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Non ci volle molto a ritirare la chiave dall’avvocato di Nicholson allo studio Kendall & Burke, e poco di più ad andare alla Exeter Bank e prelevare il contenuto della cassetta di sicurezza. A quanto pareva sia Noah Miller che la signora Currie, la direttrice della banca, non vedevano l’ora di liberarsi di me. A me stava benissimo.

Nella nuova cassetta di sicurezza trovai un unico DVD, senza scritte. La cosa non mi sorprese: era più o meno quello che mi aspettavo. Tornai direttamente al Daly Building. Dalla macchina chiamai Sampson, che era già in sede, e ci mettemmo d’accordo per vederci subito, al mio arrivo.

Lo trovai nel mio ufficio, con i piedi sulla scrivania, intento a smanettare su un portatile.

«Sapevi che Zeus era il dio del cielo e del tuono?» mi disse. «Fra i suoi attributi ci sono la folgore, l’aquila, il toro e la quercia. Oh, ed era anche un pederasta, o almeno così si vociferava.»

«Fantastico» dissi. «Togli i piedi dalla mia scrivania e metti questo nel computer.»

Gli porsi il DVD e mi chiusi la porta alle spalle.

«Che cos’è?» domandò Sampson.

«Tony Nicholson pensa che sia la sua assicurazione sulla vita.»

Pochi secondi dopo partì il video.

Riconobbi subito la camera da letto della dépendance del Blacksmith Farms. A parte le lenzuola pulite nel letto e qualche gingillo in più, era esattamente come l’avevo vista.

Il time code in basso sullo schermo segnava le 13.30 del 20 luglio scorso.

«È possibile falsificare l’orario di registrazione?» chiesi a Sampson.

«Sicuramente sì. Perché? Pensi che Nicholson ti prenda in giro?»

«Può darsi. Forse. Non lo so ancora.»

Dopo circa trenta secondi, l’immagine si fermò e il time code saltò alle 02.17 del mattino.

Adesso sul letto c’era una ragazza che aveva indosso soltanto un paio di slip di pizzo nero. Era bionda e minuta e aveva i polsi legati alle colonnine del letto con un paio di manette nere. Le gambe erano divaricate al massimo.

Non c’era sonoro, ma da come si muoveva, pareva più seduttiva che spaventata. A me, comunque, venne un nodo allo stomaco. Stava per succedere qualcosa di brutto, che avrei preferito non vedere.

Nell’inquadratura entrò un uomo, un tipo viscidissimo in tenuta sadomaso, pantaloni di gomma o di lattice e camicia con le maniche lunghe. Aveva anche scarponi pesanti e un cappuccio aderente, chiuso con la zip dietro la nuca. Non si vedeva nulla di lui, a parte che era alto e muscoloso.

«Sa di essere filmato» commentò Sampson. «Forse voleva esserlo.»

«Vediamo che cosa succede, John.»

Non me la sentivo di chiacchierare. Stavo pensando alla fine che aveva fatto Caroline, forse in quella stessa stanza e per mano della stessa persona.

Zeus, o chi per lui, si chinò sulla ragazza e le mise una mascherina sugli occhi. «Ha un anello» dissi. «Alla mano destra.»

Mi pareva che l’anello avesse lo stemma di un’università o di una scuola, ma la qualità dell’immagine non era sufficiente a distinguere i particolari.

Senza fretta, l’uomo tirò fuori dal comò alcuni altri oggetti, fra cui una barra divaricatrice che fissò alle caviglie della ragazza e una boccetta marrone, forse di amilnitrito.

Gliela passò sotto il naso e lei diventò paonazza. Dopo poco, cominciò a ciondolarle la testa.

Sampson e io assistemmo in silenzio al rapporto fra i due. Il viscido tenne quasi tutto il tempo una mano sul materasso e l’altra sulla gola della ragazza. Sembrava un esercizio di asfissiofilia: le provocava una sensazione di soffocamento per aumentare il suo piacere. La ragazza pareva stare al gioco. Il fatto che non sembrasse angosciata a me causava invece un’ansia terribile. Dopo un po’ l’uomo sollevò il busto, inarcò la schiena e alzò la mano dal materasso in un gesto di trionfo, come se l’orgasmo equivalesse ad aver vinto chissà quale gara.

A quel punto aveva tutto il peso sulla gola della ragazza, che cominciò a dibattersi disperatamente, sbattendo le gambe sotto di lui. Fu uno spettacolo raccapricciante; anche vedendolo registrato sembrava di assistere alla tragedia in tempo reale, senza poter fare nulla per impedirla.

Più la bionda si dibatteva, più lui si eccitava, finché lei smise di muoversi del tutto e rimase inerte nel letto. Fu solo allora che lui la baciò.

«Cristo santo» mormorò Sampson. «Il mondo è impazzito.»

L’assassino scese dal letto. Non indugiò, non praticò alcun atto feticista sul cadavere e, in meno di un minuto, uscì dalla suite privata.

Altri venti secondi e il video finì.

«Vieni, John, andiamo ad Alexandria. Dobbiamo scoprire se quello era Zeus.»

Il segno del male
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