Una quindicina di chilometri più in là, in una casetta a schiera nel quartiere residenziale di Balham, nella parte sud-orientale di Londra, un televisore ronzava e sfarfallava all’angolo di un salotto disordinato. Il pomeriggio scompariva dietro nuvole basse e grigie, mentre l’ex ispettore capo Amanda Baker se ne stava sdraiata su una poltrona rovinata con la testa china sul petto, addormentata. Le luci erano spente e il bagliore della TV le danzava sul doppio mento e la pelle cadente del volto. Neanche le risate alte e improvvise del pubblico in studio riuscirono a svegliarla. Sul tavolino c’erano un posacenere straripante e un bicchiere di vino bianco lasciato a metà – tutto quel che restava della seconda bottiglia che aveva aperto. Aveva stappato la prima alle nove e mezza di quella mattina, quando si era accorta che le tazze della colazione erano ancora tutte buttate nel lavandino e che i frullati e i dolcetti erano ormai immangiabili.
La casa era stata elegante un tempo, arredata in modo freddo e impeccabile, proprio come appariva la sua proprietaria. Adesso però aveva un aspetto sciatto, sempre come la proprietaria. Nel camino elettrico brillava un finto fuoco rosso e arancione, la ciotola del cane lì davanti era ricoperta da uno spesso strato di polvere.
All’ingresso il telefono cominciò a squillare, sovrastando fastidiosamente il ronzio della TV, finché non scattò la segreteria. Fu allora che Amanda si svegliò.
«Che c’è?», disse, ancora mezza addormentata.
Seguì un suono acuto, simile a un latrato. Amanda si strofinò il volto con una mano e si alzò pesantemente dalla poltrona, ciondolando verso la cucina con il cervello annebbiato e gli occhi sfocati. Passò qualche minuto a rovistare fra il cibo in scatola nella credenza, quando all’improvviso le tornò in mente una cosa. Sandy, il suo cane, era morto un paio di mesi prima. Si fermò di colpo, appoggiandosi al bancone. Le lacrime cominciarono a cadere dolcemente sulla superficie coperta di briciole. Si asciugò gli occhi con la manica, sentendo per un istante l’odore cattivo del suo stesso alito.
All’ingresso il telefono tuonò di nuovo e Amanda andò a rispondere, reggendosi alla ringhiera delle scale.
«Pronto, è l’ex ispettore capo Amanda Baker?», disse una voce giovanile, femminile e acuta.
«Con chi parlo?»
«Chiamo per chiederle una dichiarazione sul caso Jessica Collins ora che la polizia ha trovato il corpo».
Amanda restò di sasso, incapace di formulare una risposta.
«Pronto?», la esortò impaziente la sua interlocutrice. «Era lei l’ufficiale responsabile del caso, finché non è stata cacciata…».
«Ho chiesto la pensione anticipata…».
«Venerdì hanno scoperto lo scheletro di Jessica Collins nella cava di Hayes…».
«Abbiamo setacciato la cava qualche settimana dopo la sua scomparsa. Non c’era traccia di lei», la interruppe Amanda, parlando più a se stessa che alla donna al telefono.
Dal punto in cui si trovava, riusciva a vedere la televisione ancora accesa in salotto: ULTIM’ORA, recitava lo schermo. E in basso, la striscia in sovraimpressione annunciava: TROVATI I RESTI DI JESSICA COLLINS, SCOMPARSA NEL 1990. L’audio era al minimo, ma l’inquadratura mostrava Marianne e Martin Collins che parlavano al microfono, accanto a lei stessa, più giovane, durante la conferenza stampa indetta dalla polizia nel 1990. Alle loro spalle, c’era il vecchio logo della polizia metropolitana su uno sfondo bianco.
«Allora, ha qualche commento a riguardo?», domandò la giovane al telefono. La voce sembrava profondamente interessata, sentiva l’odore del sangue. In TV un’agente di polizia, alta e bionda, leggeva una dichiarazione. Il nome balenò in un angolo dell’inquadratura: ISPETTORE CAPO ERIKA FOSTER.
«Ha qual-che com-men-to al ri-guar-do?», ripeté la ragazza sillabando ogni parola, palesemente scocciata dal suo lungo silenzio. «Erano state ritrovate delle foto di Jessica nella casa di un maniaco sessuale della zona. L’avete arrestato, ma poi l’avete lasciato andare, non è vero?»
«Non ho avuto scelta! Non c’erano abbastanza prove».
«E lui è ancora a piede libero. Pensa che sia il responsabile della morte di Jessica? Da come si è comportata nei mesi seguenti, sembrerebbe di sì. Pensa di avere le mani sporche di sangue?»
«Mi lasci in pace!», urlò Amanda. E scaraventò giù la cornetta.
Non appena toccò il supporto, però, il telefono cominciò a squillare di nuovo. Amanda s’inginocchiò sul pavimento e, facendosi spazio fra pile di vecchi giornali, riviste e corrispondenza varia, afferrò il cavo e lo staccò dal muro. Il telefono si zittì all’istante. Corse in salotto e alzò il volume.
«Porgiamo le nostre più sentite condoglianze alla famiglia Collins. Il caso è stato riaperto e stiamo seguendo attivamente diverse nuove piste. Grazie a tutti».
L’inquadratura si allargò, mostrando Erika Foster che rientrava nella centrale di polizia di Bromley insieme ad altri due ufficiali. La linea tornò allo studio della BBC, seguirono le altre notizie del giorno.
Amanda si accasciò a terra, cercando di respirare profondamente. Tremava come una foglia.
«No, no, no… non sta succedendo davvero», mormorò.
Fra un cumulo di vecchia spazzatura, vide spuntare un piccolo pupazzetto di gomma a forma di coniglio. Era di Sandy. Allungò un braccio, lo prese e lo strinse al petto. Cominciò a piangere a dirotto – per Jessica, per il caro Sandy e per la vita che avrebbe dovuto avere.
Quando finalmente smise di piangere, si asciugò gli occhi con la manica e andò verso la cucina. Poco dopo aprì la terza bottiglia di vino.