All’ora di pranzo la notizia della morte di Andrea era su tutti i media. Quando Erika, Moss e Peterson tornarono alla residenza dei Douglas-Brown la massa dei fotografi che si aggiravano tra la neve sul prato era già aumentata. Questa volta non dovettero aspettare sulla soglia e furono subito introdotti in un ampio salotto con doppia esposizione, su un albero di fronte alla casa e sul giardino posteriore. Due grandi divani pastello e diverse poltrone circondavano un tavolino basso e oblungo. Il caminetto a vista era decorato con del marmo bianco e in un angolo c’era un piccolo pianoforte a coda coperto da una selva di fotografie incorniciate.
«Buongiorno, agenti», disse Simon Douglas-Brown alzandosi da uno dei divani per stringere loro la mano. Alle sue spalle Diana Douglas-Brown rimase seduta. Aveva gli occhi rossi e gonfi, era struccata. David e Linda erano seduti di fronte ai loro genitori. Simon, Diana e David erano ancora vestiti di nero, mentre Linda si era messa una gonna scozzese e un ampio maglione bianco di lana, che sul davanti aveva ricamati dei gattini che rincorrevano dei gomitoli. Erika lo riconobbe dalla foto di Facebook. Andrea l’aveva indossato insieme a Barbora.
«Grazie per averci ricevuto», disse. «Prima di cominciare vorrei scusarmi per i miei modi scortesi di ieri. Non era mia intenzione offendervi e se l’ho fatto vi porgo le mie scuse».
Simon parve sorpreso. «Ma certo, è acqua passata. Grazie».
«Sì, grazie», gli fece eco Diana con voce rauca.
«Vorremmo solo sapere un po’ di più della vita di Andrea», disse Erika, sedendosi sul divano di fronte alla famiglia riunita. Peterson e Moss si accomodarono al suo fianco. «Possiamo farvi qualche domanda?».
I quattro annuirono.
Erika guardò David e Linda. «A quanto ho capito Andrea aveva un appuntamento con voi la sera in cui è scomparsa».
«Sì, dovevamo incontrarci all’Odeon di Hammersmith per vedere un film», disse Linda.
«Che film?».
David scrollò le spalle e guardò Linda.
«Gravity», disse lei. «Andrea diceva da un pezzo che voleva andare a vederlo».
«E vi ha spiegato per quale motivo non veniva più?»
«Non ha detto niente, semplicemente non si è presentata», disse Linda.
«Okay. Abbiamo un testimone che ha visto Andrea in un pub a South London. Il Glue Pot. Vi dice niente?».
Scossero la testa, tutti.
«Non mi sembra un posto da Andrea», disse Diana. Sembrava un po’ frastornata e assente.
«Possibile che fosse lì per incontrare qualcuno? Andrea aveva amiche che abitavano da quelle parti?»
«Santo cielo, no», disse Diana.
«Andrea non aveva molte amiche, in realtà», disse Linda, scostando la frangetta corta dagli occhi con un brusco movimento del capo.
«Linda, non è carino», disse sua madre debolmente.
«Però è vero. Certo, conosceva sempre qualche ragazza in un locale o in un club. Era socia di un sacco di posti. Comunque, all’inizio stravedeva per le sue “amiche” e poi un minuto dopo tagliava tutti i ponti perché avevano infranto qualche regola».
«Per esempio?», chiese Erika.
«Per esempio se erano più carine di lei, o parlavano con un ragazzo che le interessava. O parlavano troppo di loro stesse…».
«Linda», disse suo padre con tono minaccioso.
«Sto solo dicendo la verità».
«No, stai solamente insultando tua sorella che è morta. E comunque adesso non può più litigare con te…». La voce di Simon si spense.
«Accompagnavi Andrea in questi locali e in questi club?», chiese Moss.
«No», disse Linda, piccata.
«Quando hai detto “socia”, cosa intendevi esattamente?»
«Aveva la tessera di un sacco di club. Non credo sia il genere di posti dove potrebbe mai andare lei», aggiunse Linda, squadrando Moss dall’alto in basso.
«Linda», disse Simon.
A disagio, Linda si spostò sul divano, che faticava a contenere il suo sedere ampio. «Mi dispiace, sono stata scortese», disse scostando di nuovo la frangetta. Erika si chiese se non fosse un tic nervoso.
«Non c’è problema», disse Moss pacifica. «Questo non è un interrogatorio ufficiale, cerchiamo solo qualche informazione per prendere l’assassino di Andrea».
«Posso darvi una lista dei club di cui Andrea aveva la tessera. Lo dico alla mia segretaria e ve la faccio spedire via email», disse Simon.
«Linda, tu lavori in un negozio di fiori, è esatto?», domandò Peterson.
Linda lo squadrò con aria di approvazione, come se solo ora si fosse accorta della sua presenza. «Sì. È il negozio di mia madre. Io sono il vice manager. Lei ha una ragazza?»
«Uhm, no», disse Peterson.
«Peccato», disse Linda, in tono poco convincente. «Abbiamo un sacco di roba carina per San Valentino».
«E tu che dici, David?», chiese Peterson.
David era sprofondato nel divano e teneva gli occhi fissi davanti a sé con uno sguardo un po’ vacuo. Aveva l’orlo del maglione tirato sopra il labbro inferiore. «Io studio per il master», disse.
«Dove?»
«Qui a Londra, alla UCL».
«E cosa studi?»
«Storia dell’architettura».
«Ha sempre voluto diventare architetto», disse sua madre orgogliosa, posandogli una mano sul braccio. Lui si scostò. Per un momento Diana parve sul punto di crollare di nuovo.
«Quando è stata l’ultima volta che hai visto Andrea?», chiese Erika.
«Il pomeriggio del giorno in cui dovevamo uscire insieme», disse David.
«Tu e Andrea uscivate spesso insieme qui a Londra?»
«No. A lei piacevano i posti in stile Kardashian. Io sono più tipo da Shoreditch, avete presente?»
«Vuoi dire i bar e i locali che ci sono a Shoreditch?», chiese Peterson. David annuì. Peterson aggiunse: «Io vivo lì, sono riuscito a ottenere un mutuo prima che i prezzi schizzassero alle stelle».
Linda guardava Peterson come una golosa fetta di torta che aspettava solo di essere divorata.
David proseguì. «Be’, quando finalmente avrò accesso al mio fondo fiduciario anche io mi comprerò una casa a Shoreditch».
«David», lo ammonì suo padre.
«Be’, è vero. Mi ha fatto una domanda, ho solo risposto».
Il clima nella stanza mutò impercettibilmente. Simon e Diana si scambiarono un’occhiata, poi calò il silenzio.
«Quindi, Linda, tu sei una fiorista, e David sta ancora studiando. Cosa faceva Andrea?», chiese Moss.
«Andrea si era trovata un marito», disse Linda, con la voce carica di ironia.
«Basta così!», ruggì Simon. «Non vi permetto di parlare in questo modo. Avete creato un’atmosfera a dir poco orribile. Andrea è morta. Brutalmente assassinata. E voi ve ne state qui a lanciarle frecciatine!».
«Io non c’entro niente, è stata Linda», disse David.
«Oh certo, sono sempre io. È sempre colpa di Linda…».
Suo padre la ignorò. «Andrea era una bella ragazza. Ed era molto più di questo: appena metteva piede in una stanza, la illuminava, la riempiva di vita. Era bella, vulnerabile e… e… era una luce che adesso è sparita dalle nostre esistenze».
L’atmosfera nella stanza cambiò di nuovo. I familiari parvero avvicinarsi gli uni agli altri, fondersi in un’unica entità.
«Cosa potete dirci di Barbora Kardosova, l’amica di Andrea?», chiese Erika.
«Credo che sia stata la cosa più simile a una migliore amica che Andrea abbia mai avuto», disse Diana. «È persino venuta in vacanza con noi. Per un periodo sono state così intime, poi lei è sparita nel nulla. Andrea ci ha semplicemente detto che si era trasferita».
«Sapete dove?»
«No. Non ha lasciato il nuovo indirizzo e non ha mai risposto alle email di Andrea», disse Diana.
«Non lo trova un po’ strano?»
«Certo che è strano. Ma credo che lei venisse da una situazione familiare difficile. Sua madre non stava bene. E comunque le persone inevitabilmente si rivelano sempre delle grosse delusioni, prima o poi…».
«Avevano litigato?»
«Può darsi, ma Andrea era… be’, non ci avrebbe mentito su una cosa del genere. Ce l’avrebbe detto. Lei crede – credeva – che Barbora fosse diventata gelosa di lei».
«I tabulati telefonici di Andrea arrivano solo al giugno del 2014», disse Erika.
«Sì, ha perso l’altro telefono. Quello che aveva da quando era tredicenne, o forse quattordicenne», disse Simon.
«E voi gliene avete comprato un altro?»
«Sì».
«Avete il numero di quello vecchio?»
«A cosa le serve?»
«È solo un controllo di routine».
«Ah sì? Pensavo che per quello otto mesi di tabulati telefonici fossero sufficienti…». Simon si stava irritando, era evidente.
«Andrea aveva per caso un altro telefono?»
«No».
«Possibile che ne avesse uno di cui non eravate al corrente?»
«Be’, no. Siamo noi a gestire il suo fondo fiduciario. Lei usava soprattutto le carte di credito. Se avesse comprato un nuovo telefono l’avremmo saputo. Ma perché avrebbe dovuto farlo?»
«Ci sarebbe molto utile avere il suo vecchio numero».
Simon scrutò Erika. «Okay. Chiederò alla mia segretaria. Vi darà lei i dettagli».
Erika stava per fare un’altra domanda, ma Diana la precedette, prendendo la parola.
«Davvero non so perché Andrea sia andata laggiù, dall’altra parte del fiume! L’hanno rapita e l’hanno uccisa. La mia bambina… la mia bambina. È morta!».
Diana fu presa da una crisi isterica, scossa da singulti e conati. Simon e David tentarono di confortarla, Linda invece fece un altro scatto nervoso con la frangetta e si tolse un pelucco dal maglione.
«Agenti, per favore adesso vi prego di smettere con le domande», disse Simon.
Solo a fatica Erika riuscì a nascondere la sua esasperazione. «Potremmo dare un’occhiata alla camera di Andrea?»
«Come? Adesso? L’avete già ispezionata».
«La prego. Ci sarebbe molto utile», disse Erika.
«Posso accompagnarli io, papà», disse Linda. «Venite con me, agenti».
Seguirono Linda fuori dalla stanza, passando davanti a Diana, ancora fuori di sé. David ringraziò Linda con un cenno e le rivolse un debole sorriso, poi tornò a confortare sua madre. Mentre uscivano passarono davanti al pianoforte disseminato di fotografie di famiglia dei Douglas-Brown e dei loro tre figli. Erano tutti sorridenti e felici.