Waterloo è la più grande stazione ferroviaria del Regno Unito. Dalle prime ore del mattino fino a notte fonda, è sempre piena di gente. L’atrio si estende per più di duecentocinquanta metri, ospita più di venti binari, con centinaia di negozi e un piano rialzato con dei ristoranti. Sono più di cento milioni i viaggiatori che ci transitano ogni anno.
Il sovrintendente Marsh era appostato insieme a Sparks nella vasta sala di controllo delle telecamere a circuito chiuso – nient’altro che un quadrato di cemento privo di finestre. La parete era tappezzata da monitor, ventotto in totale. Mostravano le riprese di ogni singolo angolo della stazione e trentacinque poliziotti, per lo più in borghese, sorvegliavano le uscite e pattugliavano l’atrio. Fuori da ogni ingresso c’erano dei veicoli di supporto e tre volanti della polizia. Anche la polizia ferroviaria, che schierava alcuni agenti armati, portava avanti il solito lavoro di controllo del perimetro della stazione.
Alle 16:50 sembrava che i famosi cento milioni di viaggiatori fossero arrivati tutti allo stesso momento. Il pavimento di marmo dell’atrio era completamente coperto dalla folla che sciamava per la stazione. I visitatori intasavano le scale mobili, si riversavano nelle quattro uscite principali, girovagavano di fronte ai giganteschi tabelloni elettronici che correvano per tutta la lunghezza dei ventidue binari, si radunavano fuori dai negozi o facevano la fila davanti alla biglietteria.
«Sarà un incubo, signore», commentò Sparks, avvicinandosi ai monitor controllati dagli addetti alla sicurezza del Transport for London. Gocce di sudore brillavano sul viso segnato dall’acne.
«Nessun altro posto in tutta Londra è così sorvegliato. Non appena si farà vedere, la prenderemo», disse Marsh, senza staccare gli occhi dagli schermi che tappezzavano la parete.
«Secondo lei, il presentimento del detective Foster è corretto?»
«Non è un presentimento, Sparks. Hai visto anche tu il materiale che ci ha inoltrato», disse Marsh.
«Sì, ma la donna in questione non si descrive mai. E da nessuna parte c’è scritto come si chiama. Qualunque cosa accada, ci costerà un bel mucchio di soldi».
«Lascia che mi preoccupi io di queste cose. Tu fa’ il tuo lavoro», rispose Marsh.
Un giovane asiatico si avvicinò e si presentò. «Mi chiamo Tanvir. Sono il supervisore della sala controllo, oggi. Gli schermi che coprono l’area di vostro interesse sono questi quattro», disse. Un’ampia inquadratura dell’orologio della stazione. Sotto c’era il sergente Crane, con un paio di jeans, una giacca leggera e un mazzo di rose dall’aria decisamente economica.
«Mi ricevi, Crane?», disse Sparks alla radio. «Toccati l’orecchio se mi ricevi».
Nell’inquadratura più larga Crane aveva un’aria del tutto normale, ma il primo piano laterale di un’altra telecamera lo mostrava con la testa inclinata verso il colletto della giacca e la mano libera che sfiorava l’orecchio sinistro. «Sicuri che non do nell’occhio? Sono l’unico qua dentro con addosso una giacca. Sto morendo di caldo!», rispose alla radio.
«Va tutto bene, Crane. Questo tizio, Keith, ha fissato l’appuntamento sotto l’orologio fra mezz’ora. Molto romantico. Sembrerà assolutamente normale che tu ti sia voluto vestire bene», rispose Marsh, aggiungendo: «E non si vede che sei microfonato. Adesso basta parlare… Ti aggiorneremo via radio».
«Che ore sono?», chiese Crane.
«Porca miseria, è proprio sotto il cazzo di orologio», borbottò Sparks. Afferrò la radio e disse: «Le quattro e mezzo. Ma la prossima volta che vuoi saperlo, alza la testa».
Marsh si rivolse a Tanvir. «Qual è la telecamera che mostra l’ingresso più vicino all’orologio?».
«Puoi darci la visuale della telecamera diciassette?», disse Tanvir a una donna con un paio di cuffie seduta di fronte al computer in un angolo. Un’altra schermata mostrava Crane di spalle – stavolta era inquadrato dalla telecamera sopra le scale mobili che salivano alle spalle dell’orologio.
Marsh parlò di nuovo alla radio: «Va bene, Crane, ti teniamo d’occhio. Mantieni la calma. Ti aggiorniamo noi sull’orario. Non avvicinarti troppo a lei, se si presenta in anticipo. Sei coperto da ogni lato. Appena farà un passo, piomberemo lì».
«Che ore sono?», chiese di nuovo Crane, nervosamente.
«È proprio sotto l’orologio!», bofonchiò Sparks.
«Quattro e trentatré», rispose Marsh. «Saremo sempre in contatto, Crane».