Il giorno seguente Erika si presentò all’obitorio di Penge. L’aria sembrava più fredda del solito e anche le luci fluorescenti erano più accecanti: tutta quella brillantezza le feriva gli occhi. Amanda Baker e Crawford erano stesi uno accanto all’altra sugli immacolati tavoli d’acciaio del laboratorio, e vedere i suoi colleghi, due agenti di polizia, in quello stato riportò a galla dei ricordi che Erika avrebbe preferito di gran lunga dimenticare. Suo marito Mark e gli altri quattro ufficiali che avevano perso la vita quel fatidico giorno.
Fece un respiro profondo e si accorse che Isaac le stava dicendo qualcosa.
«Quello che mi disturba di queste due morti, è che chiunque sia stato non si è impegnato neanche troppo a farli passare come suicidi».
«Quindi non credi che Crawford si sia suicidato?», gli chiese.
«Assolutamente no».
Le mostrò il corpo di Amanda Baker per primo. Era stesa a pancia in sotto, coperta da un lenzuolo bianco che Isaac rimosse delicatamente. La donna aveva il viso rivolto a Erika, le guance premute contro la superficie immacolata e i lunghi capelli brizzolati pettinati di lato per esporre il collo con i lividi e le ferite. Erika era ancora scioccata dall’accaduto: aveva parlato con Amanda soltanto qualche giorno prima.
«Qui puoi notare il tipo di ferite che ci si aspetta da un’impiccagione», disse Isaac. «La corda è affondata nella pelle intorno al collo lasciando una netta linea di escoriazioni». Con i guanti indicò le macchie violacee che le giravano intorno al collo. «Ma guarda qui, oltre a quelle ci sono anche delle piccole ferite circolari sulla nuca. Questo mi porta a pensare che il cappio le sia stato infilato a forza e poi stretto, e che lei abbia cercato di lottare e difendersi. Il nodo della corda si è mosso durante lo scontro, creando questi cerchietti rossi… E poi, guarda il livido al centro della schiena».
Erika vide una macchia scura di forma oblunga.
«Potrebbe essere stato causato da qualcuno che l’ha spinta giù dall’ultimo gradino. Il collo è rotto, il che significa che è caduta con un certo slancio, e che si è fratturato quando la corda è finita… Potrebbe anche aver combattuto contro il suo aggressore. Ho trovato dei campioni di pelle sotto le sue unghie. Li ho già mandati al laboratorio».
«Era una vera combattente», commentò Erika.
Isaac restò in silenzio per qualche istante, poi le mostrò il corpo di Crawford al tavolo successivo. Lui era steso a pancia in su, i capelli pettinati all’indietro e, tolto il colorito pallido e giallastro, sarebbe potuto passare per un uomo addormentato.
Isaac abbassò il lenzuolo da entrambi i lati, scoprendogli le braccia. Si voltò verso Erika e vide le lacrime che le rigavano il viso.
«Oh, sei sicura di voler continuare?»
«Sì», rispose Erika, tirando fuori un fazzolettino per asciugarsi gli occhi. «È che vederne uno dei nostri è già abbastanza, ma due…».
«Vuoi fermarti un attimo?»
«No, sto bene, va’ avanti», disse trattenendo a stento le lacrime e ricomponendosi.
«D’accordo. Allora, se guardi bene le braccia vedrai due lunghe incisioni, qui e qui, sugli avambracci. Sono entrambe di trenta centimetri più o meno, verticali in mezzo al braccio invece che orizzontali come sui polsi. Entrambi i tagli hanno reciso l’arteria radiale, che porta il sangue alle braccia e alle mani. Sono stati effettuati con un rasoio da barbiere, o quella che chiameresti una lametta».
Moss corrucciò il volto di fronte alle due ferite profonde ricucite alla perfezione.
«La profondità e la lunghezza di queste incisioni hanno determinato una perdita di sangue molto veloce e irreversibile. Aveva anche un alto tasso di alcol nel sangue e tracce evidenti di cocaina…».
«Sì, abbiamo trovato una piccola quantità di sostanza nel suo appartamento… Potrei capire se si trattasse di suicidio in questo caso, Isaac. Più che con Amanda. Al lavoro, negli ultimi giorni, sembrava arrivato al limite. Non ne so molto, ma a quanto pare stava affrontando un brutto divorzio: sua moglie gli voleva togliere i figli. E lei stessa ci ha detto che era depresso».
«Non si è tagliato le vene», disse Isaac.
«Come fai a dirlo?»
«Il rasoio da barbiere, la lametta, è stata trovata sul lavandino. Lavata e pulita, priva di impronte».
«Ed è ovvio che non possa avercela messa lui, no?», chiese Erika.
«Avrebbe anche potuto, ma perdeva un torrente di sangue quando ha reciso l’arteria radiale di entrambe le braccia».
Erika chiuse gli occhi, rievocando la scena nella sua testa con tutti quegli schizzi di sangue sulle mattonelle e al lato della vasca.
«Avrebbe utilizzato un asciugamano o un fazzoletto per asciugare il rasoio e appoggiarlo sul lavandino. Ma non c’erano asciugamani o fazzoletti insanguinati sulla scena. L’emorragia era confinata all’acqua nella vasca e alle mattonelle limitrofe. A parte qualche goccia, il lavandino era pulito. Chiunque sia stato, voleva farlo passare come un suicidio».
Erika fissò entrambi i corpi, stesi uno accanto all’altra.
«Stavano discutendo del caso Collins poco prima di essere uccisi. Amanda Baker aveva scoperto qualcosa. Non so se si trattasse di una nuova prova o di una svolta vera e propria. Stava cercando di mettersi in contatto con me», disse.
«È successo la stessa sera dell’intrusione in casa tua».
«Già. Credo che avessero anche me come obiettivo», rispose Erika.