La stanza di Linda era piccola e tetra. C’era una finestra a ghigliottina che si affacciava sul giardino; sotto, una cassapanca sormontata da cuscini. Erika notò che il prato era ancora cosparso di neve, ormai ridotta a fanghiglia sporca. A fianco alla finestra c’era un armadio pesante e scuro. Le ante cigolarono quando le aprì. Su un lato erano appese diverse gonne scure e voluminose, con accanto una serie di camicie bianche perfettamente stirate, alcune delle quali avevano dei merletti sul colletto. Il resto dell’armadio era occupato da maglioni con immagini di gattini, tutti spessi e pesanti. In fondo c’erano un mucchio di décolleté, qualche sandalo più comodo, un paio di scarpe da corsa blu, dei pattini da ghiaccio impolverati, un Thighmaster rosa.
Il letto singolo, con la struttura di legno scuro, era incastrato nell’angolo della parete di fondo. Sopra la testata di legno intagliato era appeso un grosso crocifisso di metallo. Dei peluche a forma di gatto facevano la guardia allineati sul copriletto. Erano disposti in fila, dal più alto al più basso, e quei loro occhioni in stile Disney sembravano assurdamente ottimisti se confrontati alla cupa tristezza della stanza. Erika si fermò un secondo, e pensò che Linda si era presa la briga di rifare il letto e allineare i gattini prima di essere trascinata via dall’auto della polizia.
Sul comodino accanto al letto c’erano una piccola lampada in stile Tiffany e una scatolina di plastica rotonda con all’interno un bite. All’interno di una cornice c’era anche una piccola foto di qualche anno prima, che ritraeva Linda seduta su una sedia a dondolo con un bellissimo gatto nero in grembo. Aveva dei ciuffi di pelo bianco sulle zampette. Erika raccolse la cornice e la voltò, sganciando le fibbie di metallo e tirando fuori il cartoncino. Dietro alla foto era scritto, con una calligrafia ordinata: IO E IL MIO PICCOLO TESORO, BOOTS.
Erika conservò la foto mentre continuava a perlustrare la stanza. Uno scrittoio vintage, in legno scuro come il resto dell’arredo, era spinto contro il muro dall’altro lato del letto. Era pieno di penne e articoli di cancelleria da ragazza. Un grosso segno quadrato nella polvere rivelava il posto del computer di Linda, prima che la polizia lo prelevasse. Tra la finestra e lo scrittoio c’era una toeletta con qualche trucco, un grosso tubetto di crema E45 e un mucchio di fiocchi di ovatta. Lì a fianco era poggiata una spazzola, vi erano impigliati ciuffetti dei capelli chiari di Linda, illuminati dal sole che si intrufolava dalla finestra. Accanto alla porta c’era un’immensa libreria, piena dei libri di Jackie Collins e Judith Krantz nonché di romanzi storici. C’erano anche un paio di foto delle vacanze di famiglia in Croazia, Portogallo e Slovacchia – più che altro raffiguravano Linda e Andrea con diversi gatti randagi – e una con Linda ai piedi di una scogliera insieme a un ragazzo leggermente abbronzato e con i capelli biondo cenere. Linda indossava un completo da arrampicata e un caschetto rosso. Aveva un sorriso così ampio che il cinturino sotto la gola le affondava nel viso, felice e abbronzato. Sul retro però non c’era scritto nulla.
Sul muro dietro la porta era appesa un’ampia lavagnetta con un collage di foto. Erano attaccate con delle puntine una sopra l’altra, e raffiguravano tutte Boots, il meraviglioso gatto nero con le zampette bianche: Linda sulla bicicletta in giardino, con lui appollaiato nel cestino; Linda sul dondolo con Boots in braccio; Andrea e Linda che facevano colazione in cucina e Boots a pancia in su sul tavolo, con una fetta di pane tra le zampette. Linda e Andrea stavano ridendo a crepapelle. C’era anche una foto di Boots sulla scrivania di Simon, che poltriva su una pila di documenti. Suo padre era un uomo perennemente impegnato, eppure aveva permesso a Linda di scattare una foto mentre il disordine si abbatteva sul suo lavoro. Erika iniziò a staccare le puntine e tirar via le foto. Nei punti in cui le immagini erano sovrapposte, notò che era stata tagliata via una figura o addirittura un pezzo della foto. Osservando per bene i ritratti di famiglia, Erika capì chi era che mancava.