Capitolo 42

Il pub Railway a Forest Hill era molto vicino alla casa di Estelle, la madre di Gregory Munro. Ironia della sorte, pensò Erika mentre parcheggiava. Classico locale vecchio stile: mattonelle di porcellana, lampade di ottone a ogni finestra e un’insegna traballante sopra il parcheggio.

Erika trovò Crane seduto tutto solo a uno dei tavolini della veranda esterna. Cercava di non dare nell’occhio sorseggiando il proprio drink sotto il sole del pomeriggio, come se fosse un cliente qualunque.

«È entrato da qualche minuto», disse Crane, alzandosi quando Erika raggiunse il tavolo.

«Bene. Che foto avete usato per il profilo falso? Chi pensa di incontrare?», chiese Erika mentre si dirigevano ai tavolini.

«L’agente Warren… Ho pensato che ci volesse qualcuno un po’ più affascinante di me!».

«Non buttarti giù», disse Erika. «Come diceva sempre mio marito: tutti possono trovare l’altra metà della mela».

«Lo prendo come un complimento», sorrise Crane.

Il pub aveva ancora tutto l’arredo originale, ma le pareti erano state verniciate di bianco, erano state aggiunte luci d’atmosfera e sopra al bancone campeggiava uno di quei menu raffinati e costosi. Non c’era molta gente ed Erika notò subito il giovane seduto in un angolo, con una birra e uno shot davanti.

«Come procediamo?», mormorò Crane.

«Con molta, molta cautela», rispose Erika. «Sono contenta che abbia scelto un posto discreto».

Si avvicinarono al tavolo a cui era seduto JordiLevi e si sistemarono in modo da impedirgli ogni via di fuga. Indossava una tuta nera e rossa e aveva i capelli lunghi fino alle spalle con la riga in mezzo.

Gli mostrarono i distintivi. «JordiLevi?», domandò Erika. «Sono l’ispettore capo Foster e lui è il sergente Crane».

«Che c’è? Non si può nemmeno bere un drink, adesso? Non mi pare sia illegale…».

«Oltre a bere stai anche aspettando il tizio con cui hai appuntamento», aggiunse Crane mostrandogli la foto di Warren.

«E che ne sapete voi?»

«Lo sappiamo perché in realtà per tutto il tempo hai parlato con me», rispose Crane.

Il ragazzo si morse un labbro e buttò giù il cicchetto. «Be’, comunque non è illegale neanche incontrare la gente in un pub», disse sbattendo il bicchierino sul tavolo.

«No, certo che no», rispose Erika. «Infatti vogliamo solo parlarti. Che prendi?»

«Una vodka doppia. E un pacchetto di Kettle Chips».

Erika fece segno a Crane che andò subito al bancone. Lei nel frattempo si mise a sedere.

«Jordi, hai idea del perché vogliamo parlarti?»

«Be’, qualcosina mi viene in mente, sì», rispose buttando giù un sorso di birra e sbattendo il bicchiere sul tavolo.

«Guarda che non siamo della buoncostume. Quello che fai per vivere non ci interessa».

«Quello che faccio per vivere? Non sono mica un cazzo di igienista dentale…».

«Sto indagando sulla morte di Gregory Munro, medico di base della zona. È stato ucciso dieci giorni fa». Erika estrasse una sua foto dalla borsa. «Eccolo. È lui».

«Be’, che volete? Non sono stato io», rispose Jordi, guardando a malapena la foto.

«Non crediamo che sia stato tu. Ma un vicino ti ha visto uscire da casa sua pochi giorni prima della morte. Puoi confermarlo?».

Jordi si appoggiò allo schienale e alzò le spalle. «Non ho un calendario. Per me un giorno vale l’altro».

«Vogliamo solo sapere se sei a conoscenza di quanto è accaduto e sei hai visto o sentito qualcosa. Ci saresti di grande aiuto. Non sei fra i sospettati. Per favore, guarda di nuovo la foto. Lo riconosci?».

Jordi abbassò gli occhi sull’immagine e annuì piano. «Sì, lo riconosco».

Nel frattempo Crane era tornato con il vassoio pieno. Passò a Jordi la sua vodka doppia e la busta di patatine, mentre a Erika diede un bicchiere di Coca. Si accomodò di fronte all’ispettore. Jordi si sistemò i capelli dietro alle orecchie e aprì la busta di patatine. Puzzava un po’ di sudore e aveva le unghie nere.

«Bene. Abbiamo bisogno di sapere se sei stato a casa di Gregory Munro fra lunedì venti e lunedì ventisette giugno», disse Erika.

Jordi si strinse le spalle. «Penso di sì».

Erika bevve un sorso di Coca. «Secondo te, Gregory Munro era gay?»

«Non mi ha mai detto come si chiamava davvero ma, sì, era gay», rispose Jordi con la bocca piena di patatine.

«E ne sei certo?»

«Be’, se non lo era, non saprei dire cosa ci faceva il mio cazzo nel suo culo».

Crane sollevò di scatto le sopracciglia.

Erika continuò: «Come vi siete dati appuntamento?»

«Craigslist. Avevo messo un annuncio».

«Che tipo di annuncio?»

«Uno di quegli annunci che mi permettono di incontrare uomini e di ricevere una donazione, se loro vogliono. Fare donazioni non è illegale».

«E Gregory Munro te l’ha fatta, la donazione?»

«Sì».

«Quanto?»

«Un centone».

«E sei rimasto lì tutta la notte?»

«Sì».

«E di che cosa avete parlato, Jordi?»

«Non abbiamo chiacchierato molto, avevo quasi sempre la bocca piena…». La guardò con un sorrisino malizioso.

Erika estrasse dalla borsa una delle foto scattate sulla scena del crimine e la sistemò sul tavolo lucido di fronte a Jordi.

«Lo trovi divertente? Da’ un’occhiata. Qua c’è Gregory steso a letto, con i polsi legati e una busta di plastica stretta intorno alla testa».

Non appena vide la foto, Jordi rimase senza fiato perdendo anche quel poco di colorito che aveva in faccia.

«Ora rispondi seriamente, per favore. È importante. Dimmi tutto quello che sai su Gregory Munro», disse.

Jordi bevve un sorso di vodka. «Era come tutti gli altri gay sposati. Prima vogliono farsi una bella scopata, poi si sentono in colpa. La seconda volta che l’ho visto era davvero nervoso. Continuava a chiedermi se avevo preso io la chiave».

«Che chiave?»

«La chiave di casa».

«Perché?»

«Pensava che fossi una puttanella ladruncola… Molti credono che vada lì per rubacchiare qualcosa. Ma poi ha cominciato a chiedermi se ero stato a casa sua mentre lui non c’era».

Erika e Crane si scambiarono un’occhiata. «E c’eri mai stato?».

Jordi scosse la testa. «Diceva di aver trovato delle cose fuori posto».

«Tipo?»

«Tipo tutta la sua biancheria stesa sul letto… Era terrorizzato».

«Stava divorziando», disse Erika, sempre più emozionata. «Non poteva essere stata sua moglie?»

«Lui diceva di no. Aveva appena fatto cambiare tutte le serrature. Nessuno aveva la chiave. Era venuta questa donna, una tizia di una qualche azienda di sicurezza, a controllare tutto».

Erika e Crane si guardarono di nuovo.

«Tu l’hai mai vista, questa donna?»

«No».

«E lui ti ha mai detto com’era fatta?»

«No».

«D’accordo. Magari ti ha detto quando questa donna è andata a casa sua?».

Jordi si mordeva un labbro mentre rifletteva. «Non lo so. Aspettate un attimo. Era la seconda volta che andavo da lui. Era appena andata via. Aveva controllato tutto, e Gregory sembrava sollevato».

«Ti ricordi se era un lunedì? Perché nel caso probabilmente era il ventuno».

Jordi guardò di nuovo la foto con una smorfia e si morse un labbro.

«Uhm, sì… Sì, sono abbastanza sicuro che fosse lunedì».

Erika rovistò nella borsa, tirò fuori venti sterline e le passò a Jordi.

«Che cos’è?», domandò.

«Una donazione», rispose Erika.

«Avevamo concordato cento».

«Non sei nella posizione di contrattare».

Jordi prese i soldi, afferrò lo zaino che teneva sotto il tavolo e se ne andò senza dire una parola.

«Siamo così vicini», disse Crane qualche minuto dopo. «Secondo te ha inscenato un’effrazione per poi fingersi una professionista della GuardHouse Alarms e andare da lui il ventuno giugno?»

«Sì. Maledizione! Se solo Jordi l’avesse incontrata, avremmo potuto fornire un identikit alla troupe di Crimewatch», disse Erika. La porta del locale si aprì ed Erika saltò sulla sedia. Gary Wilmslow era entrato insieme a un uomo alto, dai capelli scuri, che indossava un paio di jeans e una maglietta del Millwall. C’era anche un bambino insieme a loro, Erika lo riconobbe. Era Peter, il figlio di Gregory Munro.

«Merda. Ci mancava solo questa», disse Crane. Raggiunsero il bancone e solo allora Gary li notò. Disse qualcosa al suo compare e si avvicinò insieme a Peter.

«Salve, sbirri», sghignazzò.

«Salve», rispose Erika. «Ciao, Peter, come stai?».

Il bambino sollevò lo sguardo e la fissò con il visetto pallido e timido. «Il mio papà è morto… Ieri hanno fatto una buca per terra e ce l’hanno messo dentro», disse in tono piatto.

«Mi dispiace», rispose Erika.

«Questo è il tuo fidanzato?», chiese Gary, indicando Crane con il mento.

«No, sono il sergente Crane», rispose lui mostrando prontamente il distintivo.

«Wow, e perché tiri fuori il distintivo?», disse Gary.

«Gli hai appena chiesto chi è», rispose Erika.

L’atmosfera si fece tesa. Gary continuava a fissarli. «Allora, che ci fate voi sbirri qui? Solo una bevuta nel mio locale?»

«Di locali qua intorno ce ne sono tanti, Gary», rispose Crane.

«Chi è il tuo amico?», domandò Erika, mentre l’uomo rimasto al bancone pagava le bevute.

«Solo un collega… Ora torno da lui».

«Tu stai bene, Peter? È tutto a posto?», si affrettò a chiedere Erika, fissando il bimbo. Aveva un’aria sperduta, apatica.

«Suo padre è appena morto. Che cazzo di domande fai?», rispose Gary.

«Ehi, vacci piano», lo avvertì Crane.

«Ci vado piano», ripeté Gary. «Anzi, ora me ne vado proprio».

Si voltò, trascinandosi dietro Peter. Erika avrebbe voluto prendere il bambino e portarlo via, ma sapeva che sarebbe stato un gesto folle. Come avrebbe potuto spiegare un simile colpo di testa, senza far saltare una gigantesca operazione sotto copertura?

I due agenti uscirono. C’era un bel sole e i tavoli nella veranda adesso erano tutti occupati. Erika riconobbe l’uomo alto, magro e con i capelli scuri che era seduto insieme a una donna esile tutta presa a scrivere sul cellulare. Indossava una canottiera senza maniche con delle spalline sottili. Aveva un naso aquilino e i capelli chiari raccolti in una coda di cavallo. Lui invece aveva la carnagione chiara, la pelle segnata dall’acne e i capelli neri lunghi e unti pettinati all’indietro, scoprendo la fronte alta. Indossava una maglietta semplice e dei pantaloncini beige.

Stavano cercando un tavolo libero. Erika, davanti a Crane, deviò verso di loro.

«Detective Sparks?», disse appena raggiunse il tavolo.

«Detective Foster», rispose lui in tono genuinamente sorpreso. La donna che gli era accanto raddrizzò la schiena e distolse lo sguardo.

«È il tuo giorno libero? Sei venuto a bere qualcosa?», continuò Erika seguendo lo sguardo della donna.

«Ehm, più o meno», rispose Sparks. Adesso anche Crane li aveva raggiunti.

«Ciao Sparks, da quanto tempo… Che combini ora?», chiese.

«Ehm, dirigo la squadra omicidi a North London», rispose, spostando lo sguardo su di lui. «Lei è l’ispettore Powell», aggiunse. Si scambiarono tutti dei saluti imbarazzati.

«Crane, ti dispiace aspettarmi in macchina?», chiese Erika.

«Va bene», rispose il sergente. Le lanciò un ultimo sguardo confuso e se ne andò.

«Dunque, siete in un pub di South London a bere in un giorno feriale. E cercate di non dare nell’occhio. C’entra Gary Wilmslow?», chiese Erika quando Crane non fu più a portata d’orecchio.

«Scusa, ma tu chi sei?», chiese la donna.

«L’ispettore capo Erika Foster, una vecchia collega di Sparks», rispose lei a voce bassa. «Ci sono due uomini pesantemente coinvolti nella produzione di filmati pedopornografici in questo pub, e se ne vanno in giro insieme a un bambino piccolo».

«Lo sappiamo…», iniziò a dire la donna.

Ma Sparks la interruppe. «Devi girare i tacchi e andartene, Foster. Questa è un’operazione sotto copertura».

«Operazione Hemslow, eh?», ribatté Erika.

Sparks e Powell si scambiarono un’occhiata.

«Sì, Erika. Ci hanno chiamati per dare una mano», rispose lui fissando la finestra del pub. «Adesso vedi di andartene, prima di far saltare tutto».

«Be’, complimenti. Vi si nota da un chilometro di distanza. Avete idea di quanto sia vulnerabile quel povero bambino in questo momento? Si chiama Peter».

«Ne siamo consapevoli. Se non te ne vai all’istante ci farai saltare la copertura, e sta’ sicura che andrò a parlare con il tuo superiore», rispose Sparks.

Erika gli lanciò un’ultima occhiataccia e raggiunse in fretta la macchina.

«Che diavolo stava succedendo lì, capo?», chiese Crane non appena salì in macchina.

«Niente», rispose Erika. Tremava ancora di rabbia.

«Non vedevo Sparks da quando l’hai fatto cacciare dal caso di Andrea Douglas-Brown… Non è proprio il miglior poliziotto del mondo, eh? Diciamo che stare attento ai dettagli non è esattamente la sua specialità».

«No, infatti», rispose Erika.

«E quella era la sua ragazza?»

«Non credo».

«Immagino. In effetti era un po’ fuori dalla sua portata. Questo vale per la gran parte delle donne, però», commentò Crane. «Comunque, abbiamo avuto un’altra conferma della presenza di una donna a casa di Munro. Un bel colpo!».

«Già», rispose Erika.

Mentre si allontanavano dal pub, Erika ripensò al piccolo Peter tutto solo con Gary Wilmslow e il “collega” dai capelli neri. E si sentì impotente.

La donna di ghiaccio - La vittima perfetta - La ragazza nell'acqua
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