato nella sala da fumo l’ultima volta che è venuto a cena.

LANE: Sì, signore. (Esce).

WORTHING: Vuoi dire che il mio portasigarette è qui da allora? Perché non me l’hai detto prima? Io ho scritto delle lettere disperate a Scotland Yard. Stavo quasi per offrire una lauta mancia...

AGENORE: Vorrei che l’offrissi a me. Mi capita d’essere più al verde del solito.

WORTHING: Non c’è ragione d’offrire una mancia ora che l’oggetto è stato ritrovato.

(Entra Lane col portasigarette su un piatto d’argento. Agenore lo prende subito. Lane esce).

AGENORE: Devo dire che questa decisione mi sembra dettata da sordida avarizia, Ernesto. (Apre il portasigarette e lo esamina). D’altra parte non fa niente. Ora che leggo quest’iscrizione, mi rendo conto che dopotutto l’oggetto non appartiene a te.

WORTHING: Ma sicuro che m’appartiene! (Gli si avvicina). Me lo avrai visto in mano cento volte e non hai alcun diritto di leggere quel che c’è scritto dentro! È poco corretto leggere in un portasigarette altrui!

AGENORE: Oh, che assurdità voler stabilire delle regole fisse su quello che si può e quello che non si può leggere. Più di metà della cultura moderna si basa su libri che non si dovrebbero leggere.

WORTHING: Ne sono convintissimo, ma non ho nessuna intenzione di fare una discussione sulla cultura moderna. Non sono argomenti da affrontare in privato. Rivoglio il portasigarette, e basta.

AGENORE: Sì, ma questo portasigarette non è tuo. È stato donato da una Cecilia e tu, mi sembra, non conosci nessuna Cecilia.

WORTHING: Se lo vuoi proprio sapere, si dà il caso che Cecilia sia mia zia.

AGENORE: Tua zia!

WORTHING: Sì. È anche una deliziosa vecchia signora. Vive a Tunbridge Wells. Adesso restituiscimelo, Age.

AGENORE (indietreggiando dietro il sofà): Ma perché si deve firmare «la piccola Cecilia» se è una tua zia che vive a Tunbridge Wells? (Leggendo): «Dalla piccola Cecilia con tanto affetto».

WORTHING (inginocchiandosi sul sofà): Ma che vuol dire, amico mio? Ci sono zie alte e zie piccole. Lascia che siano loro a decidere. Secondo te tutte le zie dovrebbero essere esattamente simili alla tua! Che cosa assurda! Per amor del Cielo, restituiscimi il portasigarette. (Insegue Agenore per la stanza).

AGENORE: Ammettiamolo: ma perché tua zia ti chiama zio? «Dalla piccola Cecilia con tanto affetto al caro zio Gianni». Riconosco che una zia potrebbe anche essere piccola, ma per quale motivo una zia, di qualsiasi dimensione, debba chiamare «zio» suo nipote, non mi riesce d’immaginarlo. E poi tu non ti chiami Gianni: tu ti chiami Ernesto.

WORTHING: Non mi chiamo Ernesto, mi chiamo Gianni.

AGENORE: Mi hai sempre detto che ti chiamavi Ernesto. Ti ho presentato a tutti come Ernesto. Rispondi al nome di Ernesto: hai perfino la faccia da Ernesto. Sei la persona del tipo più «onesto» che abbia veduto in vita mia. È proprio assurdo che tu ora dica di non chiamarti Ernesto. L’hai scritto persino sui biglietti da visita. Eccone uno. (Lo estrae dal portafogli). «Ernesto Worthing, B/4 Albany». Questo lo serbo come prova che tu ti chiami Ernesto, se dovessi tentar di negarlo con me o con Guendalina, o con chiunque altro. (Si mette in tasca il biglietto).

WORTHING: Insomma, mi chiamo Gianni in campagna e Ernesto in città, e il portasigarette me l’hanno regalato in campagna.

AGENORE: Sì, ma questo non spiega la circostanza che la tua piccola zia Cecilia, che vive a Tunbridge Wells, ti chiami «caro zio». Fuori, vecchio mio, è molto meglio che ti cavi il dente subito.

WORTHING: Parli proprio come un dentista. È volgarissimo parlare come un dentista senza esser dentisti. È una cosa che fa storcere la bocca.

AGENORE: Proprio quello che ti fanno fare i dentisti. Avanti, dunque: dimmi la verità. Avevo sempre avuto il sospetto che tu fossi un bumburista4 scatenato in gran segreto. Adesso ne sono sicuro.

WORTHING: Bumburista? Che diavolo vuol dire essere un bumburista?

AGENORE: Ti rivelerò il significato di questo lemma incomparabile solo quando tu sarai stato così gentile da spiegarmi perché sei Gianni in campagna e Ernesto in città.

WORTHING: Va bene, ma prima tira fuori il mio portasigarette.

AGENORE: Eccolo. (Glielo consegna). E adesso fuori la tua spiegazione e bada che non sia plausibile. (Si siede sul sofà).

WORTHING: Vecchio mio, non c’è niente di plausibile nella mia spiegazione. È una storia semplicissima. Il vecchio Thomas Cardew, che m’aveva adottato quando ero bambino, mi ha nominato nel suo testamento tutore di sua nipote, Cecilia Cardew. Cecilia, che mi chiama zio per un senso di rispetto che tu non puoi neanche concepire, vive nella mia casa di campagna, affidata alle cure d’una impareggiabile governante, miss Prism.

AGENORE: E dove rimane questa casa di campagna?

WORTHING: La cosa non ti riguarda, caro mio. Non vi sarai mai invitato. Posso dirti soltanto che non è nello Shropshire.

AGENORE: Me l’aspettavo. Ho bumbureggiato per tutto lo Shropshire in ben due occasioni. Continua il discorso. Perché sei Ernesto in città e Gianni in campagna?

WORTHING: Non so se sarai in grado di capire le mie vere ragioni, caro Age. Non sei abbastanza onesto. Quando uno riveste l’incarico di tutore, deve badare alla moralità in tutto e per tutto. E siccome una moralità a tutta prova non ti dà né la salute, né la gioia di vivere, per venire in città ho sempre finto d’avere qui un fratellino minore che si chiama Ernesto, che abita ad Albany e che ne combina di tutti i colori. Questa è la verità pura e semplice.

AGENORE: La verità è molto raramente pura e non è mai semplice. Altrimenti la vita moderna sarebbe noiosissima e la letteratura addirittura impossibile a praticarsi.

WORTHING: E questo non sarebbe un gran male!

AGENORE: La critica letteraria non è il tuo forte, caro. Non cimentartici. Lascia che lo facciano quelli che non sono mai stati all’università. La verità è che tu sei un bumburista. Uno dei bumburisti più spericolati che conosca.

WORTHING: Ma si può sapere che vuoi dire?

AGENORE: Tu hai inventato un fratellino minore comodissimo, che hai battezzato come Ernesto, allo scopo di poter scendere in città tutte le volte che vuoi. Io ho inventato un impagabile amico infermo in permanenza, chiamato Bumbury, per potermene andare in campagna quando mi pare e piace. Bumbury è un vero tesoro. Se non fosse per la sua pessima salute, per esempio non potrei cenare con te questa sera da Willis’s, perché avrei un impegno dalla zia Augusta da oltre una settimana.

WORTHING: Ma io non t’ho invitato da nessuna parte stasera.

AGENORE: Lo so, quando si tratta di fare inviti sei incredibilmente distratto. Fai male. Non c’è niente che indisponga la gente quanto un mancato invito a cena.

WORTHING: Faresti meglio a cenare con la zia Augusta.

AGENORE: Non ne ho la minima intenzione. Tanto per cominciare ho cenato da lei lunedì e cenare coi parenti una volta alla settimana basta e avanza. In secondo luogo quando ceno da lei vengo sempre trattato come persona di famiglia e così o non mi accoppiano con una signora o me ne affibbiano due. Inoltre so già che questa sera mi metterebbe vicino a Mary Farquhar, che civetta sempre con suo marito all’altro lato della tavola. Non è piacevole, anzi non è neppure un comportamento decoroso – anche se questo modo di fare sta diventando sempre più frequente. Il numero delle donne che civettano coi propri mariti a Londra è proprio scandaloso. Sta così male! È come lavare i propri panni puliti in pubblico. E poi ora che so che sei un bumburista incallito voglio naturalmente parlare con te di bumburismo. Te ne voglio spiegare le regole.

WORTHING: Io non sono assolutamente un bumburista! Se Guendalina mi dirà di sì, ho già preso la decisione di uccidere mio fratello. Anzi, credo che l’ammazzerò in ogni caso: Cecilia se ne sta interessando un po’ troppo. Sta diventando una seccatura. Ecco un motivo per liberarmi di Ernesto. E ti consiglio di far altrettanto con il tuo signor... con quel tuo amico malaticcio dal nome assurdo.

AGENORE: Niente mi indurrà a separarmi da Bumbury; e anche se prenderai moglie – cosa che mi pare alquanto improbabile – sarai anche tu ben lieto di far la sua conoscenza. Un uomo che si sposa senza conoscere Bumbury ha davanti a se una vita noiosissima.

WORTHING: Stupidaggini. Se sposerò una ragazza incantevole come Guendalina, e fra quante ne ho vedute in vita mia è l’unica che vorrei sposare, non vorrò certamente aver tra i piedi un tipo come Bumbury.

AGENORE: E allora lo avrà tra i piedi tua moglie. A quanto pare non ti rendi conto che nel matrimonio per farsi compagnia è necessario essere in tre. In due è come essere soli.

WORTHING (col tono di chi la sa lunga): Questa, caro mio, è la tesi che il corrotto teatro francese sta predicando da cinquant’anni in qua.

AGENORE: Certamente, e le esemplari famiglie inglesi l’hanno messa in pratica nella metà del tempo.

WORTHING: Per amor del cielo non tentar di passare per cinico. È troppo facile essere cinici.

AGENORE: Caro mio, al giorno d’oggi non è facile essere niente. In ogni campo c’è una concorrenza eccessiva. (Squillo di campanello elettrico). Ah! Dev’essere la zia Augusta. Soltanto i parenti e i creditori suonano con queste cadenze wagneriane. E ora, se ti levo di torno la madre per dieci minuti, in modo che tu possa fare la tua proposta di matrimonio a Guendalina, posso cenare con te da Willis’s stasera?

WORTHING: Va bene, se vuoi.

AGENORE: Sì, ma dev’essere una cena seria. Odio le persone che prendono i pasti alla leggera. È una frivolezza che non ammetto.

LANE (entrando): Lady Bracknell e la signorina Fairfax.

(Agenore va loro incontro. Entrano Lady Bracknell e Guendalina).

LADY BRACKNELL: Buongiorno, caro Agenore. Spero che tu ti stia comportando bene.

AGENORE: Sto molto bene, zia Augusta.

LADY BRACKNELL: Non è precisamente la stessa cosa. Anzi per la verità le due situazioni si trovano di rado appaiate. (Vede Worthing e gli rivolge un inchino glaciale).

AGENORE (a Guendalina): Mia cara, come sei elegante!

GUENDALINA: Io sono sempre elegante! Non è vero, signor Worthing?

WORTHING: Siete perfetta, signorina Fairfax.

GUENDALINA: No, spero di non essere perfetta. Quando non lo si è c’è una possibilità di sviluppo, e io intendo svilupparmi in molte direzioni. (Guendalina e Worthing siedono insieme in un angolo).

LADY BRACKNELL: Mi rincresce di essere in ritardo, Agenore, ma ho dovuto fare visita a Lady Harbury. Non c’ero più stata da quando il suo povero marito è mancato ai vivi. Non ho mai visto una donna così mutata, sembra di vent’anni più giovane. E adesso dammi una tazza di tè e uno di quei tramezzini al cetriolo che mi hai promesso.

AGENORE: Subito, zia Augusta. (Va alla tavola da tè).

LADY BRACKNELL: Perché non vieni a sedere qui Guendalina?

GUENDALINA: Grazie, mamma, sto benissimo dove sono.

AGENORE (prendendo con orrore un piatto vuoto): Misericordia! Lane! Dove sono i tramezzini con il cetriolo! Li avevo ordinati apposta!

LANE (gravemente): Questa mattina al mercato non c’erano cetrioli.

AGENORE: Non c’erano cetrioli!

LANE: No, signore, neanche a pagarli in contanti.

AGENORE: Basta così, Lane, grazie.

LANE: Grazie a lei, signore. (Esce).

AGENORE: Sono desolato, zia Augusta, che non vi fossero cetrioli, neanche a pagarli in contanti.

LADY BRACKNELL: Non importa, Agenore. Tanto avevo già mangiato due pasticcini da Lady Harbury, che adesso mi sembra non viva altro che per divertirsi.

AGENORE: Ho sentito dire che dal dolore è diventata biondo platino.

LADY BRACKNELL: Ha proprio cambiato colore. Per che cosa non lo so. (Agenore serve il tè). Grazie. Ho per te un bel regalo stasera: ti metterò accanto alla signora Farquhar. È una brava donna, che vuole così bene a suo marito. È una consolazione guardarli.

AGENORE: Temo, zia Augusta, che questa sera dovrò rinunziare al piacere di cenare da te.

LADY BRACKNELL (con cipiglio): Spero di no, Agenore. Mi scombineresti tutta la tavola. Tuo zio dovrebbe mangiare in camera sua: per fortuna ci è abituato.

AGENORE: È una cosa noiosissima, e, non ho bisogno di dirlo, per me un vero rincrescimento, ma il fatto è che ho proprio ricevuto adesso un telegramma che mi dice che il mio povero amico Bumbury è di nuovo ammalato. (Dà un’occhiata a Worthing). Pare che contino sulla mia presenza al suo capezzale.

LADY BRACKNELL: È una cosa curiosa. Questo signor Bumbury sembra soffrire di malattie improvvise...

AGENORE: Sì, povero Bumbury: terribile infermità la sua.

LADY BRACKNELL: Debbo dire, Agenore, che è ora che questo tuo signor Bumbury decida se vuol vivere o andare all’altro mondo. Queste sue tergiversazioni sono assurde. Io non approvo questa vostra moda di correre sempre appresso agli ammalati. È una mania morbosa. Le malattie non debbono essere incoraggiate. La salute è il primo dovere della vita. Io lo dico sempre al tuo povero zio, ma non mi presta attenzione... almeno per quel che riguarda i suoi acciacchi che non migliorano. Mi faresti un grande piacere se chiedessi al signor Bumbury, da parte mia, di non avere un nuovo attacco sabato, perché conto su te per il mio programma musicale. È il mio ultimo ricevimento, e ho bisogno di qualcosa che incoraggi le conversazioni, soprattutto alla fine della season quando uno ha già praticamente detto tutto ciò che aveva da dire, il che, nella maggior parte dei casi, non era molto.

AGENORE: Ne parlerò con Bumbury, zia Augusta, se ancora può parlare; ma credo di poterti promettere un suo miglioramento per sabato. Naturalmente la scelta della musica è sempre molto difficile. Perché, vedi, se uno fa della buona musica la gente non ascolta, e se uno fa della cattiva musica, la gente non chiacchiera. Ma se vieni con me di là un momento possiamo dare un’occhiata al programma che ho preparato.

LADY BRACKNELL: Grazie, Agenore. Sei proprio gentile. (Si alza, seguita da Agenore). Sono sicura che il programma sarà delizioso, dopo qualche ritocco. Bisognerà levare le canzoni francesi. La gente pensa sempre che siano scandalose, e stanno lì con la faccia stupita, il che è volgare, oppure ridono, il che è ancora peggio. Metteremo delle romanze tedesche: il tedesco è una lingua così rispettabile! Guendalina, accompagnami.

GUENDALINA: Certo, mamma. (Lady Bracknell e Agenore vanno nella sala da musica, Guendalina resta indietro e rimane in scena).

WORTHING: Una giornata deliziosa, signorina Fairfax.

GUENDALINA: Fatemi il piacere di non parlare del tempo, signor Worthing. Quando qualcuno mi parla del tempo, so già che vuole dirmi tutt’altro. E questo fatto mi rende nervosa.

WORTHING: Infatti voglio dirvi qualche altra cosa.

GUENDALINA: Ne sono sicura. Non mi sbaglio mai.

WORTHING: E io vorrei avere il permesso di approfittare dell’assenza di Lady Bracknell...

GUENDALINA: E io ve ne do il permesso. La mamma ha l’abitudine di rientrare in una stanza così all’improvviso che tante volte ho dovuto dirle che sta proprio male.

WORTHING (nervoso): Signorina Fairfax, da quando vi ho conosciuta vi ho ammirata più di tutte le altre ragazze – che ho incontrate – da quando ho incontrato voi.

GUENDALINA: Sì, me ne sono accorta. E mi farebbe molto piacere se, almeno in pubblico, non foste così espansivo. Per me, voi avete sempre avuto un fascino irresistibile. Anche prima di conoscervi non mi eravate indifferente. (Worthing la guarda stupefatto). Noi viviamo, come spero che voi sappiate, signor Worthing, in un’epoca di ideali. Questo fatto è di continuo menzionato nelle riviste mensili ed è già persino arrivato fino ai pulpiti di provincia, a quanto mi è stato detto. Ebbene l’ideale per me è stato sempre sposare un uomo chiamato Ernesto. C’è qualcosa nel nome di Ernesto che ispira fiducia. Dal momento in cui Agenore mi disse di avere un amico di nome Ernesto, ho sentito che ero destinata ad amarvi.

WORTHING: Mi amate veramente, Guendalina?

GUENDALINA: Appassionatamente!

WORTHING: Tesoro! Voi non sapete quanto mi fate felice!

GUENDALINA: Ernesto mio!

WORTHING: Ma non vorrete dire sul serio che non potreste amarmi se il mio nome non fosse Ernesto?

GUENDALINA: Ma il vostro nome è Ernesto?

WORTHING: Sì, lo è. Ma supponiamo che non lo fosse. Volete dire che in questo caso non potreste volermi bene?

GUENDALINA (con disinvoltura): Ah, questa è un’ipotesi astratta, e come la maggior parte delle ipotesi astratte, non ha riferimenti concreti con i fatti della vita reale, che noi conosciamo.

WORTHING: Personalmente, cara, e per dirla proprio con franchezza, non è che il nome di Ernesto mi piaccia poi tanto... in fondo in fondo non mi sta affatto bene.

GUENDALINA: Invece vi sta alla perfezione. È un nome divino. Ha una musica tutta sua. Produce delle vibrazioni.

WORTHING: In verità devo dire che secondo me ci sono tanti altri nomi più carini. Per esempio Gianni mi sembra incantevole.

GUENDALINA: Gianni?... No, non c’è musica o quasi nel nome di Gianni. Anzi non ce n’è proprio nessuna. Non dà il minimo fremito, la più piccola vibrazione... Ho conosciuto molti Gianni ed erano tutti senza eccezione anche più insignificanti della media nazionale. E poi, lo sanno tutti, Gianni è solo il diminutivo di Giovanni! E io provo solo compassione per una donna che abbia sposato qualcuno che si chiami Giovanni. Probabilmente non conoscerà mai il piacere squisito di un momento di solitudine: i Giovanni sono appiccicosi. No, l’unico nome davvero sicuro è Ernesto. (Torna a sedersi).

WORTHING: Guendalina, bisogna che mi faccia subito battezzare... voglio dire bisogna che ci sposiamo subito. Non c’è tempo da perdere.

GUENDALINA: Sposare, signor Worthing?

WORTHING (esterrefatto): Be’, certo, voi sapete che vi amo e mi avete dato modo di pensare, signorina Fairfax, di non esservi del tutto indifferente.

GUENDALINA: Io vi adoro. Però non mi avete ancora fatto la dichiarazione. Non abbiamo mai parlato di matrimonio. L’argomento non è stato neanche sfiorato.

WORTHING: Posso... farvi la dichiarazione adesso?

GUENDALINA: Eccellente occasione. E per risparmiarvi qualsiasi possibilità di rimanere deluso, penso sia meglio vi dica con franchezza sin da ora che ho tutte le intenzioni di dirvi di sì.

WORTHING: Guendalina!

GUENDALINA: Sì, signor Worthing: che cosa mi volevate dire?

WORTHING: Sapete bene quel che vi voglio dire...

GUENDALINA: Sì, ma non me lo dite!

WORTHING (inginocchiandosi): Guendalina, volete sposarmi?

GUENDALINA: Ma certo, caro. Ma perché ci hai messo tanto tempo a dirmelo? Temo che tu abbia pochissima esperienza in fatto di dichiarazioni.

WORTHING: Amore mio, al mondo non ho amato nessun’altra che te!

GUENDALINA: Sì, ma spesso gli uomini si dichiarano tanto per far pratica. Mio fratello Gerald fa così. Me l’hanno detto tutte le mie amiche. Che meravigliosi occhi azzurri hai, Ernesto! Sono proprio azzurri azzurri. Spero che mi guarderai sempre così, specialmente in presenza di terzi.

(Entra Lady Bracknell).

LADY BRACKNELL: Signor Worthing! Abbandonate immediatamente quella posizione semicoricata. È assolutamente indecorosa.

GUENDALINA: Mamma! (Worthing cerca di alzarsi, ma Guendalina glielo impedisce). Devo pregarti di lasciarci soli. La tua presenza adesso non è opportuna. E poi il signor Worthing non ha ancora finito.

LADY BRACKNELL: Finito che cosa, se è lecito?

GUENDALINA: Mi sono fidanzata con il signor Worthing. (Si alza contemporaneamente a Worthing).

LADY BRACKNELL: Scusa tanto, ma tu non ti sei fidanzata con nessuno. Quando ti fidanzerai io – o tuo padre se la salute glielo permetterà – te ne daremo notizia. Il fidanzamento dev’essere una sorpresa per una signorina ben allevata, una sorpresa più o meno piacevole, a seconda dei casi. Non è una faccenda che una fanciulla possa combinare da sola. E ora, ho qualche domanda da porvi, signor Worthing. Mentre svolgo queste indagini, tu, Guendalina, mi aspetterai giù in carrozza.

GUENDALINA (in tono di rimprovero): Mamma!

LADY BRACKNELL: In carrozza, Guendalina! (Guendalina si avvia alla porta. Lei e Worthing si mandano baci dietro le spalle di Lady Bracknell, che guarda in giro con espressione vaga come se non capisse l’origine di quel rumore. Finalmente si volta). Guendalina, in carrozza!

GUENDALINA: Sì, mamma. (Esce voltandosi a guardare Worthing).

LADY BRACKNELL (sedendosi): Potete sedervi, signor Worthing.

(Estrae un block-notes e una matita).

WORTHING: Tante grazie, Lady Bracknell. Preferisco stare in piedi.

LADY BRACKNELL: Mi sento in dovere di dirvi che voi non siete nella mia lista di buoni partiti, nonostante la mia lista sia la stessa della cara duchessa di Bolton. Lavoriamo insieme, noi due. Comunque sono pronta a inserirvi se le vostre risposte saranno tali da soddisfare una madre veramente premurosa. Fumate?

WORTHING: Sì, devo ammettere che fumo.

LADY BRACKNELL: Sono contenta. Un uomo deve sempre avere un’occupazione. Girano troppi fannulloni per Londra. Quanti anni avete?

WORTHING: Ventinove.

LADY BRACKNELL: Una buona età per sposarsi. Sono sempre stata d’avviso che un uomo che vuole sposarsi dovrebbe avere un’età in cui o sa tutto o niente. Che cosa conoscete voi?

WORTHING (con esitazione): Io non so niente, Lady Bracknell.

LADY BRACKNELL: Sono lieta di udirlo. Non approvo ciò che interferisce con la naturale ignoranza. L’ignoranza è come un delicato frutto esotico; se lo toccate la sua freschezza se ne va. La nostra educazione moderna è tutta sbagliata. Per fortuna in Inghilterra l’educazione non produce nessun effetto. Se lo producesse, sarebbe un pericolo serissimo per le classi alte, e probabilmente porterebbe a delle violenze in Grosvenor Square. Che reddito avete?

WORTHING: Fra sette e ottomila sterline l’anno.

LADY BRACKNELL (prende nota nel taccuino): Terre o titoli?

WORTHING: Soprattutto titoli.

LADY BRACKNELL: Mi sembra che vada tutto bene. Fra le tasse che uno paga in vita e quelle che si pagano dopo che uno è morto, la terra ha cessato di essere sia un profitto che un piacere. Dà una posizione, ma poi non dà il modo di mantenerla. È tutto ciò che si può dire a suo favore.

WORTHING: Ho anche una casa in campagna con un po’ di terra attorno, circa 500 ettari; ma non vi faccio nessun assegnamento per le mie rendite. In realtà i bracconieri sono i soli che ne ricavano qualche cosa.

LADY BRACKNELL: Una casa di campagna! Quante stanze da letto? Be’, quello è un punto che possiamo chiarire dopo. Avrete anche una casa in città, spero? Una ragazza dalla mente semplice e pura quale Guendalina non può andare a vivere in campagna.

WORTHING: Ho una casa a Belgrave Square, ma la affitto in parte a Lady Bloxham. Naturalmente la potrò riavere quando voglio con sei mesi di preavviso.

LADY BRACKNELL: Lady Bloxham? Non l’ho mai conosciuta.

WORTHING: Oh, esce molto poco. È una signora molto vecchia.

LADY BRACKNELL: Al giorno d’oggi essere vecchi non è una garanzia di rispettabilità. Anzi. Che numero di Belgrave Square?

WORTHING: Centoquarantanove.

LADY BRACKNELL (scuotendo il capo): La parte che non è di moda. Immaginavo che c’era qualcosa che non andava. Comunque a questo si può riparare.

WORTHING: Volete dire la moda o la parte di strada?

LADY BRACKNELL (serissima): Tutte e due, se necessario. Che opinione avete in politica?

WORTHING: Temo proprio di non averne nessuna. Sono un liberale unionista.

LADY BRACKNELL: Oh, quelli sono quasi dei conservatori. Pranzano a casa mia. E adesso passiamo a cose secondarie. I vostri genitori sono vivi?

WORTHING: No, sono morti tutti e due.

LADY BRACKNELL: Perdere un genitore, signor Worthing, può essere una sfortuna; ma perderli tutti e due è segno di trascuratezza. Chi era vostro padre? Doveva essere un uomo di mezzi. Era nato in quello che i giornali radicali chiamano il commercio, o uscito dai ranghi dell’aristocrazia?

WORTHING: Debbo confessarvi che proprio non lo so. Il fatto è che io vi ho detto che ho perduto entrambi i genitori: sarebbe stato più preciso dire che i miei genitori avevano perduto me... Non so chi fossi quando ero nato. Io son stato... trovato.

LADY BRACKNELL: Trovato!

WORTHING: Sì. Mi aveva trovato il defunto signor Thomas Cardew, un vecchio signore di sentimenti caritatevoli e gentili, il quale mi dette il nome di Worthing perché in quel momento aveva in tasca un biglietto di prima classe per Worthing. Worthing, se non lo sapesse, è un posticino del Sussex, sul mare.

LADY BRACKNELL: E dove vi aveva trovato questo signore caritatevole che aveva un biglietto di prima classe per quel posticino sul mare?

WORTHING (con gravità): In una borsa.

LADY BRACKNELL: Una borsa?

WORTHING (serissimo): Sì, Lady Bracknell. Ero dentro una borsa; una borsa un po’ grande, una borsa di pelle nera, con due maniglie, insomma una borsa qualunque.

LADY BRACKNELL: E in che località questo signor James, o Thomas Cardew aveva trovato questa borsa qualunque?

WORTHING: Al deposito dei bagagli alla stazione Vittoria. Gli fu consegnata per errore invece della sua valigia.

LADY BRACKNELL: Il deposito dei bagagli, alla stazione Vittoria!

WORTHING: Sì, quello della linea di Brighton.

LADY BRACKNELL: La linea non ha importanza. Signor Worthing, debbo dire che mi sento alquanto turbata da ciò che mi avete raccontato. Esser nato, o comunque allevato, in una borsa, con maniglie o senza, mi sembra che denoti un disprezzo tale per le norme più elementari della vita di famiglia da ricordarmi le peggiori mostruosità della Rivoluzione Francese. E voi sapete, immagino, dove quella disgraziata insurrezione ci ha portato! Quanto alla località dove la borsa fu trovata, vi dirò che un deposito bagagli di una stazione ferroviaria può servire a nascondere un’infrazione alle leggi sociali e morali – probabilmente è stato usato per questo scopo altre volte – ma non può in alcun modo essere considerato come una base sicura per una posizione nella buona società.

WORTHING: Posso domandarvi che cosa mi consigliate di fare? Non ho bisogno di dire che farei qualunque cosa per la felicità di Guendalina.

LADY BRACKNELL: Vi consiglierei, signor Worthing, di cercare di trovarvi al più presto qualche parente, e fare uno sforzo preciso per presentarmi almeno un genitore, dell’uno o dell’altro sesso, prima che la season sia finita.

WORTHING: Non vedo proprio come potrei. Posso però presentarvi la borsa. La tengo sempre nel mio spogliatoio. Questo dovrebbe bastarvi, Lady Bracknell.

LADY BRACKNELL: A me? Signore! Che cosa c’entro io? Non vi immaginerete certo che io e Lord Bracknell ci sogniamo di permettere che la nostra unica figlia, una ragazza allevata con tutte le cure, sposi la prole d’un deposito bagagli e si imparenti con una borsa. Buongiorno, signor Worthing! (Esce in un turbine di maestosa indignazione).

WORTHING: Buongiorno. (Nella stanza attigua Agenore suona al piano la Marcia Nuziale. Worthing, furibondo, va alla porta). Per l’amor di Dio, Age! Non suonare quella marcia sinistra! Sei proprio un idiota! (Finisce la musica ed entra Agenore allegrissimo).

AGENORE: Non ha funzionato, vecchio mio? Vuoi dirmi che Guendalina ti ha respinto? È una sua abitudine, non fa che respingere la gente! In questo mi sembra un po’ inacidita.

WORTHING: Oh, su Guendalina posso far pieno assegnamento. Per quel che la riguarda, siamo fidanzati. Sua madre invece è proprio insopportabile. Mai vista una simile Gorgone... Veramente cosa sia di preciso una Gorgone non lo so, ma è certa una cosa: Lady Bracknell è una Gorgone! In ogni caso è un mostro senza essere un mito, il che non è corretto. Oh, scusami Age, forse non dovrei parlar così di tua zia in tua presenza.

AGENORE: Ma caro! Io adoro sentir dire peste e vituperio dei miei parenti! È la sola cosa che me li rende appena sopportabili. I parenti sono una genìa tediosa che non ha la più pallida idea di come vivere. E nemmeno la più piccola intuizione di quando morire.

WORTHING: Queste sono sciocchezze!

AGENORE: Nemmeno per sogno!

WORTHING: Non voglio discutere su questo. Sei tu che vuoi sempre discutere su tutto.

AGENORE: Questa è la sola ragione per cui le cose sono state inventate.

WORTHING: Parola d’onore se la pensassi così anch’io, mi sparerei. (Una pausa). Credi ci sia la possibilità che fra centocinquant’anni Guendalina diventi come sua madre?

AGENORE: Tutte le donne diventano come le loro madri. Questa è la loro tragedia. Gli uomini non lo diventano mai. E anche questa è la loro tragedia.

WORTHING: Scusa, ma è una battuta?

AGENORE: È formulata alla perfezione. E non è meno vera di quanto dovrebbe essere una qualsiasi osservazione fatta fra gente civile.

WORTHING: Io sono stufo della gente intelligente. Al giorno d’oggi tutti sono intelligenti. Li incontri dappertutto: stanno diventando un pericolo pubblico. Come vorrei che ci fosse rimasto ancora qualche cretino.

AGENORE: C’è rimasto.

WORTHING: Come vorrei incontrarlo! Di che parlano tra loro, i cretini?

AGENORE: Delle persone intelligenti, naturalmente.

WORTHING: Sono proprio cretini.

AGENORE: A proposito, hai detto a Guendalina di quella faccenda che sei Ernesto in città e Gianni in campagna?

WORTHING (con una certa condiscendenza): Caro amico, la verità non è una cosa che si dice a una ragazza dolce, graziosa, raffinata. Hai delle strane idee su come ci si deve comportare con le donne!

AGENORE: Il solo modo di comportarsi con una donna è di farle la corte se è bella, e farla a qualcun’altra se è brutta.

WORTHING: Oh, che sciocchezze!

AGENORE: E tuo fratello? Il dissoluto Ernesto?

WORTHING: Prima della fine della settimana me ne sarò liberato. Dirò che gli è venuto un coccolone a Parigi. C’è tanta gente che muore d’apoplessia, non è vero?

AGENORE: Sì, caro, ma è ereditaria. È una di quelle tare che si trasmettono in famiglia. Faresti meglio a parlare d’un forte raffreddore.

WORTHING: Sei sicuro che un forte raffreddore non sia ereditario?

AGENORE: Sicurissimo.

WORTHING: Benissimo. Il mio povero fratello Ernesto morirà all’improvviso a Parigi ucciso da un forte raffreddore. E così me ne sbarazzo.

AGENORE: Ma credo d’aver capito che... la signorina Cardew s’è molto interessata al tuo povero fratello Ernesto. Non soffrirà per la sua scomparsa?

WORTHING: Oh, non preoccuparti. Cecilia non è una sciocchina romantica. Ha un ottimo appetito, fa lunghe passeggiate e trascura completamente i suoi studi.

AGENORE: La conoscerei molto volentieri, questa Cecilia.

WORTHING: Starò molto attento perché questo non succeda. È molto carina e ha solo diciotto anni.

AGENORE: E tu gliel’hai detto a Guendalina che hai una pupilla molto carina che ha solo diciotto anni?

WORTHING: Queste non sono cose che si vanno a sbandierare in giro. Cecilia e Guendalina diventeranno certamente grandissime amiche. Scommetto qualunque cosa che mezz’ora dopo essersi conosciute si chiameranno «sorellina mia»...

AGENORE: Questo le donne lo fanno solo dopo essersi chiamate in molti altri modi. Ora, vecchio mio, se vogliamo trovare un buon tavolo da Willis’s dobbiamo andarci a cambiare. Sai che sono quasi le sette?

WORTHING (irritato): Uffa! Sono sempre quasi le sette!

AGENORE: Ma io ho fame!

WORTHING: Vorrei sapere quand’è che non hai fame.

AGENORE: E dopo cena che facciamo? Si va a teatro?

WORTHING: Oh, no! Detesto ascoltare.

AGENORE: Allora andiamo al Circolo?

WORTHING: No! Detesto parlare.

AGENORE: Allora potremmo fare un salto all’Empire5 verso le dieci.

WORTHING: No! Detesto guardare. È talmente sciocco.

AGENORE: E allora cosa facciamo?

WORTHING: Niente.

AGENORE: Ma non far niente è una fatica immane. Comunque a me non dispiace faticare, purché lo faccia senza scopo.

(Entra Lane).

LANE: La signorina Fairfax.

(Esce Lane, entra Guendalina).

AGENORE: Guendalina? Cos’è successo?

GUENDALINA: Age, girati dall’altra parte. Devo dire una cosa molto importante al signor Worthing.

AGENORE: Veramente non credo di poterlo permettere.

GUENDALINA: Age, tu consideri sempre le cose della vita da un punto di vista rigorosamente immorale. E non hai ancora l’età per farlo.

(Agenore va vicino al caminetto).

WORTHING: Tesoro mio!

GUENDALINA: Ernesto, forse non ci sposeremo mai. Dall’espressione della faccia di mamma arguisco che non sarà possibile. Pochi genitori al giorno d’oggi prestano attenzione a quel che i figli dicono loro. È morto l’antico rispetto per i giovani. Quel po’ di ascendente che ho avuto sulla mamma l’ho perso all’età di tre anni. Ma se anche mamma potrà impedirci di diventare marito e moglie e finirò con lo sposare un’altro, se anche dovrò sposarmi più d’una volta, lei non potrà fare niente per riuscire a modificare l’amore eterno che ho per te.

WORTHING: Cara!

GUENDALINA: La storia della tua romantica nascita, come me l’ha raccontata la mamma con molti commenti spiacevoli, m’ha turbato nelle più profonde fibre dell’animo. Il tuo nome di battesimo ha un fascino irresistibile per me. La semplicità del tuo carattere ti rende per me squisitamente incomprensibile. Ho il tuo indirizzo di città, ma qual è quello di campagna?

WORTHING: The Manor House, Woolton, Hertfordshire.

(Agenore, che ha ascoltato, sorride e si scrive l’indirizzo sul polsino della camicia. Poi prende l’orario ferroviario).

GUENDALINA: Funziona bene il servizio postale? Potrebbe diventar necessario ricorrere a un atto disperato. Questo naturalmente richiederà mature riflessioni, com’è ovvio. Mi terrò in contatto con te ogni giorno.

WORTHING: Amore mio!

GUENDALINA: Quanto ti trattieni ancora in città?

WORTHING: Sino a lunedì.

GUENDALINA: Bene! Age, adesso puoi voltarti.

AGENORE: Grazie, m’ero già voltato.

GUENDALINA: Puoi anche suonare il campanello.

WORTHING: Posso accompagnarti fino alla carrozza, tesoro?

GUENDALINA: Certo.

WORTHING (a Lane, che entra): Accompagno io la signorina Fairfax.

LANE: Sì, signore.

(Guendalina e Worthing escono).

(Lane presenta ad Agenore parecchie lettere su un piatto d’argento. Deve trattarsi di conti perché Agenore, dopo uno sguardo alle buste, li getta nel caminetto).

AGENORE: Un bicchiere di sherry, Lane.

LANE: Sì, signore.

AGENORE: Domani vado a bumbureggiare.

LANE: Sì, signore.

AGENORE: Non sarò probabilmente di ritorno sino a lunedì. Metti pure in valigia un abito da sera, la giacca da casa e tutti i vestiti per bumbureggiare.

LANE: Sì, signore. (Gli presenta il bicchiere di sherry sul vassoio).

AGENORE: Spero che domani faccia bel tempo.

LANE: Non succede mai, signore.

AGENORE: Lane, sei un pessimista incorreggibile.

LANE: Faccio del mio meglio per esserle utile.

(Esce Lane, entra Worthing).

WORTHING: Che ragazza sensibile e intelligente! È la sola di cui mi sia mai importato in tutta la mia vita! (Agenore ride fragorosamente). Che c’è di tanto divertente?

AGENORE: Sono un po’ preoccupato per il mio povero Bumbury, tutto qui.

WORTHING: Se non stai attento quel tuo amico ti metterà in un bel pasticcio un giorno o l’altro.

AGENORE: I pasticci mi piacciono tanto. E abbasso le cose serie!

WORTHING: Oh, che sciocchezze! Non sai dire altro!

AGENORE: Come tutti, tutto il tempo!

(Worthing lo guarda indignato ed esce. Agenore si accende una sigaretta, guarda quel che ha scritto sul polsino, e sorride).

 

Sipario

 

 

 

1 In un’opera dove il significato, recondito e non, dei nomi è davvero «importante», sembra opportuno tradurli tutti per evitare di dover aggiungere parole o battute che giustifichino il senso del testo (N.d.T.).

2 Chasuble significa «pianeta», cioè il paramento indossato dal sacerdote quando dice messa (N.d.T.).

3 Tra Ernesto, che non permette alcun gioco di parole, e Fedele, Franco, Probo, Serio, Severo – i vari nomi proposti da vari traduttori – m’è sembrato che quello di Onesto conservasse il suono dell’originale e permettesse senza troppi aggiustamenti di mantenere la risibile predilezione delle due protagoniste giovani per un nome fuori del comune. E condurre una doppia vita in città e in campagna, inventarsi un fratello inesistente ecc. non è certo espressione di quell’ossequio alle leggi morali della virtù e dell’onore che l’etimo del nome dovrebbe suggerire. Inoltre si sono unificati con l’indicazione del cognome i vari Jack e i più rari John che nell’originale contraddistinguono il personaggio di Worthing (N.d.T.).

4 Per mantenere il suono italiano del neologismo inventato da Agenore si è modificata in seguito la grafia del nome Bunbury in quella di Bumbury (N.d.T.).

5 Teatro di spettacoli di varietà, situato in Leicester Square (N.d.T.).

Questo ebook appartiene a lidia barone - 1124737 Edito da Newton Compton Editori Acquistato il 01/08/2011 13.50.20 con numero d'ordine 63790
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