Dopo la messa, i fedeli seguirono la bara nel vasto cimitero per la sepoltura.
Erika e Marsh parteciparono a quell’ultima parte della funzione, unendosi alla folla in lutto sulla tomba appena scavata. L’aria era fredda e stava quasi per scoppiare una tempesta. Il cielo in lontananza si stava lentamente colorando di blu scuro.
Erika si sentiva sempre a disagio ai funerali delle vittime: tecnicamente era in servizio, ma era davvero difficile trovare un equilibrio fra la necessità di mostrare rispetto e quella di guardarsi intorno. Spesso era l’unico momento in cui tutti i protagonisti di un caso si ritrovavano nello stesso luogo.
Il prete era in piedi di fronte alla tomba decorata dai gigli, la bara aspettava di essere calata. Cominciò a parlare.
«Dio eterno, disobbedendo alle tue leggi abbiamo perso la grazia, e la morte è entrata nel mondo…».
Marianne era seduta in prima fila di fronte alla tomba, vestita completamente di nero con un cappello a falda larga. Piangeva apertamente ma in silenzio, con il rosario in una mano. Con l’altra stringeva la mano di Martin, lasciandola soltanto per asciugarsi gli occhi con un fazzolettino. Dall’altro lato sedeva Toby e accanto a lui c’era Laura, insieme al marito e ai due figli piccoli. Tanvir, notò Erika, era stato relegato nelle ultime file.
Dietro di loro sedeva Nancy Greene, l’agente di collegamento con la famiglia, anche lei vestita di nero da capo a piedi. L’unico cenno di colore erano le minuscole garze bianche che le coprivano ancora il naso in via di guarigione. Oscar Browne se ne stava un po’ più giù, seduto accanto a una donna di colore alta ed elegante. Incrociò lo sguardo di Erika e inclinò leggermente il capo. Lei rispose allo stesso modo, incerta sul significato da attribuire a quel cenno.
Il prete parlava con una voce fragorosa che sembrava librarsi sopra le loro teste: «È con sommo pentimento che umilmente ti chiediamo di vegliare su questa tomba e custodirla nella tua grazia…».
Erika lanciò un’occhiata a Marsh, per vedere se anche lui avesse notato Oscar, ma il comandante era ipnotizzato da una gigantografia che era stata sistemata su un cavalletto di legno vicino alle corone di fiori. L’immagine mostrava Jessica con il cappottino rosso: era la foto che Marianne teneva all’ingresso. Una cosa insolita per un funerale britannico.
«Continuo a pensare che sarebbe potuto accadere a una delle mie figlie», bisbigliò Marsh. «E non posso fare a meno di chiedermi come affronterei io una prova del genere».
Erano arrivati al funerale insieme. In macchina Marsh le aveva raccontato che il legale di Marcie aveva già segnalato una data utile per l’udienza sulla custodia delle figlie.
Le tornò in mente una scena del funerale di Mark: il momento esatto in cui la bara era stata sollevata e messa nel carro funebre, traballando per il peso del corpo al suo interno…
Erika si voltò verso Marsh e gli prese la mano. E così ebbe modo di notare Amanda Baker, seduta più in là, in fondo alla loro fila. Amanda la stava fissando, abbassava lo sguardo sulla mano intrecciata a quella di Marsh.
Erika la salutò con un cenno del capo e cercò lentamente di lasciare la presa, ma il comandante continuava a stringerla. Amanda notò anche questo, e alzò un sopracciglio. C’era qualcosa di diverso in lei. Sembrava meno gonfia e rossa, indossava un vestito elegante, si era truccata e aveva persino tinto i capelli di una chiara tonalità di castano.
Presto il prete giunse al termine della benedizione. «Cosicché, rimettendo alla terra il corpo di Jessica, tua servitrice, la sua anima possa essere accolta in paradiso. Lo chiediamo per Cristo, nostro Signore. Amen». E la folla ripeté all’unisono: «Amen».
Erika tornò a osservare Marianne e vide tutto il dolore che la dilaniava: era il momento in cui avrebbe dovuto dire addio per sempre a Jessica. Martin le stringeva la mano, e solo allora Erika notò la sua fidanzata. L’avevano fatta sedere un paio di posti più giù, i bambini tra di loro erano quasi come una barriera. La piccola si agitava sulla sua sedia con addosso un vestitino nero e svolazzante, se l’era tirato su fino a mostrare le calze dello stesso colore. Il fratellino indossava un completino elegante e fissava il cielo, dove i tuoni cominciavano a rombare.
Marianne si alzò e traballando raggiunse la tomba dove la bara veniva calata lentamente. Un fulmine tuonò in lontananza e la pioggia cominciò a cadere, trasformandosi nel giro di pochi secondi in un vero e proprio acquazzone. Marianne agitò il pugno contro il cielo e improvvisamente il suo corpo parve perdere forza, precipitando giù, nella tomba aperta.
La pioggia martellava a più non posso e la luce dei lampi illuminava la fossa. Urla e confusione, mentre i presenti accorrevano alla tomba e la terra raccolta diventava un pantano.