Era stata una buona giornata di lavoro per Simone. Era riuscita a passare un po’ di tempo con Mary, erano state bene. Il dottore era passato a visitarla e aveva notato segni di miglioramento, aveva addirittura prospettato l’ipotesi che potesse risvegliarsi dal coma. Per fortuna non aveva detto nulla dei lividi sulla tempia. Forse aveva pensato che fosse una ferita precedente al ricovero. Tutte belle notizie, insomma. Mary sarebbe sopravvissuta, e lei sarebbe stata al suo fianco non appena l’avessero dimessa. A casa Simone aveva due stanze libere. Le avrebbe ridipinte di bei colori pastello, e Mary avrebbe potuto scegliere quella che preferiva. Anche se sperava che la guarigione non fosse proprio immediata. C’era ancora un nome sulla sua lista. Aveva molto lavoro da fare, doveva prepararsi al meglio. Solo dopo avrebbe potuto dedicarsi al cento per cento alla sua amica.
Prima di uscire, Simone decise di cucinare il suo piatto preferito: maccheroni al formaggio, con pangrattato e parmigiano. Portò la pentola fumante in soggiorno – una discarica di vecchi giornali e riviste impilate qua e là fra il mobilio scadente. Si sedette sul divano e accese la televisione, aspettando Coronation Street. Ma si paralizzò con lo sguardo fisso sullo schermo. Per un lunghissimo momento pensò che fossero ricominciate le allucinazioni.
Ma stavolta era diverso.
Le allucinazioni non erano nella sua testa ma in televisione. Rimase a guardare, con una macabra attrazione, una donna simile a lei che si aggirava per la casa di Jack Hart.
Inclinò la testa, confusa.
La donna sullo schermo era minuta, con dei lineamenti delicati e attraenti. Simone, in confronto, era sì minuta, ma tarchiata. Aveva la fronte alta e ampia, sempre accigliata, persino quando riposava. E i suoi occhi erano di un azzurro opaco, non brillanti come quelli della ragazza alla TV.
La giovane sullo schermo osservava un tizio identico a Jack Hart; lo spiava dalla porta del bagno mentre si faceva la doccia. Poi andò in camera. Le sue curve erano ben definite, mentre Simone era più rigida, con una leggera scoliosi.
Partì la sigla di Crimewatch e l’inquadratura si spostò sullo studio televisivo. Il presentatore prese subito la parola.
«Come ho già detto, nella ricostruzione abbiamo tralasciato i dettagli più inquietanti. Abbiamo qui in studio anche l’ispettore capo Erika Foster. Buonasera…».
Simone si avvicinò al televisore, per vedere meglio il volto dell’agente che si stava occupando delle indagini. Era una donna. Magra, carnagione chiara, capelli biondi, corti, occhi marroni. Per un momento, pensò che fosse un bene: una donna avrebbe potuto capirla, provare pietà per tutto ciò che aveva dovuto subire. Ma man mano che ascoltava le parole della detective Foster, Simone sentiva montare la rabbia. Il sangue le pulsava furiosamente nelle tempie.
«Chiediamo a chiunque abbia qualche informazione di farsi avanti. Se avete visto questa donna o eravate in zona quando sono stati perpetrati gli omicidi, vi prego di contattarci. Crediamo che sia bassa di statura, ma il nostro consiglio è di non provare ad avvicinarla: è una persona pericolosa e profondamente disturbata».
Simone sentì un dolore improvviso. Abbassò lo sguardo e si accorse che stava mescolando il piatto fumante di maccheroni con le mani. La salsa al formaggio le colava fra le dita. Alzò di nuovo gli occhi verso la stronza sullo schermo, ripeteva che stavano cercando una donna disturbata che probabilmente aveva già sofferto di problemi psichiatrici. Prese il piatto dal vassoio e lo lanciò contro il muro.
«Sono io la vittima!», urlò contro il televisore, alzandosi in piedi. «LA VITTIMA, brutta puttana! Tu non sai NIENTE! Non sai che cosa mi ha fatto!». Puntò il dito in aria, indicando il letto matrimoniale. «Non sai NIENTE!», urlava, e un sottile schizzo di salsa al formaggio volò sulla TV, in faccia al detective Foster.
«Quindi, se sapete qualcosa – qualunque cosa – chiamate o scrivete. Ogni informazione verrà trattata con la massima riservatezza. I contatti sono scritti in sovrimpressione», terminò il presentatore.
Simone si alzò, ancora tremante, e andò al computer. Si sedette e tirò fuori la tastiera. Si accorse di avere le mani completamente sporche di formaggio, la pelle arrossata.
Scrisse su Google: «Ispettore capo Erika Foster». Lesse di tutti i suoi successi. Un piano prendeva forma nella sua mente, il battito del cuore tornava regolare.