Erika, Moss e Peterson tornarono a Lewisham Row poco dopo le sette. Andarono subito alla centrale operativa, che brulicava di agenti ansiosi di condividere le scoperte della giornata. Erika si tolse la giacca di pelle e si accostò alle lavagne allineate in fondo alla stanza.
«Okay, tutti quanti. So che è stata una lunga giornata, ma cosa abbiamo?»
«Com’è andata con la famiglia? Come l’ha accolta sir Simon, detective Foster?», le chiese ironico Sparks, appoggiandosi allo schienale della sedia.
In quel momento il sovrintendente Marsh aprì la porta della centrale operativa. «Foster. Una parola».
«Signore, sto aggiornando la squadra sugli eventi del giorno…».
«Okay, ma ti voglio nel mio ufficio appena hai finito», ringhiò lui sbattendo la porta.
«Deduco che è andata bene», la punzecchiò Sparks, con un perfido sorriso illuminato dalla luce azzurrina del computer. Erika lo ignorò e tornò a concentrarsi sulla lavagna bianca. Accanto alla foto di Andrea c’erano quelle di Linda e David. Notò con un certo interesse che Andrea e suo fratello erano molto attraenti, mentre Linda era giunonica e sovrappeso, con il naso aquilino e la carnagione più pallida.
«Sono tutti figli biologici degli stessi genitori?», chiese Erika colpendo la lavagna con il pennarello. La domanda colse l’intera centrale di sorpresa.
Il sergente Crane si guardò intorno, sbalordito. «Abbiamo dato per scontato di sì…».
«E perché mai?», chiese Erika.
«Be’, sembravano tutti molto…».
«Eleganti?», chiese Erika. «Non dimenticate che i primi sospettati si cercano in famiglia. Non fatevi accecare dal fatto che vivono in un quartiere di lusso e hanno influenza e potere. Crane, fai qualche ricerca sui figli, ovviamente con discrezione. Dunque, sappiamo che Andrea doveva incontrare Linda e David al cinema giovedì scorso, l’otto, ma non si è mai fatta viva. Dov’è andata? Doveva incontrare un amico, un amante? Chi ha indagato suella vita privata di Andrea?».
Una donna bassina di origine indiana, sui vent’anni, si alzò in piedi. «Agente Singh», disse. Si fece avanti ed Erika le porse il pennarello.
«Andrea era fidanzata da otto mesi con il ventisettenne Giles Osborne, poco tempo fa hanno annunciato il matrimonio. Lui è il proprietario della Yakka Events, una società che organizza eventi e feste di lusso, con sede a Kensington».
«Yakka Events. Che significa Yakka?», chiese Erika.
«È una parola aborigena, vuol dire “lavoro”. Sul sito della società c’è scritto che Giles ha trascorso un intero anno sabbatico in Australia».
«A farsi spiegare dagli aborigeni come si servono canapè e champagne?», chiese Erika. Un ghigno si diffuse tra i presenti.
«Ha studiato in istituti privati. Viene da una famiglia ricca. Ha un alibi per la notte in cui Andrea è scomparsa».
«L’ho già interrogato, queste cose le sappiamo da una settimana», la interruppe Sparks.
«E i tabulati del telefono di Andrea, i suoi account sui social? Immagino che siano stati già richiesti».
«Sì», rispose l’agente Singh.
«E dove sono?»
«Me ne sto occupando io. Li ho richiesti questa mattina, speriamo di averli nel giro di ventiquattr’ore», disse Crane.
«Perché non sono stati richiesti prima, al momento della scomparsa?», chiese Erika.
Calò il silenzio.
«Avevate paura di frugare nella vita privata di gente ricca e importante?»
«Ho deciso io di non richiederli», disse Sparks. «La famiglia pensava che Andrea se ne fosse andata da qualche parte. Stavano monitorando loro gli account social, condividevano le informazioni con noi».
Erika alzò gli occhi al cielo. «Voglio quei dati non appena li abbiamo, e voglio anche tutto quello che si riesce a tirare fuori dal telefono», disse a Crane. «Dunque, Sparks, mi sembri raggiante. Cosa sei riuscito a tirare fuori dai filmati delle telecamere di sicurezza?».
Il detective Sparks si appoggiò allo schienale della sedia, facendola scricchiolare. «Non ho buone notizie, temo. Fino a un paio di giorni fa tre delle telecamere di sicurezza su London Road erano fuori uso. Quindi non abbiamo immagini del piazzale della stazione, né della strada che porta all’Horniman Museum. Ovviamente le stradine secondarie non sono coperte, perciò non abbiamo niente su quello che è successo la notte dell’otto».
«Merda», disse Erika.
«Lei scende dal treno alla stazione di Forest Hill alle…». Sparks scartabellò tra i suoi appunti. «Alle 21:06. Scende dal treno, percorre la banchina ed esce, passando davanti al gabbiotto della biglietteria. Non c’era nessuno dentro, e insieme a lei sono scese solo un paio di persone».
«Riusciamo a capire chi erano? Magari hanno fatto un pezzo di strada insieme».
«Me ne sto già occupando», concluse Sparks.
«Gli interrogatori porta e porta?».
Il sergente Crane si sporse in avanti sulla sedia e disse: «Niente di che, capo. La maggior parte della gente era ancora fuori per le vacanze di Natale, oppure dormiva».
«E i pub?»
«Il Wetherspoon e il Pig and Whistle hanno delle telecamere: non è andata lì. Ci sono altri quattro pub lungo la strada».
«Grace Kinney ne ha nominati due: il Glue Pot e lo Stag».
«Siamo stati in entrambi, sono delle vere bettole, capo, e nessuno di quelli che ci lavorano ricorda di averla vista».
«Controllate i turni del personale, scoprite chi sono i clienti abituali. Cercate, indagate. Si era preparata per una serata fuori. È molto probabile che sia andata in uno di quei pub».
«E se invece fosse andata a una festa a casa di qualcuno?», chiese Singh.
«Okay. I chioschi degli alcolici? Per caso è andata lì per comprare sigarette o da bere?»
«I chioschi hanno le telecamere, ma le immagini sono pessime e nessuno l’ha vista», disse Crane.
«La casa in cui hanno trovato la borsetta?»
«Sì, il civico 49. Niente neanche lì, sfortunatamente. La proprietaria è una signora anziana che vive con la badante. Nessuna delle due ha visto né sentito nulla».
Un imbarazzato silenzio appesantì la sala.
«Potrebbe essere il caso di concedere un po’ di riposo alla squadra. È stata una lunga giornata», disse Sparks.
«Sì. Okay. Ci rivediamo qui alle nove, domattina. A quell’ora dovremmo anche avere i risultati dell’autopsia, e i dati di telefono e social media».
Erika augurò la buonanotte ai suoi agenti, e quando rimase sola nella centrale operativa tornò a guardare le lavagne in silenzio, indugiando sulla fotografia di Andrea.
«Guardati, hai solo ventitré anni. Avevi tutta la vita davanti». Andrea la fissava con aria di sfida, sembrava quasi che la stesse prendendo in giro.
Il cellulare squillò ed Erika sussultò.
«Pensi di farmi aspettare ancora molto?», ringhiò Marsh.
«Merda, signore, mi scusi. Arrivo».