Si era fatto tardi, ma Amanda Baker non riusciva a dormire. Se ne stava seduta sulla poltrona con una penna e un quaderno A4. Dopo aver parlato con i detective, aveva ricominciato a pensare al caso Collins – non con il solito risentimento amareggiato, ma con una nuova voglia di risolverlo. Aveva cominciato mettendo per iscritto tutto ciò che riusciva a ricordare, e ben presto aveva riempito mezzo quaderno. La televisione era accesa, ma con il volume azzerato, e per la prima volta dopo anni si sentiva viva e piena di determinazione. Ricordava quasi tutto del periodo passato dietro a quel caso. Semmai erano gli ultimi quindici anni a essere confusi, scivolati via nella nebbia dell’alcol e delle droghe. Si era persino data una regolata con il vino. Sollevando lo sguardo dal quaderno, notò che era soltanto al terzo bicchiere.
Qualcuno bussò piano alla finestra. Si tolse gli occhiali e si alzò dalla poltrona. Scostò la tenda e, dall’altro lato del vetro, le apparve un viso familiare. Quando aprì la finestra l’aria fredda riempì la stanza, portando con sé un fresco sentore di ozono. Crawford strizzò gli occhi sotto la luce proveniente dal soggiorno.
«Ho sentito il tuo messaggio», le disse.
«Hai un aspetto orribile», rispose Amanda sorridendo.
«Perché non ti guardi allo specchio?».
Lei si lasciò sfuggire una risatina rauca e gli tese la mano. «Vieni, arrampicati. La porta è bloccata».
Lui la strinse e si sollevò sul cornicione, tutto rosso in faccia per lo sforzo. Una volta dentro, si fermò in mezzo al salotto a riprendere fiato.
«È passato un bel po’», disse. «Anni, da quando noi…».
Amanda annuì. Nei punti in cui la luce gli colpiva il capo, Amanda notò gli ultimi ciuffi di capelli color sabbia che spuntavano dalla testa leggeri come zucchero filato.
«Vuoi qualcosa da bere?», gli chiese.
«Sì, mi farei volentieri un bicchiere. È stata una giornata infernale». Si strofinava il viso nervosamente.
Amanda uscì dal soggiorno e tornò poco dopo con la bottiglia e un altro bicchiere.
«L’hai proprio lasciato andare questo posto», le disse, prendendo il calice.
«E tu hai lasciato andare te stesso», rispose Amanda, brindando e buttando giù tutto d’un fiato. Gli tolse dalle mani il bicchiere e li appoggiò entrambi sul tavolino accanto alla poltrona. Si voltò e lo guardò negli occhi.
«Mia moglie mi ha lasciato», disse Crawford.
«Mi dispiace».
«Si è portata via i bambini. La casa…».
«Shhh, così rovini l’atmosfera», disse Amanda, avvicinandosi e premendogli un dito sulle labbra. Gli slacciò il cappotto, tirandolo giù fino a metà braccia. Lui la fissava a bocca aperta, pieno di desiderio. Amanda spostò le mani sulla sua pancia prominente fino alla vita. Gli slacciò i pantaloni.
«Oh», disse Crawford quando le tirò giù la zip e gli infilò la mano nelle mutande. Chiuse gli occhi, rabbrividendo. «Oh, Amanda…».
Lei gli abbassò le mutande e lo spinse sul divano. «Siediti e sta’ zitto», gli ordinò inginocchiandosi sul pavimento fra le sue gambe.
Crawford buttò la testa all’indietro e cominciò a respirare affannosamente. Pochi minuti dopo, era tutto finito. Con un po’ di difficoltà, Amanda riemerse dalla moquette e prese il pacchetto di sigarette sul tavolo.
«Ci voleva proprio. Ci sai ancora fare, sai? Sei la migliore», disse Crawford tirandosi su le mutande e i pantaloni. «C’è altro vino?»
«Certo», rispose Amanda. Prese la bottiglia e gli riempì il bicchiere.
Lui lo prese e, tutto soddisfatto, si rimise a sedere sul divano e bevve un lungo sorso.
«Ho sentito che sei sul caso Collins», disse Amanda accendendo la sigaretta.
«È il karma», rispose alzando gli occhi al cielo e facendo un altro sorso. «Sai, mi piace qui, Amanda. Sento che posso rilassarmi. Mia moglie era così fissata con la pulizia».
«Come sta andando il caso?», gli chiese lei.
Crawford rise. «Sai che non posso dirtelo».
Amanda fece un altro tiro di sigaretta.
«Io scommetto di sì».
Crawford scattò sulla sedia. «Un momento, non mi hai mica chiamato per…».
«Cosa? Una botta e via fra vecchietti? Era uno dei motivi».
«Non ti credo», rispose lui, sbattendo il calice sul tavolo. Si alzò e andò a raccogliere il cappotto dal pavimento.
«Voglio solo sapere come va il caso Collins. Tutto qui, Crawford».
«Perché non imparo mai? Sei solo una stronza manipolatrice».
«Ora sono una stronza, un minuto fa ero “la migliore”».
«Sì, be’, ora ci vedo meglio».
«Ah, la tua super vista postcoitale. E io, Crawford?»
«Tu cosa?»
«Io mi sento ancora insoddisfatta. Sotto vari aspetti».
Crawford fece per andare alla finestra, ma Amanda incrociò le braccia al petto e gli bloccò la strada.
«Non così in fretta. Forse ti sei scordato tutti i segreti che so sul tuo conto…».
«Sul nostro conto, Amanda. Eri coinvolta anche tu nella vendita di droga confiscata», sibilò.
Amanda sollevò le spalle. «È proprio questo il lato positivo di non avere nulla da perdere. Parlo per me, ovviamente. Tu hai un divorzio all’orizzonte. La vita sarà diventata costosa dopo la separazione, con il mantenimento, il monolocale in affitto. E poi dovrai pure negoziare l’affidamento dei bambini. A te serve il tuo lavoro».
«Che cosa vuoi?», le rispose con i pugni serrati. Era diventato completamente rosso.
«Te l’ho detto. Solo essere informata sul caso… Se dovessero servirmi delle fotocopie, o roba del genere, ci penserai tu».
Crawford la guardò per un istante, gli occhi colmi d’odio.
«E va bene. D’accordo. Posso andare, adesso?»
«Non ancora. Voglio sentirmi soddisfatta».
«Ti ho appena detto che ci sto».
«Sto parlando di un altro tipo di soddisfazione», ribatté lei. Strinse le dita intorno all’elastico dei leggings e li tirò giù fino alle caviglie.
«Sai che non mi piace», rispose Crawford osservando quel corpo nudo dalla vita in giù. La carne pallida. Il folto ciuffo di peli neri.
«Tutti dobbiamo fare cose che non ci piacciono, Crawford. Solo così si sopravvive», disse spingendolo in ginocchio. «Ora datti da fare».