Capitolo 26

Le strade erano deserte mentre il Gufo si affrettava lungo Lordship Lane. Era una zona ricca di South London. File di negozi immersi nell’oscurità scorrevano ai lati della strada. Il silenzio era rotto soltanto dal soffice scorrere delle ruote della bicicletta e dal ronzio del traffico distante.

Era quasi mezzanotte, ma il calore si innalzava dai marciapiedi e il Gufo grondava di sudore sotto la tuta nera. Con la macchina avrebbe fatto più in fretta, ma quella zona nascondeva telecamere di sicurezza a ogni angolo, pronte a riprendere targhe e conducenti. Troppo rischioso.

Per trovare l’indirizzo non aveva dovuto far altro che effettuare una piccola ricerca su internet. L’obiettivo era un uomo conosciuto, uno di quelli che ama spiattellare la propria vita sui social. Il Gufo sorrise, scoprendo una fila di piccoli denti storti.

Aveva condiviso troppe cose, troppe volte.

Dato che la vittima designata era un personaggio pubblico, e spesso controverso, il Gufo aveva temuto che la casa potesse essere piena di allarmi. Era bastata un’unica visita per sistemare le cose, in una calda giornata della settimana appena passata – una finta chiamata promozionale, un volantino di una inesistente BELL SAFE SECURITY. Era stato uno shock trovarsi faccia a faccia con lui. Non era stato affatto facile reprimere l’odio e mantenere un atteggiamento rilassato e informale.

Il Gufo imboccò Lordship Lane, fermandosi di fronte a un alto muro. I freni della bicicletta fischiarono appena, eppure nella quiete della via il suono parve assordante.

Il muro segnava l’inizio di una lunga fila di cortili. Le case che si perdevano in lontananza erano tutte moderne ed eleganti. Il Gufo incastrò la bici fra la cassetta delle lettere lì vicino e il muro, si arrampicò sul sellino e scavalcò la recinzione. Quattro di quelle case a schiera erano dotate di allarme. Un altro muro sul retro correva lungo tutte e sei le proprietà, fino al deposito degli autobus.

Superare il primo giardino sarebbe stata una passeggiata: era una casa enorme in cui viveva solo un’anziana signora. L’erba del cortile era alta e incolta e tutte le luci erano spente. Il Gufo attraversò il giardino senza fare rumore e si arrampicò sulla recinzione che divideva il primo cortile dal secondo.

Anche lì, niente sistemi di sicurezza, ma il proprietario aveva costruito un’ampia veranda riducendo il giardino a una striscia sottile. La prima finestra del piano terra era buia ma dalla seconda, aperta di un paio di centimetri, arrivavano dei bagliori tenui e colorati. Era la stanza di un bambino, ampia e quasi totalmente spoglia, tranne che per una grande culla di legno accostata alla finestra.

Un bimbo di pochi mesi appena, con occhi grandi e disordinati ciuffi di capelli neri, cercava di tenersi in piedi aggrappandosi alle sbarre con le manine cicciotte. Il piccolo riusciva a guardare il giardino grazie alla luce soffusa che proveniva dalla lampada. Il Gufo si avvicinò alla finestra aperta, sussurrando: «Ciao».

Il piccolo barcollò appena, sempre mantenendosi ben saldo alle sbarre della culla. Anzi, la piccola: era una femmina, notò il Gufo. Indossava una tutina rosa abbinata a un cardigan ricamato. L’aria della sera era immobile, il caldo fuoriusciva persino dai mattoni.

«Ti annoi e hai caldo, vero piccola?», sussurrò il Gufo. La bambina sorrise e saltellò nel letto. Si tirò il cardigan e fece un piccolo, dolce vagito.

Rimanevano ancora tre giardini da attraversare, ma il Gufo ebbe pietà di quella piccola che cuoceva a fuoco lento nella camera afosa. Si arrampicò, riuscì ad aprire facilmente la finestra e infilò una gamba oltre il davanzale. La bimba spalancò i grandi occhioni tondi. Chi era quella strana persona che era appena entrata in camera sua?

«Tranquilla… Tranquilla», sussurrò il Gufo. «Sei innocente. Non hai ancora avuto occasione di portare disordine nel mondo». Con un movimento fugace, il Gufo prese in braccio la bambina. Lei rise. Rimettendola di nuovo nella culla, si sbrigò a slacciare i minuscoli bottoncini che le tenevano chiuso il cardigan, stringendolo forte così che la bimba non perdesse l’equilibrio. Una dopo l’altra, liberò entrambe le braccia finché non le tolse definitivamente il maglioncino.

«Ecco qua, meglio no?», sussurrò allegramente il Gufo. La bambina si lasciò prendere ancora una volta in braccio e il Gufo la sistemò sulle lenzuola bianche con gli elefantini grigi. La piccola allungava le braccia, mentre il Gufo tirava lentamente il filo del carillon appeso sopra alla culla.

Quando la melodia dolce della ninna nanna si diffuse nella stanza, il Gufo uscì, allontanandosi velocemente.

Il terzo giardino aveva una luce di sicurezza sul muro posteriore. Attraversarlo fu una vera impresa – il Gufo dovette tenersi a debita distanza dal raggio d’azione dell’allarme per tutto il tragitto.

Il quarto cortile era un po’ più selvaggio degli altri. L’erba era alta e le aiuole incolte. Il Gufo superò un paio di altalene di plastica e un recinto per la sabbia, nascondendosi dietro la porta della lavanderia.

Si sollevò il cappuccio. Adesso nel buio spiccavano solo due occhi scintillanti. Il Gufo ascoltò i rumori all’interno della casa. Poi estrasse un lungo e sottilissimo filo di rame e lo inserì nella serratura.

La donna di ghiaccio - La vittima perfetta - La ragazza nell'acqua
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