Capitolo 78

Giovedì 17 novembre 2016

Erika e Moss erano immobili, inorridite, mentre Laura continuava a raccontare la sua storia.

«La roulotte era piena di fumo e vapori… Avevamo spostato il generatore perché non poggiava bene a terra, e non volevamo che il vento lo facesse cadere. Ma non ci eravamo accorti di averlo messo proprio sopra la ventola di aereazione della roulotte. Di fronte al lettino di Jessica. L’avevamo chiusa a chiave dentro, con le finestre abbassate mentre la roulotte si riempiva di fumo.

Oscar aprì tutte le finestre e cercò di far circolare l’aria, ma quando andai da Jessica… Non si muoveva più. Era ancora sotto le coperte. Aveva la pelle di un terribile colorito violaceo e grigiastro. Era morta».

Ci fu un lungo momento di pausa. L’avvocato si tolse gli occhiali e si asciugò le lacrime.

«Quindi si è trattato di un incidente?», chiese Erika, incredula.

«Sì. Avremmo dovuto controllare. Avremmo dovuto fare attenzione a certe cose. Le ventole, le finestre…».

«E dopo che accadde?», chiese Moss.

«Eravamo entrambi nel panico. Non riuscivamo a ricordare chi avesse spostato il generatore: io pensavo che fosse stato Oscar, lui pensava che fossi stata io… Poi gli dissi che Jessica era mia figlia. E lui cominciò a parlare di cose come sequestro di persona, condanne per omicidio colposo. Disse che era stato lui a firmare per l’affitto della roulotte, e anche per l’utilizzo del generatore. Aggiunse che era un giovane di colore agli inizi di una brillante carriera… “Sai come vengono trattati i neri dal sistema giudiziario?”, continuava a urlare.

Così presi Jessica e corsi sulla spiaggia con lei in braccio. Mi misi a sedere e la tenni stretta tutta la notte. Volevo solo tenerla fra le mie braccia. Era così bella… Oscar non mi seguì. Poi ricordo solo che si fece giorno, e a un certo punto sentii il motore della macchina che si accendeva. Oscar partì e tornò indietro dopo un po’. Era stato in un negozio, a qualche chilometro da dove eravamo noi. Disse che tutti i giornali parlavano del rapimento di Jessica. Diede ancora più di matto quando scoprì che gli avevo mentito».

«E poi che cosa avete fatto?», chiese Erika, a malapena in grado di ascoltare ciò che le veniva rivelato.

«L’abbiamo seppellita… Abbiamo seppellito la mia bambina… Abbiamo scavato una fossa e l’abbiamo messa lì dentro. Oscar mi minacciava. Non avevo chiuso occhio…».

A quel punto non ce la fece più e scoppiò a piangere. Erika si alzò e fece il giro del tavolo per andare ad abbracciarla. Lanciò uno sguardo fugace a Moss e vide che anche lei stava piangendo. Laura riuscì a ricomporsi e allontanò Erika.

«Oscar è riuscito a staccarsi completamente dalla vicenda. Siamo tornati a Bromley e lui ha semplicemente accantonato la questione nella sua testa. Ero io che continuavo a tenere quell’orribile segreto. Ero schiacciata da quel peso e dal pensiero di aver lasciato lì la mia bambina… La mia Jessica. Ma sapete qual è la cosa più brutta? Che ci godevo a tenere mia madre all’oscuro. Quella stronza mi aveva portato via la mia bambina, ma ora sapeva come ci si sentiva! Per me può anche andare all’inferno!». Laura gridò e sbatté forte la mano sul tavolo. «Io la odio!».

«Come ha fatto Jessica a finire nella cava di Hayes, se era sepolta a tanti chilometri di distanza?», chiese Moss.

«Io stavo impazzendo: la polizia la cercava ovunque e poi hanno arrestato Trevor Marksman ed è stato come una manna dal cielo. Era un pedofilo: non mi dispiaceva affatto che lo incolpassero per la morte di Jessica… Ma non potevo sopportare il pensiero di lasciarla lì da sola, sepolta così lontano da casa. Ho fatto una cosa che non avrei mai dovuto fare, e ho scritto a Gerry. Pensavo che avesse il diritto di sapere… Gli ho scritto una lettera».

«Gerry O’Reilly? Il padre di Jessica?».

Laura annuì. «Gli ho chiesto di telefonarmi. Abbiamo iniziato a parlare e ha detto che sarebbe venuto a Londra per incontrare degli amici prima di partire in missione in Iraq. Sono andata nel suo albergo, abbiamo passato la notte insieme e gli ho raccontato ogni cosa. Pensavo che si sarebbe arrabbiato da morire, ma dovevo dirglielo. Era il padre di Jessica».

«E cosa è successo?»

«È successo che mi sono resa subito conto che era un vero, infimo bastardo. Sapete qual era la cosa che gli interessava di più? Che ci fosse di mezzo un avvocato, che Oscar sarebbe diventato un legale importante… Mi ha costretto a dargli il suo numero, dicendo che si sarebbe occupato lui di tutto…».

«E l’ha fatto?»

«Più in là mi ha detto che era tutto a posto. Che Jessica era nella cava».

«E Bob Jennings? L’uomo che viveva nel cottage?»

«Gerry mi ha detto che erano stati visti, ma che si era occupato anche di questo. Mi ha avvertito di tenere la bocca chiusa e che, se l’avessi fatto, avrei continuato a vivere. Avrei avuto un futuro».

«Bob Jennings non meritava di morire. L’hanno fatto passare per un suicidio», disse Moss.

Solo il ticchettio dell’orologio rompeva il silenzio.

«Ci andavo, qualche volta», disse Laura. «Era confortante per me sapere che era lì. Non l’ho mai detto alla mia famiglia, a mio marito, né a nessuno dei miei nuovi amici. L’ho completamente rimosso. Quando vivi una bugia, ti entra così in profondità che ti spinge quasi a credere che sia la verità. Finché non l’avete trovata, nella mia testa ho sempre pensato che fosse scomparsa quel pomeriggio della festa».

«E allora perché Gerry è riapparso, Laura?», chiese Erika.

«Oscar. Sempre per Oscar. Avete visto cosa è diventato, no? Un avvocato di successo. Si diceva addirittura che l’avrebbero fatto giudice».

«Perché Oscar non si è ribellato in qualche modo?»

«Qualche anno dopo la morte di Jessica, Gerry è finito nei guai: l’hanno accusato di tentato omicidio. Ha costretto Oscar a difenderlo in tribunale. Non so come abbia fatto, ma l’hanno assolto. E da allora è iniziata questa… complicità malata. Oscar si è lasciato corrompere dal potere, sempre di più. E Gerry è diventato il suo scagnozzo. Quello che gli faceva il lavoro sporco. Così quando Jessica è stata ritrovata, Oscar ha ordinato a Gerry di indagare sugli sviluppi del caso e di tenerlo aggiornato…».

«E quando Amanda Baker si è avvicinata alla verità, lui l’ha fatta sparire. Ha fatto in modo che sembrasse un suicidio. Ma ne aveva già parlato con il detective Crawford, quindi ha dovuto far fuori anche lui. E aveva provato a informare anche me, no?», disse Erika.

Laura sollevò la testa e la guardò dritto in faccia. C’era così tanta tristezza e disprezzo verso se stessa in quegli occhi. «Doveva sembrare che tu avessi sorpreso un ladro in casa e lui t’avesse uccisa».

«C’erano mia sorella, i bambini e un neonato in casa. Davvero sareste arrivati a tanto per mantenere il vostro segreto? Come pensavate di passarla liscia?»

«L’abbiamo passata liscia per ventisei anni», rispose Laura.

Erika e Moss si tirarono indietro. Ogni sentimento di pietà nei confronti di Laura si era dissolto.

«Sai dov’è diretto Gerry O’Reilly?», le chiese Moss. «È salito su un treno per Parigi oggi».

«Ha sempre detto che un giorno avrebbe fatto la sua mossa finale… Avrebbe preso le sue cose e sarebbe sparito in una nuvola di fumo».

«Sii più chiara», disse Erika.

«Parlava del Marocco».

«Marocco? Perché?», chiese Moss, lanciando uno sguardo fugace a Erika.

«Non c’è l’estradizione per il Regno Unito là», rispose Laura.

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