Capitolo 22

A Erika piaceva guidare. Il tipo di macchina non era importante, bastava che fosse sicura e calda. Mentre guidava lungo le strade vuote di South London l’auto era come un bozzolo che la circondava. Si sentiva più a casa lì che nell’appartamento.

Voltò impercettibilmente il capo dall’altra parte quando oltrepassò il cimitero di Brockley, con le lapidi che scintillavano alla luce dei lampioni. La macchina sbandò leggermente sulla sinistra. Si rese conto che doveva rallentare. La neve si era un po’ sciolta nel corso della giornata, ma di sera il gelo era calato di nuovo e aveva reso pericolose le strade.

Mise il telefono in viva voce e fece partire una chiamata. Rispose il sergente Woolf e lei gli chiese una lista dei pub più malfamati della zona.

«Posso chiedere il motivo?», disse lui. La sua voce suonava metallica dall’altro capo della linea.

«Ho voglia di un drink».

Seguì una pausa. «Okay. Ci sono il Mermaid, il Bird In The Hand, lo Stag, il Crown. Non quello che poi è diventato un Wetherspoon, ce n’è un altro che sta per chiudere. È alla fine di Gant Road. E poi ovviamente il Glue Pot».

«Grazie».

«Detective Foster, mi faccia sapere dove si trova. E se le servono rinforzi…».

Erika riattaccò.

Trascorse le successive tre ore aggirandosi in alcuni dei peggiori pub che avesse mai visto in tutta la sua carriera. Non erano lo squallore, la sporcizia o gli ubriachi a disturbarla. Era la disperazione dipinta sui volti delle persone sedute al bancone. La desolazione con cui se ne stavano stravaccati in un angolo, o spendevano i pochi soldi che avevano nelle slot machine.

E il fatto che quei pub fossero a pochi chilometri di distanza dai quartieri ricchi era un ulteriore pugno in un occhio. L’orribile bettola che rispondeva al nome di Mermaid era accanto a un ristorante di cucina fusion indiana che aveva appena ricevuto una stella Michelin. Interni luminosi, un posto allegro pieno di persone felici e ben vestite che cenavano in comitiva. Il Bird In The Hand, dove Erika diede venti sterline a una ragazzina dagli occhi vitrei che chiedeva l’elemosina, era accanto a un elegante wine bar pieno di donne in tiro accompagnate dai loro ricchi mariti.

Solo lei notava certe cose?

Era mezzanotte quando Erika approdò al Crown di Gant Road. Era un locale vecchio stile, con lampade di ottone sulla facciata rossa. Non mancava molto alla chiusura, ma Erika riuscì a entrare allungando una banconota da venti sterline al ragazzo alla porta.

All’interno era strapieno e l’atmosfera era turbolenta. I vetri delle finestre erano coperti di vapore e c’era un odore di birra, sudore e profumo da quattro soldi. La clientela sembrava parecchio rozza, ma tutti avevano fatto lo sforzo di vestirsi meglio che potevano. Erika si stava giusto chiedendo cosa si stesse festeggiando, quando individuò la persona che stava cercando.

Ivy era seduta su un piccolo sgabello in fondo, accanto a una slot machine lampeggiante. Accanto a lei c’era una ragazza corpulenta con i capelli biondi, ma rossi alla radice, e un piercing al labbro. Erika si fece strada lentamente verso di loro, passando in mezzo a gruppi di persone che sembravano strafatte. Quando raggiunse Ivy notò che anche lei aveva le pupille dilatate. I suoi occhi adesso erano due malvagi pozzi neri.

«Che cazzo ci fai qui?», le chiese, cercando di metterla bene a fuoco.

«Volevo parlarti», gridò Erika per sovrastare il rumore.

«Questa roba l’ho pagata tutta», gridò Ivy di rimando, muovendo il dito in cerchio. Erika notò che c’erano molte buste della spesa intorno agli sgabelli.

«Non si tratta di questo», disse Erika.

La ragazza accanto a Ivy la guardava in cagnesco. «Tutto a posto, Ive?», disse chinandosi in avanti, senza distogliere gli occhi da Erika.

«Sì», disse Ivy. «Il prossimo giro lo paga lei».

Erika porse un biglietto da venti alla ragazza, rendendosi conto di aver speso un sacco di soldi quella sera. La tizia si alzò dallo sgabello e sparì tra la folla.

«Dove sono i bambini?», chiese Erika.

«Eh?»

«I tuoi nipoti».

«Di sopra. Dormono. Perché, hai voglia di picchiarli?»

«Ivy…».

«Be’, puoi metterti in fila, tesoro. Oggi mi hanno davvero rotto le scatole».

«Ivy. Devo parlare con te del Glue Pot», disse Erika, appollaiandosi sullo sgabello rimasto libero.

«Di che?», disse Ivy, tentando di concentrarsi.

«Ricordi? Il pub di cui abbiamo parlato. Il Glue Pot, su London Road».

«Io non ci vado lì», biascicò Ivy.

«Lo so che non ci vai. Ma perché?»

«Perché no».

«Ti prego. Devo sapere di più. Perché, Ivy?»

«Vaffanculo!».

Erika le mostrò un’altra banconota da venti. Ivy tentò di metterla a fuoco, poi l’afferrò e se la infilò sotto la cintura dei jeans malconci.

«Allora, di che volevi parlare?»

«Del Glue Pot».

«Succede roba brutta là dentro. Un uomo cattivo… cattivo…», disse Ivy scuotendo il capo.

«C’è un uomo cattivo?»

«Sì…». Gli occhi di Ivy adesso erano rovesciati all’indietro e sembrava che vedesse qualcosa davanti a sé, qualcosa che non c’era nel bar. La sua testa scattò di lato.

«Ivy. L’uomo cattivo. Come si chiama?»

«È proprio cattivo, te lo dico io, tesoro…».

«Hai sentito della ragazza che è morta, Andrea?». Erika tirò fuori il cellulare e trovò la fotografia di Andrea. «È lei, Ivy. Si chiamava Andrea. Era una bella ragazza, con i capelli scuri. Pensi che Andrea conoscesse quest’uomo cattivo?».

Ivy tentò di mettere a fuoco l’immagine sul cellulare.

«Sì, era bella».

«L’hai mai vista?»

«Qualche volta».

«Hai visto questa ragazza qualche volta al Glue Pot?», chiese Erika mostrando di nuovo la foto a Ivy.

«Prima era bella…». Rovesciò di nuovo gli occhi all’indietro e cominciò a scivolare giù dallo sgabello.

«Forza Ivy. Resta con me», disse Erika afferrandola e rimettendola dritta. «Per favore, guarda di nuovo la foto».

Ivy la fissò. «I cattivi sono sempre i peggiori, ma anche i migliori. Gli lasci fare tutto quello che vogliono, anche se fa male, anche se non vuoi…».

Erika lanciò un’occhiata verso il bancone e vide che la ragazza grassa non stava prendendo da bere, ma parlava con un gruppetto di uomini, che continuavano a fissare lei e Ivy.

«Ivy, è una cosa importante. Stai parlando di Andrea? Ha incontrato quest’uomo cattivo al Glue Pot? Lui aveva i capelli scuri. Ti prego. Mi serve qualcosa, un nome…».

Ivy stava sbavando e faceva bolle di saliva tra le labbra. Si passò la lingua sul mento ed Erika vide di nuovo i denti marci.

«L’ho vista con lui e con una puttana bionda. Stupide ragazzine, sono andate troppo in là con lui», disse Ivy.

«Come, Ivy? Un uomo dai capelli scuri e una donna bionda?»

«È una visita ufficiale questa?», chiese una voce. Erika alzò lo sguardo e vide un uomo robusto con i capelli sottili e rossicci.

«Non l’ho invitata io», disse Ivy. Poi aggiunse: «È una cazzo di guardia».

«No, non è una visita ufficiale», disse Erika.

«Allora vorrei che te ne andassi», disse l’uomo, con un tono di voce minaccioso, ma calmo e tranquillo.

«Ivy, se ti viene in mente qualcosa, o se vedi qualcosa, questo è il mio numero». Erika tirò fuori una penna e un pezzo di carta dalla giacca di pelle, vi scrisse sopra frettolosamente il suo numero di cellulare e lo infilò nella tasca dei jeans di Ivy. L’uomo prese Erika sottobraccio. «Mi scusi», disse lei, «che pensa di fare? E chi si crede di essere?»

«Il proprietario. Le persone che si trovano qui sono state regolarmente invitate e sto offrendo da bere. Tu non sei stata invitata, perciò devo chiederti di andartene, o sto forse infrangendo la legge?»

«Ho detto che non ero qui in visita ufficiale, ma potrei esserlo nel giro di un secondo», disse Erika.

«Questa è una veglia», disse l’uomo in tono sbrigativo. «E la politica del locale è niente guardie del cazzo».

«Come mi hai chiamata?», chiese Erika, tentando di rimanere calma. Un tipo basso con uno strano fisico da gnomo si unì a loro.

«Per caso conoscevi mia madre?», le chiese con voce dura.

«Tua madre?»

«Già, proprio così, mia madre. Pearl».

«Ma chi sei?»

«Non osare chiedermi chi cazzo sono alla veglia funebre di mia madre! Chi cazzo sei tu?»

«Quindi questa è la veglia per tua madre Pearl, giusto?», chiese Erika.

«Sì, e che cazzo te ne frega?».

Erika si guardò intorno nella sala. La gente stava cominciando a fissarli.

«Calmati, Michael», disse il proprietario.

«Non mi piace il suo atteggiamento, stronzetta rinsecchita», disse Michael squadrandola dall’alto in basso.

«Si dia una calmata, signore», disse Erika.

«Signore? Mi stai prendendo per il culo?»

«No, sono un agente di polizia», disse Erika tirando fuori il distintivo.

«Che cazzo ci fa una guardia qui? Hai detto che avevi parlato con…».

«Ci ho parlato, Michael. Questa agente di polizia se ne stava giusto andando».

«C’è una cazzo di guardia!», urlò una donna allampanata con i capelli rossi che si era avvicinata barcollando. Ai piedi portava una sola ballerina rosa. Si udì un rumore di bicchieri rotti, poi due tizi cominciarono a picchiarsi. La donna dai capelli rossi rovesciò la sua birra su Erika e le fece un cenno come a invitarla a prendersi il resto. Erika sentì che qualcuno la afferrava per la vita. All’inizio pensò di essere stata aggredita, ma era il proprietario che l’aveva sollevata e la stava portando via, mentre la gente la insultava e sputava. Sfruttando la sua altezza e la sua stazza la portò fuori dalla folla, dietro al bancone.

«Fuori di qui. Passa dalle cucine. La porta dà sul vicolo qui dietro», disse lui, sollevando una mano per fermare la folla che stava cercando di passare dallo stretto pertugio del bancone. Un bicchiere esplose sopra la testa di Erika, mandando in frantumi una bottiglia di vodka. All’estremità opposta del bancone la donna che l’aveva lanciato aprì un altro passaggio e la gente cominciò a sciamare contro Erika.

«Fuori!», disse il proprietario, spingendola al di là di tende maleodoranti. Erika incespicò nel corridoio in penombra, andando a sbattere contro confezioni di patatine e rovesciando una cassa di bottiglie vuote. La musica era alta, ma riusciva a malapena a coprire il fracasso di voci e bicchieri rotti che arrivava dal bancone. Erika vide che il proprietario veniva spintonato e strattonato mentre cercava di bloccare l’accesso alla porta. Erika trovò una porticina che conduceva nella cucina sudicia e unta, che sul fondo aveva un’uscita di sicurezza. L’aria fredda le piombò sulla pelle umida, che cominciava già a essere appiccicosa di birra. Si accorse di essere finita in un vicolo.

Tornò di corsa sulla strada principale, passò davanti alle finestre del locale, oltre le quali si vedevano solo vapore e confusione. Raggiunse la macchina, che fortunatamente la stava ancora aspettando lì di fronte.

Salì e partì facendo stridere le ruote. Si sentiva sollevata e su di giri, con l’adrenalina che le scorreva nelle vene. Poi ricordò che Ivy era ancora nel pub. Ivy, che aveva visto Andrea insieme all’uomo dai capelli scuri e alla donna bionda.

Era stata al Glue Pot la sera in cui Andrea era scomparsa? Quindi la cameriera del Glue Pot le aveva detto la verità?

La donna di ghiaccio - La vittima perfetta - La ragazza nell'acqua
titlepage.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-264.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-1.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-2.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-3_split_000.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-3_split_001.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-4.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-5.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-6.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-7.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-8.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-9.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-10.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-11.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-12.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-13.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-14.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-15.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-16.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-17.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-18.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-19.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-20.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-21.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-22.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-23.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-24.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-25.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-26.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-27.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-28.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-29.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-30.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-31.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-32.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-33.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-34.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-35.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-36.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-37.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-38.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-39.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-40.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-41.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-42.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-43.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-44.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-45.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-46.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-47.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-48.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-49.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-50.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-51.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-52.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-53.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-54.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-55.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-56.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-57.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-58.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-59.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-60.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-61.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-62.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-63.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-64.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-65.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-66.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-67.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-68.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-69.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-70.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-71.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-72.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-73.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-74.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-75.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-76.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-77.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-78.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-79.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-80.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-81.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-82.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-83.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-84.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-85.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-86.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-87.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-88.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-89.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-90.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-91_split_000.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-91_split_001.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-91_split_002.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-92.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-93.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-94.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-95.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-96.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-97.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-98.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-99.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-100.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-101.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-102.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-103.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-104.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-105.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-106.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-107.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-108.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-109.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-110.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-111.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-112.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-113.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-114.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-115.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-116.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-117.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-118.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-119.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-120.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-121.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-122.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-123.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-124.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-125.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-126.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-127.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-128.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-129.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-130.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-131.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-132.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-133.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-134.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-135.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-136.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-137.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-138.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-139.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-140.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-141.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-142.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-143.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-144.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-145.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-146.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-147.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-148.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-149.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-150.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-151.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-152.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-153.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-154.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-155.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-156.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-157.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-158.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-159.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-160.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-161.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-162.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-163.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-164.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-165.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-166.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-167.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-168.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-169.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-170.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-171.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-172.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-173.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-174.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-175.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-176.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-177.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-178.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-179_split_000.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-179_split_001.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-179_split_002.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-180.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-181.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-182.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-183.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-184.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-185.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-186.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-187.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-188.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-189.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-190.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-191.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-192.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-193.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-194.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-195.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-196.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-197.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-198.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-199.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-200.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-201.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-202.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-203.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-204.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-205.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-206.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-207.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-208.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-209.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-210.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-211.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-212.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-213.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-214.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-215.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-216.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-217.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-218.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-219.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-220.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-221.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-222.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-223.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-224.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-225.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-226.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-227.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-228.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-229.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-230.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-231.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-232.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-233.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-234.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-235.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-236.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-237.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-238.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-239.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-240.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-241.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-242.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-243.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-244.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-245.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-246.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-247.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-248.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-249.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-250.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-251.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-252.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-253.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-254.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-255.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-256.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-257.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-258.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-259.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-260.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-261.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-262.xhtml
SUN160_donna_ghiaccio-263.xhtml