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Azionai la sirena. Subito la berlina blu accelerò e, arrivata in fondo all’isolato, svoltò a razzo. Non sapevo chi ci fosse a bordo – mafiosi, killer prezzolati o chissà chi altro – ma da come scappavano capii che Nicholson e la sua ragazza erano nei guai.
Ned era già al telefono. «Pronto, sono Mahoney. Avvistato il bersaglio. Stiamo inseguendo una Pontiac G6 blu targata Washington.»
Svoltammo dietro di loro e vedemmo la Pontiac ferma al cancello del complesso residenziale.
«Evvai!» esclamò Ned, agitando un pugno in aria in segno di vittoria: il traffico intenso su Eisenhower Avenue impediva alla Pontiac di immettersi. Per circa un secondo, mi illusi di riuscire a beccare Nicholson e compagnia.
Invece le due portiere anteriori si spalancarono, scesero i due uomini e cominciarono a spararci addosso.
Prima che Ned e io avessimo il tempo di scendere, un proiettile centrò il parabrezza. Aprii la portiera e mi buttai a terra. Anche Mahoney scese, tenendosi il più basso possibile.
Dal punto in cui mi ero acquattato vedevo solo uno dei due uomini. Alto, capelli biondi a spazzola, sembrava un ex militare. Continuava a sparare. Io non risposi al fuoco. Non ne avevo il coraggio, per via del traffico alle sue spalle: rischiavo di colpire qualcuno. Il biondo evidentemente capì che non osavo sparare e ne approfittò per correre verso l’edificio più vicino.
Mentre passava davanti all’insegna «Avalon Apartments», sparai due colpi uno dietro l’altro. Sentii cadere a terra i due bossoli oltre la mia spalla. Avevo preso il biondo con il secondo colpo.
Ma non era finita, tutt’altro. Mahoney si era alzato e aveva cominciato a sparare. E l’altro uomo era più avanti, lungo la strada, con un buco in una gamba dei pantaloni, sporco di sangue. Vidi che si rialzava.
«Butta la pistola!» gli gridò Mahoney. Quello fece qualche passo zoppicando e gli puntò contro una calibro 45. Mi spostai, in modo da coprire Mahoney da un’altra angolazione.
Fummo entrambi più veloci di lui e l’uomo sussultò sotto i nostri colpi, ma riuscì a premere il grilletto e per un pelo non beccò Mahoney, che si abbassò prontamente e, sparando un’ultima volta, lo centrò a una spalla.
Era ancora vivo, quando ci avvicinammo. Aveva gli occhi sbarrati e tremava, ma teneva il dito sul grilletto. Mahoney gli posò un piede sul polso e lo disarmò.
«Non ti muovere» gli dissi. «Sta arrivando l’ambulanza.»
Era piuttosto malmesso: aveva una ferita al ventre da cui perdeva molto sangue, molto in fretta. Mentre Mahoney correva da Nicholson e dalla donna, mi tolsi il giubbotto e cercai di tamponargli la ferita.
«Per chi lavori?» gli chiesi.
Non ero sicuro che mi sentisse. Non sembrava troppo spaventato, ma aveva gli occhi sgranati, fuori dalle orbite. Provò a deglutire e dalle labbra gli uscì della schiuma rossastra. Il mio giubbotto era già zuppo di sangue.
«Parla!» urlai. «Chi ti ha mandato qui?»
L’uomo rantolò, mi strinse forte il braccio e, un attimo dopo, si rilassò. Morì senza aver detto una sola parola che ci aiutasse a capire.