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Fu il raid più bizzarro cui avessi mai partecipato. E anche buffo, per certi versi. Bastava saperla prendere sul ridere.
Liberammo un deficiente in perizoma, ammanettato al muro di una celletta di cemento dove presumibilmente si faceva dominare da qualche sadica. Quasi tutti quelli che incontrai erano nudi o seminudi, con biancheria di raso o baby-doll trasparenti. Una coppia, bagnata, aveva addosso solo un asciugamano. E uno sulla testa, a mo’ di turbante. Lui fumava il sigaro.
Gli uomini erano americani o sauditi. Venimmo a sapere che uno di essi era un miliardario chiamato Al-Hamad, che stava festeggiando il cinquantesimo compleanno. Una festa indimenticabile.
Trattenemmo il manager inglese, sempre che di manager si trattasse, in uno studio al pianterreno. Quando lo raggiunsi, si era chiuso in un ostinato silenzio. Gli chiesi come mai avesse un livido sulla guancia e Mahoney mi spiegò che aveva sputato addosso all’agente che lo aveva arrestato. Non è mai una buona idea.
Rimasi sulla porta a guardarlo, seduto su un divano d’epoca, circondato da libri che probabilmente nessuno aveva mai letto, immusonito. Doveva essere un osso duro. Che fosse anche un assassino, oltre che un magnaccia? Come mai faceva tanto l’arrogante?
Il suo avvocato arrivò meno di un’ora dopo. Nonostante fosse notte fonda, aveva le bretelle e il papillon. Se l’avessi incontrato per strada, non avrei mai sospettato che fosse coinvolto in quel genere di traffici. Assomigliava a Dilbert, il personaggio dei fumetti.
Purtroppo, sapeva fare bene il suo lavoro.
«Cos’è questa roba?» fece Mahoney, quando l’avvocato gli porse alcuni fogli.
«Un’istanza di revoca. Contesto la validità della vostra autorizzazione a procedere inaudita altera parte e la legalità della presente irruzione. Il mio cliente sarà così generoso da concedervi cinque minuti per sgomberare. Altrimenti, procederemo contro di voi per violazione di domicilio e disprezzo della corte.»
Mahoney guardò prima l’avvocato e poi la mozione ed evidentemente vide qualcosa che ebbe l’effetto desiderato. Lasciò cadere i fogli per terra e se ne andò. Poi sentii che gridava ai suoi di scendere.
Raccolsi la mozione e la lessi. «Che giudice è riuscito a trovare all’una di notte?»
L’avvocato prese la mozione e la sfogliò per arrivare al punto che mi voleva mostrare. «Laurence Gibson, magistrato.»
Ma certo! pensai. Se fra i clienti di quel club c’erano senatori, deputati e miliardari, perché non ci sarebbe dovuto essere anche un magistrato?