Capitolo 43

«È completamente pazza», disse Giles Osborne. «Al punto che terrorizza me e molti del mio staff».

Moss ed Erika erano sedute nell’ufficio di Giles, che si affacciava sui giardini di una fila di casette a schiera. Un treno passò sferragliando dietro le case, mentre in un adiacente sito industriale svettavano quattro enormi serbatoi di carburante, lucidi di pioggia. Era un po’ assurdo aver costruito un edificio così bello e alla moda con quella vista così deprimente.

Giles pareva reduce da una notte insonne, la pelle del volto era smunta e cadente. Erika si accorse che nelle due settimane dopo il ritrovamento del corpo di Andrea era dimagrito parecchio.

«In famiglia sanno di Linda», proseguì Giles. «A quanto pare per anni è stata la pecora nera. L’hanno buttata fuori da tutte le scuole che ha frequentato. Quando aveva nove anni ha aggredito la sua insegnante con un compasso. La poverina ha perso un occhio».

«Quindi crede che Linda sia afflitta da problemi mentali?», chiese Erika.

«Inutile cercare di farla passare per una cosa misteriosa ed esotica. È semplicemente pazza. Una forma di pazzia piuttosto dozzinale, ma i soldi e una famiglia potente l’hanno amplificata. Il problema è che Linda sa bene che non dovrà mai pagare per le conseguenze delle sue azioni».

«Per ora», disse Moss.

Giles scrollò le spalle. «Sir Simon è sempre pronto a buttare denaro a destra e a manca per risolvere i problemi, o a fare qualche telefonata… Alla fine ha comprato una casa per quell’insegnante, lei vive al piano superiore e affitta quello di sotto. Vale quasi la pena di lasciarci un occhio, non credete?».

Calò il silenzio. Un altro treno sfrecciò, facendo fischiare la sirena.

«Scusate, non volevo essere crudele. Sto organizzando il funerale di Andrea. Avrei dovuto organizzare il nostro matrimonio, non avrei mai pensato che… Linda si sta occupando dei fiori, ha insistito per farlo nella parrocchia di Chiswick che frequenta. Perciò eccomi qui, davanti a uno schermo vuoto, a tentare di scrivere un elogio funebre».

«Un compito per cui è necessario conoscere bene la persona di cui si scrive», disse Moss.

«Già», rispose Giles.

«Andrea era religiosa?», chiese Erika, deviando la conversazione da acque pericolose.

«No».

«E David?»

«Se le suore avessero tutte le tette grosse e gli abiti scollati sono sicuro che diventerebbe subito un buon cattolico», rise Giles.

«A cosa si riferisce?»

«Dio mio, ma dovete sempre prendere tutto alla lettera? Stavo scherzando. A David piacciono le ragazze. È giovane. Mi pare normale. Assomiglia a sua madre molto più di…».

«Linda», terminò Moss.

«Sì, adesso ci sono solo lui e Linda», disse Giles asciugandosi una lacrima.

«Linda va in chiesa regolarmente?»

«Sì. Sono sicuro che il Signore non sia molto contento di essere costretto ad ascoltare le sue contorte preghiere tutte le sere», disse Giles.

«Linda veniva spesso qui nel suo ufficio?», chiese Erika.

«È venuta una volta con Andrea, giusto per vedere il posto. E in un paio di occasioni è stata qui da sola».

«Quando?», chiese Moss.

«Intorno a luglio e agosto dello scorso anno».

«E come mai è venuta da sola?»

«Era venuta per parlare con me, ma ci ha messo poco a chiarire che voleva, be’, voleva… fare sesso».

«E come gliel’ha fatto capire?», chiese Moss.

«Secondo lei?», disse Giles arrossendo. Si guardò intorno imbarazzato. «Si è sollevata il maglione e mi si è offerta. Ha detto che non l’avrebbe saputo nessuno».

«E lei cosa ha fatto?»

«Le ho detto di andare al diavolo. Nonostante sia la sorella di Andrea non è esattamente…».

«Esattamente cosa?»

«Be’, non è esattamente una ragazza attraente, o no?».

Moss ed Erika rimasero in silenzio.

Giles proseguì. «Per quanto ne so non è un crimine trovare qualcuno…».

«Repellente?», terminò Erika.

«Non la metterei in questi termini», disse Giles.

«Quindi a quel punto la situazione ha preso una brutta piega. Linda le ha distrutto l’ufficio, e stando ai documenti ufficiali è anche entrata in casa sua e ha avvelenato il suo gatto».

«Le mie risposte sono rispettivamente: sì e non saprei. Avete letto i rapporti?».

Erika e Moss annuirono.

«Linda mi ha posto davanti a un infelice dilemma. Sir Simon mi ha chiesto di lasciar cadere le accuse. Che potevo fare?»

«Mi dispiace chiederglielo, Giles, ma sapeva che Andrea frequentava altri uomini mentre eravate fidanzati?», disse Erika.

Giles rimase in silenzio per qualche istante. «Lo so adesso».

«E questo come la fa sentire?»

«Come diavolo pensa che mi faccia sentire? Eravamo ufficialmente fidanzati, pensavo di aver trovato la persona giusta. Certo, le piaceva flirtare e giocare e di certo avrei dovuto aspettarmelo, ma pensavo che dopo il matrimonio e i marmocchi si sarebbe data una calmata».

«I marmocchi?», chiese Erika. «Vuole dire che pensavate di avere dei bambini?»

«Sì. Non avevo idea che nel frattempo si vedesse con altri uomini. Era già stata così stupida da lasciarsi coinvolgere da quell’orribile Marco Frost. Era ossessionato da lei e Andrea era spaventata. Pensate di avere abbastanza prove per tenerlo dentro?».

Erika lanciò un’occhiata a Moss. «Signor Osborne, posso chiederle di dare un’occhiata a questa foto?». Mise sul tavolo la fotografia di Andrea con l’uomo dai capelli scuri. Lui la guardò.

«No, non lo conosco».

«Non le ho chiesto se lo conosceva. Guardi bene. Questa foto è stata scattata quattro giorni prima della scomparsa di Andrea».

Giles abbassò di nuovo lo sguardo sulla foto. «Be’, cosa sto guardando, dunque? Probabilmente era solo uno dei suoi tanti corteggiatori».

«E che mi dice di questa? O di quest’altra… o di quest’altra ancora?», chiese Erika, disponendo tutta la serie di fotografie davanti a Giles: Andrea sdraiata a letto con l’uomo dai capelli scuri, nuda, un capezzolo tra i denti di lui, poi Andrea che schiudeva le labbra per prendere il suo pene in bocca.

«Ma che pensate di fare?», esclamò Giles spingendo indietro la sedia e scattando in piedi. Aveva le lacrime agli occhi. «Come osate venire qui e approfittare della mia disponibilità?»

«Signore, queste foto provengono dal secondo cellulare di Andrea, che abbiamo ritrovato di recente. Gliele abbiamo fatte vedere perché sono state scattate solamente pochi giorni prima della scomparsa».

Giles si spostò accanto alla porta a vetri. «Grazie, agenti, ma oggi sono venuto in ufficio con l’idea di ricordare Andrea e scrivere di lei, perché mi è stato chiesto di parlare al suo funerale, e voi venite qui a insudiciare i miei ricordi con queste foto pornografiche!». Aprì la porta e fece loro cenno di uscire.

«Signore, crediamo che l’uomo nelle foto insieme ad Andrea sia anche coinvolto negli omicidi di tre ragazze dell’Est Europa che facevano le prostitute, e in quello di un’anziana signora. Crediamo anche che Andrea fosse con lui la notte in cui è morta», spiegò Erika. Poi guardò Moss. Giles notò il loro scambio di occhiate.

«Aspettate un momento. E Marco Frost? Pensavo che fosse lui il vostro uomo, no? Il sovrintendente Marsh me lo ha assicurato, e il commissario capo Oakley…», disse Giles.

«Quella è un’altra linea di indagine che stiamo seguendo», disse Erika.

«Quindi in realtà non avete idea di chi abbia ucciso Andrea? Ma siete venuti lo stesso a molestarmi sulla base di un semplice sospetto. Andrea era un essere umano, come tutti sbagliava e aveva dei segreti. Ma voleva solo amare ed essere amata…». Giles crollò e prese a singhiozzare e a sussultare, poi si portò una mano alla bocca. «Non ce la faccio più. Vi prego, andatevene!».

Erika e Moss tornarono al tavolo, radunarono le fotografie e se ne andarono, lasciando Giles ancora in preda ai singhiozzi.

«Cazzo», disse Moss quando tornarono alla macchina, che avevano parcheggiato qualche strada più in là.

«Puoi dirlo forte», disse Erika.

«Capo, devo fare rapporto su questa faccenda al detective Sparks e a Marsh».

«Lo so. Va bene».

Moss lasciò Erika a casa sua. Nonostante tutto quello che era successo, tutte le rivelazioni che avevano portato alla luce, Erika non si sentiva affatto più vicina alla verità, anzi: il suo distintivo e la reintegrazione le parevano così lontani. Quando tornò in salotto accese la luce e osservò il riflesso di se stessa e della stanza sul vetro della finestra. Poi spense l’interruttore. Si affacciò fuori e scrutò la strada deserta, ma era tutto tranquillo. E silenzioso.

La donna di ghiaccio - La vittima perfetta - La ragazza nell'acqua
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