20

Il disgraziato dentro il bagagliaio era nudo come un verme, mezzo coperto da un lenzuolo sporco e con la bocca tappata da due giri di nastro telato. Appena vide Remy, cominciò a dimenarsi. Come se gli potesse sfuggire!

«Com’è che non ha niente indosso? Perché?»

«Si stava trombando una, quando l’abbiamo preso.»

«E lei è...»

«Tutto a posto: ci abbiamo pensato noi.»

«Avreste dovuto portarmi anche lei. Per sicurezza.»

Remy si voltò di nuovo verso il ragazzo, che si era immobilizzato. Muoveva solo gli occhi, come un forsennato.

«Che bello scoiattolino, eh?»

Lo tirò su con un braccio e lo fece voltare in maniera che vedesse il vecchio trituratore illuminato dai fari.

«Sai perché sei qui, quindi non ti annoierò con i dettagli» continuò. «Voglio solo che mi dici una cosa. Pensaci bene, mi raccomando. Hai mai detto a nessuno di questo posto? Ne hai mai parlato con qualcuno?»

Il ragazzo scosse la testa più del necessario: no, no, no, no.

«Sicuro? Non è che mi racconti una balla, eh? Mi stai dicendo la verità, giusto?»

La testa cambiò direzione: sì, sì, sì, sì.

Remy scoppiò a ridere. «Vedete? Sembra uno di quei pupazzetti da mettere sul cruscotto.» Si chinò in maniera da essere faccia a faccia con il ragazzo e gli posò una mano sulla testa. Poi cominciò a spostarla su e giù e di lato, sempre sghignazzando.

«Sì, sì, sì... no, no, no... sì, sì, sì.»

Poi, con gesto fulmineo, gli spezzò l’osso del collo. Il ragazzo cadde per terra come un giocattolo rotto.

«Gli hai spaccato l’osso del collo?» gli chiese uno dei due uomini. «L’abbiamo tenuto vivo per questo?»

«È tutto a posto» disse Remy. «Ho avuto un’intuizione.» I due uomini scossero la testa sprezzanti, ma Remy non si offese, anzi: andava tutto a suo vantaggio.

«Ehi, volete bere qualcosa? Ho roba buona, sapete?»

«Grazie, ma dobbiamo andare» rispose il sudamericano. «Un’altra volta, magari, Remy.»

«Okay, come volete voi.»

In realtà non aveva neanche un goccio d’alcol. Remy beveva soltanto acqua minerale, che comprava a casse, e tè freddo che preparava lui stesso. L’alcol era veleno. Ma voleva che quei due cretini con la puzza sotto il naso pensassero che era un buzzurro.

Erano tipici scagnozzi del governo, che vedevano tutto e non vedevano un accidente. Se avessero fatto un po’ più di attenzione, si sarebbero resi conto che erano in prova, avrebbero capito con chi avevano a che fare.

«Un’altra cosa» aggiunse. «Niente più ritiri.» Diede un colpetto al cadavere con il piede. «Non funziona, l’abbiamo capito. D’ora in avanti mi disfo di tutto io, a cominciare da lui.»

«D’accordo. È tutto tuo.»

Se ne andarono senza salutare. Remy gli fece ciao con la mano, aspettò che si fossero allontanati e quindi si mise al lavoro.

Il ragazzo era pelle e ossa e richiese gli stessi tagli che ci sarebbero voluti per una ragazzina. Due alle ginocchia, due alle anche, due alle spalle e uno al collo. Poi un bel colpo al torace, nel mezzo. Con il coltello si sporcava di più che con la sega o l’ascia, ma a Remy piaceva sporcarsi le mani. Gli era sempre piaciuto.

Fatto questo, ci vollero soltanto una decina di minuti per infilare lo scagnozzo di Philadelphia nella macchina e metterlo in un sacco di plastica. Ogni volta si stupiva di quanto leggeri fossero i sacchi, come se dentro il trituratore rimanesse qualcosa di più che schiuma e un po’ di residui.

Entrò in casa a prendere una pala e una torcia e gettò il sacco su una carriola. Poi si incamminò nel bosco. La direzione era irrilevante: ovunque fosse andato, il ragazzo non sarebbe mai più stato ritrovato.

«Mai più ritrovato» mormorò Remy fra sé. Camminando, scuoteva la testa ridendo. «No, no, no. Mai, mai, mai. No, no, no.»

Il segno del male
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