104
Più tardi, tornando dopo aver accompagnato i ragazzi a scuola e comprato l’indispensabile al supermercato e in farmacia, dissi a Bree: «Io e te abbiamo una cosa in sospeso da fare su in camera».
Non avevamo ancora chiuso la porta di casa che lei mi prese la borsa della spesa dalle mani, mi diede un bacio e disse: «Ti raggiungo subito. Non cominciare senza di me».
Ero a metà scala quando mi chiamò dalla cucina.
«Alex!» La voce era tesa. Che cosa c’è stavolta? mi chiesi. «Abbiamo compagnia.»
Tornai giù e la trovai in piedi sulla porta della veranda a guardare fuori.
«Indovina chi c’è?» disse.
Mi avvicinai e vidi Ned Mahoney seduto in giardino che tamburellava con le dita sul nostro tavolo da picnic.
«Maledizione!» esclamai.
Ned rimase dov’era e aspettò che scendessi i gradini della veranda e andassi a vedere che cosa voleva.
«Sei stato tu a chiamarmi stamattina presto?» gli chiesi. Ned annuì. Non ebbe bisogno di dirmi niente: capii subito che il caso non era affatto chiuso. «Vuoi entrare?»
«Parliamo qui fuori» rispose.
Andai a prendere una giacca e due tazze di caffè e tornai da lui.
Ned bevve il caffè a lunghi sorsi. Aveva l’aria esausta. Della sua solita cordialità quasi non restava traccia.
«Tutto bene?» chiesi.
«Sono solo un po’ stanco» rispose. «Ho continuato a indagare, Alex. Mi sono consumato tutte le ferie e tutti i giorni di permesso. Kathy vuole ammazzarmi.»
Annuii. «Anche Bree mi vuole ammazzare. E lei ha la pistola.»
«Però ne è valsa la pena. Non hai idea quanto. Voglio farti conoscere una persona. Un certo Aubrey Lee Johnson. Vive in Alabama, ma ha un’azienda che produce mulinelli per la pesca personalizzati e viene molto spesso in Virginia.»
Ned finì il suo caffè e io gli offrii anche la mia tazza. Si stava riprendendo e, con più energia, continuò: «Questo tizio mi ha raccontato delle cose che secondo lui potevano essere importanti e sai una cosa, Alex? Lo sono davvero».