15

Johnny Tucci si era dato regole molto severe per riuscire a sopravvivere, dopo che l’aveva fermato la polizia sulla I-95. La prima era che non viaggiava nella stessa direzione per più di due giorni di fila e non passava mai più di ventiquattr’ore nello stesso posto. Difatti, se la cassiera magrolina del 7-Eleven di Cuttingsville non fosse stata così civetta e disponibile, o se non fosse passato così tanto tempo dall’ultima volta che si era portato a letto una donna, probabilmente sarebbe partito molto prima.

Avrebbe potuto. Anzi, avrebbe dovuto.

Si stava facendo la cassiera per la seconda volta, quando la porta della camera numero 5 del Park-It Motel si aprì ed entrarono due uomini in completo grigio, come se avessero avuto la chiave. Come cazzo avevano fatto? Comunque sia, erano riusciti a entrare.

Johnny fece un salto sul letto e si coprì con il lenzuolo. La cassiera anche. Com’è che si chiamava? Liz? O Lisl?

«Johnny Tucci? Il Johnny Tucci che stiamo cercando?»

A parlare era stato il più chiaro di pelle dei due. L’altro doveva essere sudamericano. Johnny non sapeva chi fossero, ma era abbastanza sicuro del perché fossero lì. Ciononostante, fece finta di niente. «Siete nella stanza sbagliata. Non so chi sia questo Johnny che cercate. Ora, per piacere, togliete il disturbo.»

Il sudamericano fu talmente veloce a sparare che Johnny non si rese conto nemmeno che aveva una pistola in mano. Fece un salto sul letto e rischiò l’infarto per la paura. Quando si voltò, vide che Liz/Lisl era riversa sul letto, con un foro di proiettile in mezzo alla fronte e il sangue che le colava dal naso fin giù sul petto.

«Santa Madonna!» esclamò Johnny, buttandosi giù dal letto per riparare in un angolo. Era la prima volta che gli sparavano addosso.

«Vogliamo riprovare? Sei Johnny Tucci?» chiese il bianco. «Il Johnny Tucci che stiamo cercando?»

«Sì, sì. Sono io!» Johnny aveva le mani alzate e con una si riparava gli occhi per non vedere la ragazza morta sul letto. «Come avete fatto a trovarmi? Che cosa volete? Perché le avete sparato?»

I due uomini si scambiarono un’occhiata e scoppiarono a ridere.

Non erano della Famiglia, ovviamente. Erano troppo chiari di pelle, anche il sudamericano. «Siete della CIA o cosa?»

«Peggio, amico. Siamo ex DEA. Non abbiamo tutta quella burocrazia, se capisci cosa voglio dire.»

Sì, Johnny capiva: voleva dire che si sarebbero inventati quello che volevano per giustificare la morte della povera Liz o Lisl, per esempio. Cosa avrebbero tirato fuori? Che li aveva minacciati lei per prima? E con cosa, se era nuda come mamma l’aveva fatta?

Il bianco lo raggiunse con due passi veloci e gli mollò un calcio al basso ventre. «Non ci piace perdere tempo con dei pezzi di merda come te, però. Dai, infilati le braghe.»

«Non so... Dove mi portate?» Johnny era piegato in due, con le mani sui genitali e una gran voglia di vomitare. «Sparatemi adesso... Facciamola finita.»

«Ti piacerebbe, eh? Raggiungere la tua ragazza nell’aldilà... Ma non sarà così facile, temo.»

I due uomini si chinarono e lo avvolsero dentro un lenzuolo del motel, immobilizzandolo. Johnny non era più in grado di muovere un dito. Lo trascinarono fuori come fosse un sacco di bucato da portare in lavanderia.

Se avesse avuto fiato nei polmoni, avrebbe gridato, perché sapeva dove lo stavano portando e cosa stavano per fargli.

Il segno del male
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