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Tony Nicholson ricordava un racconto che aveva letto ai tempi della scuola. Gli sembrava che si chiamasse Il gioco più pericoloso di tutti. Be’, aveva la sensazione di esserci coinvolto in quel momento, e sul serio. Ed era un gioco ben più pericoloso di quello che stava nella sua antologia di racconti.
Guardò i monitor sulla sua scrivania, sforzandosi di avere pazienza e di non bere troppo whisky. Zeus sarebbe arrivato da un momento all’altro, o almeno così era previsto, e lui doveva prendere una decisione.
Era sempre lo stesso gioco da mesi, con quel pazzo. Nicholson teneva libero per Zeus l’appartamento sopra la rimessa, procurava escort su richiesta e poi si torturava chiedendosi se registrare quei festini o se per lui sarebbe stato un suicidio.
Ne aveva viste di tutti i colori, nelle poche sessioni che aveva osservato, ma non aveva idea di cosa fosse capace Zeus, né sapeva chi fosse. Era uno che giocava duro, questo era certo. Alcune delle escort erano sparite nel nulla, o perlomeno non erano più tornate a lavorare dopo averlo incontrato.
Poco dopo mezzanotte e mezzo, davanti al cancello si fermò una Mercedes nera con i finestrini fumé. Nessuno citofonò. Nicholson aprì il cancello con il telecomando e aspettò che l’auto arrivasse in fondo al viale.
Continuava ad avvicinare il dito al touchpad e poi a tirarlo indietro. Registro o non registro? Registro o non registro?
La Mercedes passò davanti alla casa e proseguì verso la rimessa sul retro, dove era diretta. Come sempre, le targhe erano state coperte.
Prima di Zeus, la suite nella dépendance era riservata ai VIP approvati che se la potevano permettere. Le tariffe partivano da ventimila dollari a notte, solo per vitto e alloggio. La suite era fornita dei migliori vini e liquori, comprendeva una cucina con piatti da gourmet, bagno turco in marmo, doccia svizzera, due caminetti e sofisticatissimi impianti, fra cui linee telefoniche dedicate, software di routing e scrambler vocali multifrequenza per rendere irrintracciabili le chiamate in uscita.
Nicholson richiamò le immagini del salotto, dove erano in attesa due ragazze, come richiesto. Sapevano che sarebbe stato un festino «particolare» per cui avrebbero ricevuto il cinquanta per cento del compenso in più, minimo quattromila dollari a testa.
Nel sentire il portellone del garage che si apriva, si alzarono in piedi e cominciarono a prepararsi.
Nicholson si irrigidì nel vedere Zeus che entrava nella stanza come un cliente qualsiasi, in abito blu, ventiquattrore e impermeabile beige piegato sul braccio.
Ma Zeus portava un cappuccio nero. Sempre. Come un boia.
«Buonasera, signorine. Siete molto graziose. Siete pronte per me?» domandò.
Lo diceva sempre.
E con una voce troppo profonda perché fosse veramente la sua. Come sempre.
Non voleva farsi riconoscere.
Chi era quel viscido bastardo così potente?