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Partii a razzo.

Corsi fino alla macchina parcheggiata davanti a casa.

Corsi a sirena spiegata fino al St. Anthony e lì salii di corsa le quattro rampe di scale che portavano alla camera di Nana.

Trovai Bree in lacrime. E, nel letto, con gli occhi che sembravano due fessure – ma aperti – Nana Mama.

Regina Hope Cross, la persona più tosta che abbia conosciuto in vita mia, non aveva ancora chiuso con noi e con il mondo.

La voce era roca e molto fievole, ma mi lasciò senza fiato quando mi disse: «Come mai ci hai messo così tanto? Torno a casa».

«Certo, certo.» Al colmo della felicità, mi inginocchiai per darle un bacio, il più delicatamente possibile. Aveva ancora due flebo e i fili dell’elettrocardiografo, ma il ventilatore e le sonde per l’alimentazione non c’erano più. Avevo l’impressione di ritrovare una persona che non vedevo da settimane.

«Che cosa mi sono persa?» domandò.

«Niente di che. Non è successo praticamente nulla. Il mondo si è fermato, senza di te.»

«Spiritoso» replicò, anche se io dicevo sul serio. Tutto il resto poteva aspettare.

Zadie e uno dei cardiologi, il dottor Steig, erano intenti a monitorare le condizioni di Nana. «Regina ha bisogno di un pacemaker ventricolare. È la soluzione migliore dopo il trapianto e dovrebbe permetterle di tornare a casa piuttosto presto.» Le posò una mano sulla spalla e alzò leggermente il tono di voce. «Ha qualche desiderio particolare, Regina?»

Mia nonna annuì debolmente: «Non morire, grazie» disse e rise con tutti noi.

Poi chiuse di nuovo gli occhi.

«Accuserà parecchia sonnolenza per qualche giorno, ma non preoccupatevi» spiegò il dottor Steig.

Si trattenne ancora un po’ a discutere con Bree e me delle cure e dell’assistenza di cui Nana aveva bisogno, poi ci lasciò soli nella stanza.

Appena ci sedemmo vicino al letto, Bree mi disse che aveva visto il telegiornale della notte e tutti i canali principali trasmettevano servizi dal Kennedy Center, dalla Casa Bianca e dalla casa dei Vance a Philadelphia. Era cominciato, sia pur con imbarazzo, il periodo del lutto e la notizia si stava diffondendo in tutto il Paese.

«Allora è davvero finita?» mi chiese Bree.

«Sì» risposi, pensando più a Nana che a Teddy Vance. «Finita per sempre. Zeus è morto. Di questo siamo sicuri.»

Il segno del male
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