La sala operativa di Lewisham Row era un enorme open space senza aria condizionata. Gli agenti erano immersi nella luce intensa e spietata dei neon. I divisori di vetro si affacciavano sui corridoi e ospitavano una lunga serie di stampanti e fotocopiatrici. Erika aspettava con un misto di eccitazione, orrore e trepidazione i risultati preliminari dell’autopsia di Gregory Munro. Le pagine venivano sputate una dopo l’altra dalla stampante, calde.
Nonostante le poche ore di sonno la squadra era già al completo e al lavoro. Il sergente Crane – capelli biondi, sempre attivo, motore instancabile della sala operativa – correva fra le scrivanie, sistemando le fotocopie prima della riunione. Moss rispondeva ai telefoni che squillavano senza sosta insieme a Singh, una poliziotta minuta, carina e davvero sveglia. L’agente Warren – un nuovo membro del team, giovane, piacevole ed entusiasta – stava riportando le prove del caso sulla gigantesca lavagna bianca che occupava tutta la parete di fondo.
L’ispettore Peterson entrò nella sala operativa e si guardò intorno. Era un poliziotto di colore alto e affascinante, aveva i capelli corti raccolti in treccine ordinate. Insieme a Moss, era diventato uno dei colleghi più fidati di Erika. La sua fredda eleganza bilanciava la cruda concretezza di Moss.
«Hai passato delle belle vacanze, Peterson?», chiese Erika sollevando lo sguardo dal rapporto.
«Sì. Barbados. Pace, silenzio, spiagge dorate… Praticamente l’opposto di tutto questo», rispose con una punta di nostalgia. Ma Erika già non gli prestava più attenzione, troppo concentrata su ciò che stava leggendo.
Moss appoggiò una mano sul telefono. «Sicuro di essere stato in vacanza? Non mi sembri tanto abbronzato…».
«Ah, ah. La tazza di latte che ho bevuto stamattina era meno bianca di te», le rispose Peterson con il sorriso sulle labbra.
«È bello riaverti qui». Moss gli fece l’occhiolino e tornò alla sua telefonata.
«Allora, buongiorno a tutti», disse Erika attraversando la stanza. Tirò fuori un paio di foto scattate sulla scena del crimine e le posizionò sulla lavagna.
«La vittima è Gregory Munro, quarantasei anni, medico di famiglia». La sala operativa piombò nel silenzio mentre tutti i presenti studiavano le immagini. «Anche se molti di voi erano presenti sulla scena del crimine, farò un breve riepilogo di quanto è accaduto per chi non c’era».
Tutti gli agenti ascoltarono il resoconto degli eventi della sera precedente senza dire una parola. «Ho appena ricevuto il rapporto tossicologico e i risultati dell’autopsia della scientifica. È stato rinvenuto un piccolo quantitativo di alcol nel sangue della vittima, ma un livello molto alto di flunitrazepam: 98 microgrammi per litro. Il flunitrazepam è il nome generico del Roipnol, o Roofies».
«Il sedativo preferito dagli stupratori», commentò seccamente Peterson.
«Esatto. Sono state trovate tracce della sostanza sulla scena del crimine. In un bicchiere in cucina, per la precisione», spiegò Erika.
«Qualcuno deve avergliela messa nel bicchiere. A meno che non volesse suicidarsi. Era un dottore, di sicuro sapeva che un quantitativo così alto sarebbe stato fatale», disse Moss.
«Vero, tuttavia non è stato questo a ucciderlo. È morto per asfissia. Ecco, qui vedete il sacchetto di plastica che gli hanno infilato in testa, stretto intorno al collo con una corda bianca». Erika indicò una foto di Gregory Munro con lo sguardo spento, perso, dietro il velo di plastica. «I polsi sono stati legati post-mortem. E nel cassetto del comodino sono state rinvenute riviste porno gay. Ora: le riviste, la morte per asfissia e il sedativo suggerirebbero una notte di sesso violento finita male. Tuttavia sul cadavere non sono stati rinvenuti segni di stupro, né capelli o fluidi corporei estranei alla vittima…». Erika fece una pausa e fissò gli agenti. «Quindi teniamo aperta l’ipotesi della premeditazione: qualcuno è entrato in casa di Gregory Munro, l’ha drogato e soffocato. Non penso si sia trattato di un incidente. Non hanno rubato soldi o altri oggetti di valore. Le linee telefoniche sono state tagliate, l’elettricità era staccata, il che suggerisce un’attenta pianificazione. Il colpevole deve aver disabilitato il sistema di sicurezza prima di togliere la corrente.
Vorrei che seguiste il protocollo standard: interrogatori porta a porta in tutta Laurel Road e nelle strade vicine. La polizia locale ha già iniziato, ma voglio sentire la testimonianza di chiunque viva lì o si trovasse per caso in zona. Raccogliete tutte le informazioni possibili su Gregory Munro: dati bancari, telefonici, mail, account social. Scoprite chi sono i suoi amici e parlate con la famiglia. Si era separato dalla moglie, quindi immagino che abbia contattato un avvocato: trovatelo. E scoprite se era iscritto a qualche sito d’incontri gay. Potrebbe aver chiamato un gigolò. Era il medico di base della zona; cercate ogni informazione sul suo lavoro, se aveva qualche problema con un collega o un paziente».
Erika si avvicinò alla lavagna e indicò le foto che erano state scattate in giardino.
«L’assassino si è introdotto nella proprietà attraverso un buco nella recinzione che si affaccia sui binari del treno e su una piccola riserva naturale. Raccogliete i video di tutte le telecamere di sicurezza che riuscite a trovare intorno ai binari, nelle stazioni dei treni vicine e nelle strade del circondario. Crane, sarai il coordinatore della sala operativa».
«Agli ordini, capo», rispose il sergente.
«Credo che Gregory Munro conoscesse la persona che lo ha ucciso. Dobbiamo scoprire tutto su di lui e sulla sua vita privata, è la chiave che ci permetterà di risalire al colpevole. Va bene, ora tutti al lavoro. Ci vediamo alle sei per fare il punto della situazione».
Tutti gli agenti si misero subito all’opera.
«Qualche novità sulla madre di Gregory Munro?», chiese Erika avvicinandosi alle scrivanie di Moss e Peterson.
«È ancora all’ospedale di Lewisham. Sembra si sia ripresa, ma non la dimetteranno senza il via libera del dottore», disse Moss.
«D’accordo. Andiamo a trovarla. Vieni anche tu, Peterson».
«Non sospetti di lei, vero?», chiese Moss.
«No, ma le madri sanno sempre un sacco di cose», rispose Erika.
«Ah, questo lo so. La mia non si fa mai gli affari suoi», commentò Peterson alzandosi in piedi e afferrando la giacca.
«Speriamo che lo stesso valga per Estelle Munro, allora», rispose Erika.