Camma
To Ellen Terry
As one who poring on a Grecian urn
Scans the fair shapes some Attic hand hath made,
God with slim goddess, goodly man with maid,
And for their beauty’s sake is loth to turn
And face the obvious day, must I not yearn
For many a secret moon of indolent bliss,
When in the midmost shrine of Artemis
I see thee standing, antique-limbed, and stern?
And yet – methinks I’d rather see thee play
That serpent of old Nile, whose witchery
Made Emperors drunken, – come, great Egypt, shake
Our stage with all thy mimic pageants! Nay,
I am grown sick of unreal passions, make
The world thine Actium, me thine Antony!
Camma
A Ellen Terry
Come uno che meditando su di un’urna greca
Scruta le belle forme da qualche mano attica foggiate,
Dio con snella dea, aitante uomo con fanciulla,
E per la loro bellezza rilutta a volgersi
E ad affrontare l’ovvio giorno, non debbo forse bramare
Molte segrete lune di indolente beatitudine,
Quando nel più centrale intimo sacrario di Artemide
Ti vedo ritta, antica di membra, e severa?
Eppure – penso che preferirei vederti recitare
Quel serpente del vecchio Nilo, la cui stregoneria
Inebbriò imperatori, – vieni, grande Egitto, scuoti
Le nostre scene con tutti tuoi mimici cortei! Sì,
Mi sono stancato di passioni irreali, fai
Del mondo la tua Azio, di me il tuo Antonio!