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La sensazione a pelle che mi diede il presidente era completamente diversa da quella che mi aveva dato Reese. Margaret Vance mi strinse la mano cordialmente, quasi ci conoscessimo già, e si sedette sul divano anziché dietro la scrivania. Non per questo mi sentii a mio agio.

«Ho letto il suo libro» disse. «Anni fa, ma lo ricordo bene. Molto interessante. Ma anche preoccupante, perché è tutto vero.»

«Sono onorato, signora presidente.»

Ammiravo Margaret Vance. Aveva fatto molto per ristabilire il dialogo tra i due partiti. Sia lei che il marito, Theodore Vance, erano personaggi influenti non solo a Washington, ma in tutto il mondo. In circostanze normali, mi sarebbe piaciuto lavorare con lei. Peccato che le circostanze fossero tutt’altro che normali.

«Vorrei chiederle un favore, dottor Cross.» Invitò con un cenno l’agente a lasciarci soli. Aspettai che l’uomo fosse uscito e avesse chiuso la porta prima di chiederle: «Riguardo alle indagini?»

«Esatto. Immagino che anche lei, come me, ritenga importante che l’inchiesta proceda in maniera da non mettere in pericolo persone innocenti e la sicurezza nazionale o anche soltanto il normale svolgimento delle attività del nostro governo. Le illazioni possono essere dannose quanto un rinvio a giudizio, se vengono diffuse nel modo sbagliato. Lei mi capisce.»

«Sì» replicai. «Ho una certa esperienza al riguardo.»

«Quindi si renderà conto della delicatezza della situazione.» Parlava rivolgendosi a me, ma senza aspettarsi una risposta, come se considerasse già deciso tutto quanto. «Vorrei che lei parlasse con Dan Cormorant, del servizio di sicurezza, e lo aggiornasse sul caso in preparazione al passaggio di consegne.»

«Non credo di poterlo fare» ribattei. «Per più di una ragione.»

«Non ci saranno problemi. Il servizio di sicurezza fa parte del Secret Service e ha esattamente gli stessi poteri della polizia.»

Annuii. «Entro i confini del District of Columbia, sì.»

Continuò come se non avesse neppure sentito. «E naturalmente dispone di tutte le risorse operative che possono essere necessarie per le indagini. Abbiamo a disposizione i professionisti migliori del mondo.» Si interruppe, mi guardò da sopra gli occhiali e aggiunse: «Esclusi i presenti, naturalmente».

Ohi ohi ohi. Era la prima volta che mi capitava di sentirmi adulare dal leader di tutto il mondo libero. Peccato non potermi godere quella sensazione per più di qualche secondo. In genere sono abbastanza bravo a riconoscere il pericolo, e in quel momento temetti di precipitare in un vortice da cui non sarei uscito vivo.

«Presidente» dissi. Il cuore mi batteva all’impazzata, ma ero lucidissimo. «Ho bisogno di rifletterci. Le darò una risposta entro ventiquattr’ore, o per iscritto o di persona: come preferisce.»

Il presidente non cercò di nascondere quello che pensava: ai lati della bocca le comparvero due pieghe che sembravano due parentesi.

«Non siamo qui per contrattare, dottor Cross. Questo incontro è una cortesia che le ho voluto riservare immaginando che non le piacesse vedersi scavalcare. Evidentemente ho sbagliato.» Si alzò e anch’io feci lo stesso. «In tutta onestà, sono sorpresa. Mi avevano detto che era un uomo intelligente, un patriota.»

«Un patriota che in questo momento si trova in una posizione molto difficile.»

Margaret Vance non rispose e non disse altro. Le ultime parole che le sentii dire furono rivolte all’agente di guardia fuori della porta mentre si allontanava.

«Accompagni il dottor Cross. Abbiamo finito.»

Il segno del male
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